Nel segno dei gemelli

Solo l’ennesimo prodotto delle tecnologie digitali o un’opportunità per umanizzare la cura? I digital twins all’esame dell’attualità

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Il concetto di digital twin ha a che vedere con la replica virtuale di un’entità fisica, potenzialmente utile per simulazioni e analisi di vario tipo. Per le premesse, e anche – diciamocelo – le aspettative che lo circondano, esso appare con tutta la sua aura di fascino agli occhi dei professionisti che si occupano a vario titolo della cura, in particolare se in oggetto sono malattie caratterizzate da ampia variabilità, come i tumori. È proprio in campo oncologico che la comunità scientifica progetta (e, per gli aspetti di maggior ambizione, sogna) di calare l’asso dei gemelli digitali, come strumento per una disamina più performante dei diversi scenari clinici e, in ultima analisi, allo scopo di migliorare gli outcome di salute e qualità di vita del paziente.

La tecnologia sottesa è stata per la prima volta ufficialmente presentata nel corso di un Simposio congiunto di Eortc (European organization for research and treatment of cancer), Nci (National cancer institute) e Aacr (American association for cancer research), a valle di una pregressa valutazione di efficacia mediante l’utilizzo degli stessi modelli per ricreare trial clinici già pubblicati. Con risultati più che apprezzabili: usando le copie virtuali, i dati emersi dagli studi simulati sono risultati in linea con quelli degli studi reali e, nei casi in cui i pazienti virtuali avevano ricevuto il trattamento ritenuto migliore studiando il loro gemello digitale, il tasso di risposta alle terapie è stato del 75% rispetto al 53,5% generale.

L’argomento è anche fra i temi approfonditi nel libro scritto da Alberto Tozzi e Diana Ferro (Unità di ricerca medicina predittiva e preventiva presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma) “Guida facile all’intelligenza artificiale in medicina”, un vademecum che propone una visione di cura empatica ma basata sui dati nella quale la tecnologia non sia un’esperienza subita ma parta attivamente dalla Persona, paziente o operatore sanitario che sia. Come a dire: lo strumento è potente e rischioso al tempo stesso e quindi dobbiamo imparare a governarlo.

Come funziona un omologo digitale del paziente oncologico

In campo oncologico, il digital twin rappresenta una copia digitale del paziente, un modello virtuale di un paziente affetto da patologia tumorale che viene costruito sulla base dell’integrazione di dati multimodali al fine di simulare l’evoluzione della malattia e prevedere la risposta ai trattamenti. Maggiori sono la qualità e la completezza dei dati con cui il modello viene alimentato, migliore sarà l’accuratezza delle simulazioni. 

Lo sviluppo e le applicazioni del concetto di gemello digitale attinge a piene mani a tecnologie quali l’intelligenza artificiale generativa, in particolare per la sua capacità di analisi di grandi volumi di dati e di creazione di modelli predittivi che possono essere utilizzati per simulare i diversi scenari clinici. Cartelle cliniche, immagini mediche, dati genomici: tutte le informazioni generate da ogni singolo caso e da tutti i casi esaminati nel complesso contribuiscono a creare una replica digitale accurata del paziente. 

Il sistema può crescere, nel tempo, attraverso l’apprendimento dai dati via via raccolti nella pratica clinica, affinando l’analisi predittiva. Le tecnologie di machine learning sono funzionali allo studio del possibile andamento della malattia, della potenziale risposta ai trattamenti e al supporto decisionale agli operatori sanitari. Ne deriva la predisposizione di un protocollo di cura personalizzato e ottimale, messo a punto sulle caratteristiche del paziente ma sulla scorta di tutto lo scibile prodotto fino a quel momento per massimizzarne l’efficacia e minimizzarne la tossicità. 

Digital twins in azione

Com’è noto, il concetto di digital twin racchiude potenzialità che vanno oltre le applicazioni in campo oncologico. Diverse aziende, strutture sanitarie e centri di ricerca accademici sono impegnati nell’elaborazione di modelli replica allo scopo di simulare il comportamento real world di ambienti, farmaci, dispositivi in determinate condizioni e mettere a punto soluzioni per l’ottimizzazione dei processi e la riduzione dei costi.

Con l’obiettivo di contenere il contagio all’interno dell’environment ospedaliero e ridurre il rischio di infezioni correlate all’assistenza, sono allo studio paradigmi digitali che ripropongono le modalità di diffusione dei microorganismi negli spazi chiusi. 

Il progetto europeo Vital – Virtual twins as tools for personalised clinical care, che vede coinvolta anche l’Università di Pisa, sta sviluppando una piattaforma multiorgano, un gemello digitale per pazienti con disturbi cardiovascolari finalizzato alla personalizzazione delle terapie farmacologiche e interventistiche. 

