La grande corsa ai dati sanitari real-world

Non mancano i dati, manca il modo per usarli. L’Europa genera enormi quantità di informazioni sanitarie, ma la frammentazione dei sistemi, la scarsa qualità dei dataset e la governance incerta impediscono ai RWE di diventare strumento decisionale. L’EHDS promette una svolta, ma la corsa è appena iniziata.

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Ogni minuto, in Europa, centinaia di migliaia di dati sanitari vengono prodotti: esami, prescrizioni, immagini, biomarcatori, referti digitali, dati dei dispositivi connessi, note cliniche, parametri acquisiti da app mediche e wearable.
È un flusso continuo, vastissimo, talmente ricco da poter cambiare la ricerca clinica, la regolazione dei farmaci, la farmacovigilanza, persino il modo in cui si riprogettano gli ospedali.

Eppure, la domanda più importante non è a cosa servono i RWE.
La domanda vera è: perché non riusciamo ancora a usarli davvero?

Dietro la retorica del “data-driven healthcare” si nasconde una struttura profondamente incompleta: sistemi che non dialogano, dataset incoerenti, assenza di standard, vincoli normativi complessi, governance frammentata.
Un continente che guida l’etica e la regolazione dell’innovazione, ma che non ha ancora costruito la propria infrastruttura digitale.

La promessa incompiuta dei RWE

Gli studi real-world potrebbero accelerare l’accesso ai farmaci, ridurre l’incertezza sulle terapie innovative, fornire dati di efficacia post-registrativa, sostenere decisioni pay-for-performance.
Gli algoritmi potrebbero individuare eventi avversi rari anni prima rispetto ai metodi tradizionali.
Le aziende potrebbero progettare sperimentazioni cliniche più agili, modulabili, vicine alla pratica clinica reale.

Nulla di tutto questo è fantascienza: è già stato dimostrato in più Paesi.

Il problema è che l’Europa vive una sorta di asfissia infrastrutturale: i dati ci sono, ma non sono utilizzabili in modo sistematico, affidabile e interoperabile.

Interoperabilità: il vero collo di bottiglia europeo

Non abbiamo un problema di quantità, ma di linguaggio.
Ogni sistema informativo sanitario — regionale, ospedaliero, specialistico — parla una lingua diversa.
Codifiche differenti, formati diversi, livelli di granularità incompatibili.

Il risultato è una frammentazione che impedisce tre operazioni fondamentali:

  1. mettere in relazione i dati clinici di un paziente lungo più percorsi di cura;
  2. collegare dataset provenienti da regioni o Paesi diversi;
  3. generare un ecosistema di analisi realmente europeo.

Le aziende sanno che l’interoperabilità non è un esercizio tecnico: è la premessa perché i RWE diventino strumento regolatorio, farmacoeconomico e industriale.

EMR: troppo spesso archivi, non piattaforme

Le cartelle cliniche elettroniche europee non sono nate per fare analisi.
Sono nate per documentare.

Un EMR non strutturato, senza estrazione dei dati in tempo reale, senza registri integrati, senza standard semantici, non può alimentare algoritmi che richiedono dati puliti, coerenti, interrogabili.

Molti dataset real-world europei sono ancora “rumorosi”: contengono vuoti informativi, campi non obbligatori, errori di trascrizione, mancanza di ontologie condivise.

È un problema tecnico, ma anche culturale: abbiamo sistemi digitali che non sono pensati per generare valore, ma per adempiere a obblighi amministrativi.

La qualità del dato: quando l’errore pesa più dell’assenza

L’industria conosce bene questo punto: un dato imperfetto non è neutrale.
È fuorviante.

La qualità dei dati sanitari dipende da:

  • accuratezza delle codifiche diagnostiche,
  • granularità dei referti,
  • standard di raccolta uniformi,
  • completezza dei percorsi clinici,
  • integrazione di fonti eterogenee (ospedale, territorio, farmacie, dispositivi).

Senza qualità del dato non esiste RWE affidabile.
E senza RWE affidabile, le autorità regolatorie non possono usarli per decisioni critiche.

Governance: chi decide cosa si può usare, e come?

L’Europa è all’avanguardia nella protezione dei dati personali. Il GDPR ha fissato standard globali.
Ma nel contesto dei RWE, il quadro è complesso: etica, privacy, interesse pubblico, sicurezza informatica, proprietà del dato, accesso dei privati, reutilizzo secondario.

La questione non è solo giuridica, ma strategica: chi governa i dati sanitari governa l’innovazione sanitaria.

Il Data Governance Act e l’imminente European Health Data Space (EHDS) vogliono creare una cornice europea unificata.
Ma la loro implementazione richiederà anni, infrastrutture nuove, standard tecnici comuni, enti intermedi capaci di garantire sicurezza, trasparenza e tracciabilità.

Data Act, EHDS e la nuova geopolitica dei dati sanitari

L’EHDS rappresenta il tentativo più ambizioso mai fatto dall’Unione per creare un ecosistema europeo dei dati sanitari interoperabile, sicuro, multiuso.
Ma porta con sé domande cruciali:

  • Come bilanciare privacy e innovazione?
  • Come garantire l’accesso ai dati alle aziende, senza compromettere la fiducia dei pazienti?
  • Chi certifica gli standard e la qualità?
  • Come evitare che il sistema emerga solo in alcuni Paesi, aumentando il divario interno all’UE?

In gioco non c’è solo la ricerca clinica.
C’è la capacità dell’Europa di competere con Stati Uniti e Cina nella medicina dei dati.

La distanza tra potenziale e realtà operativa

Oggi il paradosso è evidente:
abbiamo più dati di quanti ne sapessimo immaginare vent’anni fa, ma meno capacità di usarli in modo coordinato.

Le aziende vorrebbero integrarli nei dossier regolatori, ma non trovano dataset europei con qualità sufficiente.
Le autorità vorrebbero utilizzarli per il post-marketing, ma faticano a consolidare flussi transfrontalieri.
Gli ospedali producono informazioni preziose, ma non hanno strumenti o risorse per strutturarle.
I pazienti generano dati continui, ma questi restano fuori dai sistemi clinici ufficiali.

Il risultato è un ecosistema ricchissimo, ma inefficiente.

Da dati a decisioni: ciò che ancora manca

Per trasformare i RWE da promessa a infrastruttura, l’Europa dovrà compiere tre passi decisivi:

1. Standardizzare davvero
Non più raccomandazioni, ma standard vincolanti per codifiche, formati, ontologie, qualità minima.

2. Rendere interoperabile per default
Ogni nuovo sistema informativo sanitario deve essere progettato per dialogare con gli altri, non per esistere in isolamento.

3. Creare fiducia
Fiducia nei cittadini, perché il riuso del dato sia percepito come bene collettivo.
Fiducia nell’industria, perché il quadro regolatorio sia chiaro e accessibile.
Fiducia nelle istituzioni, perché la governance sia trasparente e inclusiva.

La rivoluzione RWE è iniziata, ma non è ancora distribuita

Il vero valore dei dati real-world non risiede nell’ampiezza, ma nella capacità di trasformarli in evidenze, decisioni, politiche, cure migliori.
L’Europa ha scelto di investire su questa strada con l’EHDS, ma la distanza tra ambizione e infrastruttura resta ampia.

La corsa ai dati sanitari non si vince producendo più dati, ma costruendo i sistemi che permettono di usarli davvero.
Il futuro della ricerca, della regolazione e della competitività industriale europea dipenderà da quanto rapidamente sapremo colmare questo divario.