In che modo le caratteristiche dell’API influenzano la formulazione?

Quali caratteristiche del principio attivo influenzano la formulazione? E in che modo lo fanno? In occasione della seconda sessione del Simposio AFI 2021 si è fatta luce su questi interrogativi con alcuni esempi pratici

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Le caratteristiche dell’API e dello stato solido, così come il loro mantenimento di lotto in lotto, sono fondamentali per la lavorabilità, l’efficacia e la stabilità del prodotto finito. Ecco perché Marco Adami, professore universitario ed esperto di sviluppo di formulazioni farmaceutiche, e Giuseppe Colombo, specialista in sviluppo di formulazioni e scale up in Italfarmaco, ne hanno parlato nell’ambito della seconda sessione del Simposio AFI 2021.

Sospensioni acquose iniettabili

Le sospensioni acquose sterili per farmaci iniettabili non sono facili da formulare e da produrre. La granulometria dell’API è uno degli aspetti critici di queste formulazioni, non solo per la processabilità e la stabilità del prodotto, ma anche per la sua tollerabilità e biodisponibilità. Solitamente infatti il principio attivo è micronizzato, in modo da migliorare la lavorabilità del prodotto ed evitare problemi come la sedimentazione.

Tuttavia anche nel caso di API fini la concentrazione granulometrica rappresenta un punto importante, visto che il volume della fase dispersa è in relazione con la viscosità. Infatti più il principio attivo è fine, più la sospensione è viscosa. Nell’esempio portato da Colombo la concentrazione dell’API è stata quindi messa in relazione con parametri come la bagnabilità e l’omogeneizzazione, in modo da individuare quella più adatta a minimizzare i problemi e massimizzare la resa.

Alla fine dello studio la concentrazione migliore è risultata essere del 10%. Con concentrazioni maggiori infatti l’omogeneizzazione e la bagnabilità del principio attivo erano troppo difficoltose. Anche la viscosità era troppo elevata, impedendo una buona siringabilità ed un adeguato recupero del prodotto dal flacone.

La stabilità dei liofilizzati e l’annealing

Esistono formulazioni che non possono essere conservate come soluzioni a causa di problemi di stabilità, come nel caso di alcuni antibiotici beta-lattamici. Una buona tecnica per conservare questi farmaci è rappresentata dalla liofilizzazione. Anche in questo caso però non mancano le sfide, come descritto nell’esempio portato da Adami relativo alla cefazolina sodica.

Spesso durante il processo di liofilizzazione si ottengono delle componenti amorfe, che non garantiscono una stabilità ottimale. Per ovviare a questo inconveniente si può ricorrere alla tecnica dell’annealing. Con questo termine si intende il riscaldamento controllato della soluzione congelata ad una temperatura ben precisa, al di sopra di quella di transizione vetrosa ma al di sotto di quella di fusione del ghiaccio.

Una volta individuata questa temperatura, bisogna mantenerla per un tempo sufficiente ad ottenere il processo irreversibile di devetrificazione, che permette proprio il passaggio dallo stato vetroso e instabile a quello cristallino. Applicando questa tecnica alla soluzione di cefazolina sodica, il risultato è stato proprio la trasformazione degli amorfi dello stato solido in forme cristalline anidre. In questo modo è migliorata la conservazione ed è aumentata la stabilità del prodotto.

Gli anticorpi monoclonali

Sempre Adami chiude la carrellata di esempi di caratteristiche dell’API che influenzano la formulazione parlando di un anticorpo monoclonale. Si tratta di una proteina di fusione destinata a combattere l’endotossina stafilococcica A, ottenuta tramite tecnica del DNA ricombinante e disponibile sotto forma di soluzione congelata. La proteina in questione è infatti molto instabile e delicata.

Per condurre gli studi clinici è nata la necessità di sviluppare una formulazione liofilizzata sufficientemente stabile a 2-8°C. In particolare, bisognava ottenere flaconi con due volumi diversi: 100 microlitri e 10 microlitri. Tuttavia, mentre i primi si sono prodotti con successo dopo gli opportuni studi di formulazione, la fabbricazione dei secondi ha posto una difficoltà inaspettata.

Si trattava di un problema di ossidazione. Lavorando sulla caratterizzazione della proteina si è infatti scoperto che, nella sua configurazione tridimensionale, presentava una grande quantità di metionine esterne, soggette a ossidazione. Aggiungendo alla formulazione metionina libera, che viene ossidata preferenzialmente, si è quindi potuto risolvere il problema. Questo risultato però è stato possibile solo grazie ad un lavoro congiunto tra produttore dell’API e azienda incaricata dello sviluppo. Una collaborazione virtuosa che porta buoni frutti, in questa come in altre occasioni.

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