La valutazione di nuovi farmaci per Alzheimer e Parkinson è il focus di Chip4D Brain, una piattaforma organ-on-a-chip sviluppata da un consorzio formato dal Politecnico di Milano, dall’Istituto Mario Negri e da altre realtà universitarie e aziendali. Il dispositivo riproduce la barriera ematoencefalica e il tessuto cerebrale, utilizzando cellule staminali umane, perseguendo anche l’obiettivo di ridurre il ricorso alla sperimentazione animale. 

Già ampie le potenziali applicazioni in campo ortopedico, ambito nel quale il digital twin può, fra l’altro, supportare la modellizzazione dei fenomeni di usura a lungo termine delle protesi articolari.

Il progetto “Digital twin” di Irccs Istituto Clinico Humanitas, guidato da Matteo Della Porta e che si è di recente aggiudicato un finanziamento di tre milioni di euro nell’ambito del Programma Fisa del ministero dell’Università e della Ricerca, ha lo scopo di migliorare la comprensione e il trattamento dei tumori rari, che rappresentano circa il 25% di tutte le neoplasie. 

L’iniziativa fonda le sue radici nell’esperienza maturata da Della Porta nel coordinamento clinico di GenoMed4All – progetto finanziato dalla Commissione europea nell’ambito di Horizon 2020 e finalizzato all’implementazione dell’intelligenza artificiale nella diagnosi e trattamento delle malattie oncologiche – e nella partecipazione del team ad altre attività di sviluppo tecnologico applicato alla medicina personalizzata (Synthema, Synthia, Realise-D). 

Il progetto Tetris, a cui partecipa anche l’Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, lavora nella direzione di approfondire il rischio associato alla radioterapia, al fine di personalizzare il follow-up e monitorare più da vicino le persone individuate con il rischio maggiore di complicanze cardiopolmonari o individuare un secondo tumore ancora in fase iniziale e silente dal punto di vista clinico. Il gemello digitale, sviluppato dal Politecnico di Milano, viene impiegato per ottenere la descrizione dettagliata della microcircolazione del paziente e la previsione di come reagirà alle diverse dosi di radioterapia nel trattamento dei tumori testa-collo. In base ai dati raccolti, il modello permetterà non solo di aggiornare questo rischio ma anche di suggerire ai medici azioni specifiche basate sull’evoluzione del profilo di rischio. 

Il supporto dell’Internet of Things (IoT) consente di raccogliere dati real world dai diversi device in uso dai pazienti (inalatori, wearable, sensori che rilevano i parametri cardiovascolari e respiratori, dispositivi per il monitoraggio della glicemia) e seguirne le condizioni in tempo reale. Il medico è quindi, nella condizione ideale, abilitato ad assumere decisioni tempestive e informate.

Accelerare la ricerca

Di rilevante interesse per l’industria farmaceutica è la possibilità di applicazione dei digital twin nelle early phase dello sviluppo di nuovi farmaci. Le opportunità di analisi di sicurezza ed efficacia potrebbero accelerare significativamente le procedure pre-approvative e rendere disponibili cure innovative in tempi ridotti rispetto a quelli attuali, con considerevoli ricadute in termini di extra tempo ed extra vita per le persone affette da neoplasia. Aspetti di grande importanza, ad esempio, nella ricerca sui tumori rari, condizioni che per definizione colpiscono meno di sei persone su 100.000 all’anno e per i quali i dati disponibili sono spesso limitati e devono pertanto essere valorizzati al massimo. 

I gemelli digitali possono essere impiegati al fine di ottimizzare i processi sanitari, aumentando l’efficienza operativa delle strutture sanitarie, riducendo i costi e migliorando la qualità dell’esperienza dell’utente. 

Le implicazioni sociali, etiche e legali

Malgrado la possibilità di ottenere soluzioni di cura più mirate e sicure che consentano ai pazienti una qualità di vita superiore rappresenti di per sé una legittimazione più che comprensibile degli entusiasmi nei confronti di queste tecnologie, appare inevitabile la riflessione sugli aspetti normativi ed etici della questione.

L’impiego dei gemelli digitali pone, infatti, problemi legati alla qualità, all’interoperabilità fra diverse piattaforme e alla proprietà stessa dei dati, necessari in enormi quantità. Un concetto, quest’ultimo, particolarmente insidioso soprattutto nei progetti che coinvolgono più enti. A chi si attribuisce, inoltre, la colpa in caso di errori prodotti direttamente o indirettamente dal sistema? Che ne sarebbe dell’opinione del paziente se le decisioni da parte degli operatori sanitari fossero più baricentrate sui suggerimenti del sistema? 

Come per tutte le tecnologie digitali, emerge anche il rischio che si creino disparità nell’accesso a questo tipo di servizi. 

E, infine, risulta necessario chiarire quali sorti attenderanno il gemello digitale dopo la morte del paziente.