Medicina digitale: quali prospettive in Italia

La medicina digitale può intervenire migliorando tutte le fasi del percorso assistenziale, ma per entrare nella pratica clinica deve superare ancora diversi ostacoli: se ne parla ai Digital for Clinical Days

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In apertura del suo intervento ai Digital for Clinical Days, Giuseppe Recchia, Vice President Fondazione Smith Kline e founder daVi, ricorda le tappe percorse dallo sviluppo della medicina digitale negli ultimi anni.

Oggi, la condizione di maturità del contesto italiano autorizza a porsi domande ambiziose sul destino che intendiamo costruire, in particolare, per le terapie digitali (DTx).

Un livello di conoscenza ancora basso

Il numero di app per la salute oggi disponibili è enorme. La gran parte di esse rientra nella dimensione più ampia della digital health che non richiede prove di efficacia né supervisione regolatoria.

Ma quando si parla di medicina digitale, categoria che ricomprende le terapie digitali, i protagonisti sono i dispositivi medici, prodotti che richiedono prove di efficacia e supervisione regolatoria. Da più parti sorgono, per diverse ragioni, dubbi sull’appropriatezza della definizione di queste soluzioni di digital health.

Uno studio pubblicato nel settembre scorso dal gruppo di Eugenio Santoro presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri ha riportato i dati relativi ad un’analisi di tutti gli studi clinici pubblicati su clinicaltrials.gov. Su 560 articoli estratti, 424 (ossia 3 su 4) sono impropriamente riferiti a terapie digitali.

Questo a testimonianza del basso livello di conoscenza che ancora penalizza lo sviluppo di questi prodotti e il loro ingresso a tutti gli effetti in Sanità.

Come commercializzarle?

In Italia non ci sono ancora terapie digitali in commercio.

Dovendo pensare alla modalità più efficiente di commercializzazione nel nostro Paese, a detta degli esperti, l’unica strada sembra essere quella che passa attraverso il SSN, anche in compartecipazione con le assicurazioni.

Una nuova definizione?

La tassonomia proposta a suo tempo per le terapie digitali non è più valida oggi, perché la definizione in essa ricompresa non è chiara.

La proposta che viene avanzata si basa sul fatto che le DTx sono a tutti gli effetti dispositivi medici, che erogano un intervento terapeutico indipendente (in particolare indipendente dal farmaco), offrono un beneficio clinico documentato attraverso uno studio confirmatorio e richiedono una supervisione regolatoria.

Ne consegue che, per questi prodotti, la classe di rischio non può essere inferiore alla IIa.

E che, fino all’ottenimento della prova confirmatoria di efficacia clinica, alla sua condivisione e pubblicazione, si deve parlare di candidata DTx, in analogia al farmaco.

Non solo terapie digitali

Le DTx sono solo una delle tante modalità di espressione della medicina digitale.

Altre sono rappresentate da:

  • Digital Drug Supports (DDS), prodotti strettamente associati al farmaco, di cui permettono di ottenere il massimo beneficio clinico
  • Digital Rehabilitation (DR), che erogano interventi di riabilitazione motoria e cognitiva per favorire il recupero delle capacità funzionali compromesse, richiedono prove di efficacia clinica sperimentali e approvazione regolatoria
  • Digital Self Management Education (DSME): in particolare, lo scorso settembre è stata pubblicata una review su un prodotto appartenente a questa categoria che permette la riduzione della glicemia con rilevante beneficio clinico
  • Digital Monitoring (DM): alcuni di questi dispositivi generano dati e monitorano in modo passivo, altri in modo attivo (attraverso questionari). Risulta di particolare interesse uno studio da poco pubblicato condotto sugli effetti di un sistema di inalazione sull’aderenza terapeutica.

Dove vogliamo andare

L’ingresso della medicina digitale nella pratica clinica presuppone l’uscita dalla discussione chiusa fra addetti ai lavori e il coinvolgimento delle associazioni scientifiche.

Le premesse mostrano che tutto il percorso di cura, dalla diagnosi alla terapia, fino al follow-up e a tutta la fase di riabilitazione, potrebbe beneficiare dell’introduzione di queste soluzioni digitali.

Una legge per la sanità e la medicina digitale

La velocità di ingresso della medicina digitale in terapia nel nostro Paese dipenderà dalle decisioni delle istituzioni.

Paesi come gli Stati Uniti, la Germania e la Scozia ci hanno già pensato.

In Francia, il presidente Macron ha anticipato volontà di costruire una normativa sul modello di quella tedesca.

L’impatto sulle cronicità

Secondo la WHO, le cronicità assorbono il 70-80% delle risorse sanitarie e rappresentano il 71% di tutti i decessi a livello globale.

Fra gli strumenti utili allo scopo di ridurre l’effetto legato ai fattori di rischio, l’opportunità più innovativa è quella offerta dalle tecnologie di e-Health.

Il digitale può agire limitando il burden che grava sul SSN e garantendo una gestione multidimensionale delle patologie, osserva Matteo Centola, R&D manager di Theras.

Le terapie digitali possono adattarsi alle esigenze e alle abitudini dei pazienti, alla terapia farmacologica già in atto. Migliorano l’accesso alle cure e, per le loro caratteristiche, sono impiegabili per trattamenti di lungo termine, come quelli previsti nella gestione delle cronicità.

Il loro impatto positivo sull’aderenza terapeutica può migliorare significativamente l’outcome clinico.

Per contro, come evidenzia Marco Gorini (Head of Innovation in AstraZeneca) la grande difficoltà che pongono è quella della scalabilità, che rappresenta un forte ostacolo organizzativo e sul fronte del dialogo con l’istituzione.

Questo aspetto ha portato a riflettere sulle modalità di gestione delle terapie digitali nel sistema sanitario. E a individuare l’approccio data-driven come capace di generare valore dal punto di vista delle risorse sanitarie, di consentire un monitoraggio 24/7 del paziente e un miglior product management.

Le fasi dello sviluppo di una terapia digitale

Francesca Mastromauro, cita KidneYou, la terapia digitale su cui AstraZeneca (di cui è Head of MEOR) sta lavorando, indicata per il trattamento dell’insufficienza renale cronica.

Ripercorre le fasi del processo di sviluppo di una terapia digitale:

  • identificazione dei medical need del paziente, step che richiede, soprattutto nel caso delle cronicità, il supporto di una equipe multidisciplinare
  • sviluppo vero e proprio del software e dell’applicativo, la cui progettazione deve prevedere l’uso di un device da parte del paziente e un’interfaccia per il medico; una parte del software costituisce il vero e proprio principio attivo e altre costituiscono gli eccipienti utili a veicolare l’algoritmo terapeutico, aspetto che favorisce l’engagement del paziente
  • generazione di evidenze mediante uno studio clinico randomizzato e controllato
  • approvazione regolatoria.

I medical need nell’insufficienza renale cronica

Una cronicità così eterogenea come l’insufficienza renale cronica, che riunisce diversi disordini che colpiscono il rene, si manifesta con diversi sintomi clinici, ognuno con differente severità richiede un approccio multidisciplinare.

Ha bisogno del supporto di una dieta speciale (povera di sodio, potassio e proteine), che tuttavia può determinare un senso di stanchezza nel paziente e portarlo a ridurre o annullare l’attività fisica, con conseguente peggioramento della qualità di vita e dello stato psicologico.

Da qui l’uso di una terapia digitale in grado di aiutarlo verso l’adozione di stili di vita che supportino anche la gestione a lungo termine della patologia, agendo su vari fronti (in questo caso nutrizione, attività fisica e mindfulness) in maniera personalizzata.

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