Una scatola di farmaci è molto più di un contenitore: è la punta dell’iceberg di una filiera che coinvolge decine di attori, decine di normative e milioni di dati. E al centro di tutto questo, c’è lui, il paziente. È da questa consapevolezza che parte la riflessione della XI Sessione del Simposio AFI 2025, intitolata “Criticità e opportunità nella distribuzione dei medicinali”.
Nel suo intervento, Alberto Bartolini (CIT Srl, Coordinatore Area AFI Supply Chain e Innovazione Tecnologica) sottolinea come la tracciabilità non sia più un’opzione tecnica, ma una responsabilità etica. In particolare, i farmaci personalizzati, le ATMP (Advanced Therapy Medicinal Products) e i medicinali per malattie rare richiedono sistemi di identificazione univoca, controllo della temperatura e digitalizzazione della documentazione, al fine di garantirne l’integrità, la sicurezza e la dispensabilità.
Cold chain, blockchain e digitalizzazione
A tradurre queste esigenze in soluzioni pratiche ci ha pensato il progetto presentato da Gian Paolo Baranzoni (AFI – Gruppo di Studio Supply Chain e Innovazione), che ha illustrato un prototipo di piattaforma digitale per la gestione integrata della cold chain, sviluppato con il supporto del competence center BI-REX.
Il prototipo si propone di eliminare la gestione cartacea, automatizzare la raccolta dei dati da fonti eterogenee, integrarli in un’unica infrastruttura cloud e certificarli tramite tecnologia blockchain. Il risultato: una tracciabilità oggettiva, sicura e certificabile dell’intero percorso del farmaco, con un impatto diretto su qualità, tempestività e sicurezza terapeutica.
Il punto critico: i transit point
Ma la tecnologia da sola non basta. Lo ha ribadito Ilaria Aloe (Eurodifarm), focalizzando l’attenzione sui transit point farmaceutici, veri e propri snodi della distribuzione, spesso trascurati dal punto di vista regolatorio. A fronte di volumi crescenti e tempi di giacenza non sempre programmabili, questi centri rischiano di diventare colli di bottiglia della catena logistica.
Aloe propone un’evoluzione dei transit point in “stazioni intermedie di deposito” regolamentate, dotate di sistemi avanzati di monitoraggio, qualifiche impiantistiche, control tower centralizzate e RFID per la tracciabilità dei colli. In altre parole: strutture presidiate, sicure e conformi agli standard normativi, capaci di trasformare un punto critico in un vantaggio competitivo.
Dall’iceberg dei costi nascosti alla catena del valore
Un altro elemento cruciale emerso dalla sessione è il costo della non qualità logistica. Michele Pochettino (Essers Italia) ha presentato il concetto di “iceberg dei costi nascosti”: ritardi, resi, danni, reclami e scarsa visibilità generano un aumento dei costi amministrativi, logistici e finanziari, spesso invisibili ma impattanti.
Attraverso il modello hub-and-spoke e la tracciabilità in tempo reale, Essers dimostra che una logistica evoluta e integrata non solo migliora il servizio al cliente, ma riduce significativamente il TCO (total cost of ownership), con un impatto positivo sul capitale circolante e sulla soddisfazione del paziente.
La dimensione normativa: tra obblighi e opportunità
La digitalizzazione della supply chain deve però fare i conti con un impianto normativo spesso non aggiornato. Viviana Zanelli (Q Farma) ha offerto una panoramica puntuale sul quadro regolatorio, a partire dal D.lgs. 219/2006, che stabilisce requisiti stringenti su locali, personale, trasporto e dotazioni minime.
In particolare, la distribuzione per conto (DPC) – in crescita costante – impone nuove sfide logistiche ed economiche per i grossisti, richiedendo integrazione tra processi, tracciabilità e coerenza tra remunerazione e responsabilità. Un equilibrio non semplice, ma essenziale per garantire equità e capillarità nell’accesso ai farmaci sul territorio nazionale.
Advanced therapies, una sfida senza precedenti
Il cambio di paradigma è ancora più evidente guardando alle terapie avanzate. Maria Luisa Nolli (NCNbio) ha ricordato come ATMP e orphan drugs richiedano una rivoluzione dell’intera filiera: dal process development alla produzione in ambienti sterili, dal trasporto controllato alla rilascio del lotto. “Il processo è il prodotto” – ha sottolineato – e questo rende la tracciabilità non un corollario, ma un requisito di qualità intrinseca.
L’adozione di sistemi chiusi, bioreattori monouso, isolatori robotici e tecnologie di processo GMP-oriented non è più un’opzione ma una necessità, se si vuole garantire l’integrità di terapie altamente personalizzate, complesse e spesso salvavita.
Dal dato al valore
In definitiva, la XI Sessione del 64° Simposio AFI ha mostrato come la tracciabilità non sia più un tema tecnico, ma strategico. È la nuova lingua comune tra industria, regolatori e pazienti. È ciò che trasforma il dato in valore, la logistica in servizio e la compliance in alleanza terapeutica.
Serve però un cambio di mentalità: non basta tracciare per adempiere, bisogna tracciare per curare. Solo così l’industria della salute potrà affrontare le nuove sfide – terapeutiche, tecnologiche e sociali – con responsabilità e visione.