Il Biotech ridisegna l’industria italiana

Quasi 6.000 imprese, oltre 53 miliardi di euro di fatturato e più di 100.000 addetti. Il nuovo Report Assobiotec–Federchimica 2025 fotografa un settore che non è più nicchia tecnologica, ma infrastruttura produttiva del Paese. Una mappa che cambia la percezione del biotech in Italia e ne ridefinisce il peso industriale, economico e strategico.

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Il biotech italiano entra definitivamente in una nuova fase. Non più comparto specialistico confinato alla ricerca o alle life sciences più avanzate, ma metasettore trasversale che attraversa industria, salute, agroalimentare, ambiente ed energia. È questa la fotografia che emerge dal nuovo Report “Il Biotech in Italia 2025. Numeri, storie e trend”, presentato a Milano da Assobiotec–Federchimica in collaborazione con il Politecnico di Milano.

Il cuore dell’innovazione metodologica del report risiede nell’utilizzo di un modello di analisi basato sui codici ATECO, capace di intercettare la reale diffusione delle tecnologie biotecnologiche nei diversi comparti produttivi. Un approccio che ha consentito di superare la storica sottostima del settore: dalle circa 800 imprese fino a oggi censite, si passa a 5.869 imprese attive nel 2024, con una crescita del 5% su base annua.

La dimensione economica del biotech italiano

I numeri raccontano un settore ormai strutturale per l’economia nazionale. Il fatturato complessivo raggiunge i 53,4 miliardi di euro, anch’esso in crescita del 5% rispetto al 2023, mentre gli addetti superano quota 102.500 (+4%). Il costo del personale tocca i 6,4 miliardi di euro, con un incremento annuo del 9%, segnale di un comparto ad alta intensità di competenze.

Dal punto di vista dimensionale, la struttura imprenditoriale riflette l’ossatura del tessuto produttivo italiano:

  • 72% microimprese,
  • 17% piccole imprese,
  • 8% medie,
  • 3% grandi.

La distribuzione geografica conferma una forte polarizzazione nel Nord Italia (47%), seguito da Sud e Isole (28%) e Centro (25%).

Le tre anime del Biotech: agroalimentare, industria, salute

Il biotech italiano è un ecosistema eterogeneo, articolato in tre grandi macroaree.

1. Agroalimentare e zootecnia
È il comparto numericamente dominante: 3.834 imprese (65%), 27,1 miliardi di euro di fatturato e 51.872 addetti. Qui convivono biotecnologie tradizionali e soluzioni avanzate, con una distribuzione territoriale più uniforme rispetto agli altri settori.

2. Industria e ambiente
Conta 1.599 imprese (27%), genera 5,4 miliardi di euro di fatturato e impiega 16.053 addetti. È l’area più legata alla ricerca e sviluppo sperimentale, con forti connessioni alla bioeconomia, al biorisanamento e all’economia circolare. La Lombardia concentra da sola quasi la metà del fatturato di questo segmento.

3. Biomedico e sanitario
Pur rappresentando solo il 7% delle imprese (436 aziende), è il settore a più alto valore aggiunto: 20,8 miliardi di euro di ricavi, 34.640 addetti e 3 miliardi di euro di costo del personale. Qui si concentra il cuore dell’innovazione farmaceutica, delle terapie avanzate e della diagnostica. Il fatturato medio per impresa supera i 47 milioni di euro, contro i 7 milioni dell’agroalimentare e i 3 milioni dell’industria-ambiente.

Un dato strutturale emerge con chiarezza: il biotech biomedico rappresenta da solo circa il 40% del valore economico complessivo del comparto, pur con una base di imprese ridotta.

Startup e PMI innovative: il motore della nuova fase

Accanto al tessuto maturo delle imprese, il report individua un nucleo dinamico di 559 startup e PMI innovative biotecnologiche, in crescita del 14% su base annua. Queste realtà generano 249 milioni di euro di fatturato e impiegano 1.803 addetti, con una forte concentrazione nel Nord Italia.

L’ecosistema dell’innovazione è alimentato da:

  • trasferimento tecnologico tra università e imprese,
  • incubatori e acceleratori,
  • fondi di venture capital,
  • programmi europei di ricerca.

I casi analizzati – dalle RNA-therapies alla fermentazione avanzata, dal micelio ai biomateriali – mostrano una chiara vocazione al deep-tech e alla sostenibilità industriale.

I trend globali che ridisegnano il biotech

Il report inquadra il biotech italiano all’interno delle grandi traiettorie internazionali di sviluppo:

  • Medicina di precisione, spinta da genomica, AI e big data;
  • Biosoluzioni industriali per la decarbonizzazione dei processi;
  • Fermentazione di precisione per alimenti, materiali e proteine alternative;
  • Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA) in agricoltura;
  • Bioconversione per trasformare scarti in valore.

Si tratta delle stesse direttrici su cui si sta concentrando la futura Strategia europea sul Biotech (EU Biotech Act), citata durante la presentazione come leva decisiva per colmare il gap tra ricerca e industria.

Le parole chiave della leadership

Durante l’evento di presentazione, il Presidente di Assobiotec, Fabrizio Greco, ha parlato di una vera e propria “nuova mappatura che ridisegna il ruolo del biotech nell’economia italiana”, sottolineando come il settore sia ormai parte strutturale del Made in Italy e leva di competitività, sostenibilità e sicurezza industriale.

Per Chiara Sgarbossa del Politecnico di Milano, il biotech italiano è un ecosistema in trasformazione, sempre più orientato alla collaborazione tra ricerca e imprese e aperto alle nuove frontiere tecnologiche.

Oltre i numeri: una questione industriale e geopolitica

Il dato forse più rilevante del Report 2025 non è solo quantitativo, ma strategico. Il biotech viene definitivamente riconosciuto come infrastruttura produttiva abilitante per:

  • la resilienza delle filiere farmaceutiche,
  • la transizione ambientale,
  • la sicurezza alimentare,
  • la competitività manifatturiera.

In un contesto globale segnato da reshoring, instabilità delle catene di fornitura e competizione tecnologica, il biotech diventa un asset industriale e geopolitico, non soltanto un dominio scientifico.

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