L’industria farmaceutica ha costruito la propria identità sulla compliance: procedure, audit, convalide, qualità documentata al dettaglio. Un sistema pensato per prevenire errori umani e garantire sicurezza, integrità, tracciabilità.
Eppure proprio questo settore, apparentemente blindato, sta diventando uno dei più vulnerabili.
Non per mancanza di regole, ma per la distanza crescente tra compliance e realtà dei cyber-rischi industriali.
La minaccia non arriva più da virus generici o phishing superficiali: arriva da attori altamente organizzati, da gruppi criminali specializzati, da intrusioni mirate dei concorrenti, da sabotaggi digitali in grado di bloccare impianti o manipolare processi biologici.
L’avversario non attacca il computer: attacca la filiera.
Quando l’attacco blocca la produzione: SCADA e bioreattori nel mirino
Per decenni gli impianti farmaceutici sono stati progettati con una certezza implicita: ciò che accadeva all’interno del sito era isolato dal resto del mondo.
Oggi questa convinzione non regge più.
I sistemi SCADA, i PLC, i pannelli operatore, i bioreattori connessi, i sistemi di monitoraggio ambientale e le linee robotiche sono tutti integrati in reti interne che comunicano con sistemi esterni — ERP, QMS, fornitori, manutentori remoti.
Una vulnerabilità in un singolo nodo può propagarsi rapidamente fino a:
- modificare parametri critici di fermentazione o coltura cellulare,
- interrompere il controllo qualità in linea,
- alterare le condizioni di un lotto,
- fermare l’intero stabilimento.
Il farmaco non è un bene “digitale”, ma dipende completamente da processi digitalizzati.
È qui che nasce il rischio più grande: un attacco informatico oggi può avere effetti fisici, compromettendo la qualità del prodotto e la continuità produttiva.
La proprietà intellettuale: il tesoro più esposto
Il valore reale di molte aziende biotech non sta negli edifici o nei macchinari, ma nei risultati della ricerca: sequenze, algoritmi, processi fermentativi, piattaforme di delivery, dossier regolatori, dati preclinici e clinici.
Tutto questo vive in un ecosistema digitale estremamente esteso:
- server interni,
- cloud ibridi,
- piattaforme di collaborazione,
- fornitori esterni,
- centri clinici connessi,
- CRO e CDMO che gestiscono parte del ciclo di sviluppo.
La perdita o la compromissione di questi dati non è solo un danno economico: è un rischio strategico.
Un furto di proprietà intellettuale può spostare il valore di un’azienda intera, anticipare la concorrenza, influenzare i mercati.
Oggi, per molte biotech, la difesa informatica è la difesa del business model.
AI generativa: la nuova arma dei cyber-attaccanti
La narrativa dominante guarda all’AI generativa come a un acceleratore per la scoperta di farmaci.
Ma lo stesso strumento, nelle mani sbagliate, diventa un moltiplicatore di attacchi:
- facilita la creazione di phishing ultra mirati,
- automatizza analisi di vulnerabilità su larga scala,
- genera codice malevolo con maggiore rapidità,
- permette social engineering estremamente credibile,
- interpreta documenti tecnici complessi e identifica punti deboli dei sistemi OT.
Non è fantascienza: sono scenari già documentati.
Il pharma, settore in cui ogni informazione interna ha valore, è un target ideale per un’AI criminale che impara dai dati pubblici e colma i vuoti con attacchi predittivi.
L’illusione della compliance: perché le GMP non proteggono dai cyber-attacchi
Molte aziende si sentono protette perché rispettano linee guida, audit, validazioni e controlli GMP.
Ma le GMP rispondono a un’altra domanda: come evitare errori di processo?
La cybersecurity risponde invece alla domanda: come impedire a qualcuno di manipolare il processo?
La distanza è abissale.
Esistono realtà che superano brillantemente ogni ispezione, ma che hanno:
- reti OT senza segmentazione,
- accessi remoti non protetti,
- password statiche per sistemi critici,
- backup non testati,
- connessioni non cifrate con fornitori esterni,
- dispositivi IoT non aggiornati.
La minaccia supera la compliance perché la compliance è stata pensata per un mondo analogico, non per un ecosistema industriale connesso e vulnerabile.
Il punto vulnerabile della filiera: la supply chain
La supply chain farmaceutica è un mosaico complesso: produttori di API, CDMO, fornitori di materiali critici, trasportatori, laboratori di analisi, partner digitali, cliniche.
Ogni nodo è un potenziale ingresso per un attacco.
Gli aggressori non puntano sempre al bersaglio principale: puntano al punto più debole.
Un fornitore minore con sicurezza insufficiente può diventare la porta d’ingresso per accedere a documenti riservati, sistemi di pianificazione, password condivise, configurazioni di impianti.
È ciò che in cybersecurity si chiama supply chain exploitation.
E il pharma, con la sua rete estesa di partner, è particolarmente esposto.
NIST, ENISA e la nuova stagione della difesa digitale
Le linee guida internazionali — dalle nuove pubblicazioni NIST ai framework ENISA per i settori critici — stanno convergendo su alcuni principi chiave:
- zero trust,
- segmentazione delle reti OT,
- continuità operativa digitale,
- logging avanzato,
- threat intelligence dedicata,
- sicurezza come responsabilità condivisa lungo la filiera.
Il messaggio centrale è chiaro: la cybersecurity non è un settore aziendale, è un’infrastruttura.
E come tale deve essere governata, finanziata e verificata con la stessa attenzione di una cleanroom o di un bioreattore.
Il prossimo grande rischio industriale è già qui
L’industria farmaceutica non può più trattare il cyber-risk come un tema IT o un obbligo di compliance.
La minaccia è concreta, è fisica, è industriale.
Un attacco informatico può:
- bloccare uno stabilimento,
- compromettere un lotto,
- manipolare un processo biologico,
- rubare anni di ricerca,
- alterare la supply chain,
- colpire più aziende attraverso una sola vulnerabilità.
La vera protezione non sarà mai una checklist: sarà la capacità dell’intera filiera — produttori, CDMO, fornitori, cliniche, partner digitali — di agire come un sistema di sicurezza collettivo.
La cybersecurity è la nuova qualità.
E chi non la governa non governa più la propria produzione.


