Reputation, una questione di fiducia

La fiducia nelle persone - o nelle aziende – ha una funzione fondamentale, perché ci permette di ridurre la complessità. Guadagnarla, però, non è facile mentre è facilissimo perderla

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Reputation, una questione di fiducia

Nel funzionamento dei sistemi sociali, un fattore fondamentale è rappresentato dalla fiducia dei cittadini nella capacità di un sistema o di una istituzione di agire coerentemente con quanto ci si aspetta da loro.

La reputazione delle organizzazioni dipende proprio dal livello di fiducia che sono riuscite a creare con le loro azioni. Da questo punto di vista, l’emergenza sanitaria legata a Covid-19 ha seriamente messo alla prova questa capacità.

Che cosa c’entra la sociologia con la corporate reputation?

La sociologia si occupa, tra le varie cose, di come vengono costruite le rappresentazioni sociali, le convinzioni collettive e le credenze. Dunque, essendo la reputazione un insieme di credenze e valutazioni che gli individui formulano su altri individui o su organizzazioni, ecco che la sociologia c’entra, eccome.

La reputazione riduce la complessità

La reputazione è una costruzione sociale che rende possibile la fiducia. E la fiducia svolge una funzione importantissima nella nostra vita: ci permette di ridurre la complessità. Noi risparmiamo un sacco di tempo perché abbiamo fiducia. Abbiamo fiducia che il barista ci serva il cappuccino quando lo chiediamo, che i professori insegnino bene, che il tramviere non sia ubriaco. Se noi sospettassimo di tutto e tutti saremmo paralizzati.

Uno potrebbe chiedersi: “Come possiamo avere fiducia di gente che non conosciamo?” Dalle credenziali e dalla reputazione. Se un professore ha preso un dottorato a Harvard abbiamo maggiore fiducia nelle sue competenze rispetto a uno che lo ha preso in una università sconosciuta. Non andiamo a controllare il suo curriculum o a intervistare i suoi colleghi per verificare che sia bravo: il fatto che abbia un dottorato a Harvard riduce la complessità.

Fiducia, difficile da guadagnare e facilissima da perdere

Dunque, la reputazione di un’organizzazione – sia essa università o azienda – fa sì che noi, come consumatori, abbiamo fiducia nei suoi “prodotti”. Attenzione però: la fiducia è difficile da guadagnare ed è facilissima da perdere.

La fiducia si costruisce con la perseveranza e nel tempo, ma la si può perdere per un episodio o per una mela marcia.

E il sistema dei media amplifica le brutte notizie. Non ha senso che un giornale scriva che anche oggi l’azienda ha pagato i suoi dipendenti (che talvolta non è semplice) ma sono guai seri se l’azienda scivola su una buccia di banana come una pubblicità troppo irriverente verso un particolare gruppo sociale o un suo manager che in un’intervista parla a sproposito. Errori deplorevoli che però non hanno nulla a che fare col prodotto.

Chi ha perso la reputazione oggi e chi l’ha guadagnata

La sanità lombarda certamente non ha dato grande prova, per motivi organizzativi e non professionali. Ma in generale quasi tutta la sanità italiana – e non solo – ha traballato. Fa eccezione il Veneto che, sempre per motivi storici e organizzativi, durante il Covid ha retto. Di qui il consenso stellare di cui gode Zaia.

Un discorso a parte meritano i virologi che in molti casi sono divenuti quello che i massmediologi chiamano “celebrities”.

Virologi e altri specialisti sono stati interpellati in modo parossistico dalle televisioni e dai canali digitali. In tal senso, si è concessa loro enorme fiducia. Il problema è che interpellati sugli stessi argomenti dicono cose diversissime. E da fuori uno pensa: ma come è possibile che gli scienziati non abbiano una visione oggettiva?

Il problema è che la scienza non è oggettiva: è fatta di ipotesi, teorie e approcci differenti.

È assolutamente normale che gli scienziati facciano ragionamenti differenti e conflittuali. La scienza evolve proprio così. Tuttavia a livello mediatico questa eterogeneità non paga. I media vogliono semplificare.

In che posizione si trova il settore Pharma rispetto a fiducia e reputazione?

Rispetto a fiducia e reputazione, il settore Pharma si trova oggi in una posizione eccellente.

La politica ha lasciato a desiderare rispetto alla gestione del Covid-19. Sebbene, a mio avviso, sia una fatica abnorme gestire una pandemia!

Comunque, tutti hanno qualche motivo per essere scontenti. Chi per motivi sanitari, chi per motivi economici, chi per motivi organizzativi in senso stretto (pensiamo ai genitori di studenti e scolari).

La Politica ha delegato alla Scienza. Ma come abbiamo visto, in termini di opinione pubblica, gli scienziati non sono stati capiti. Il loro pensiero è troppo complesso per i media, è notiziabile solo a prezzo di radicali semplificazioni.

In questo contesto, il Pharma sta emergendo come big player perché il vaccino salverà milioni di vite.

Le aziende farmaceutiche stanno lavorando a ritmi infernali, in alleanza con prestigiose università. Ci sono aspettative altissime e finora la comunicazione è stata molto efficace.

È stata enfatizzata giustamente la dimensione della ricerca, a discapito di quella commerciale. Su un piano diverso, più locale, andrebbe dato un credito alle farmacie, che in molti casi si sono poste su una dimensione molto simpatetica con i cittadini. Le farmacie sono state boe in un mare agitato per molte persone.

Per tornare alla corporate reputation, mi sembra che il Pharma potrà tra poco vantare un ruolo quasi pubblico e istituzionale per il suo contributo nella pandemia, mettendo tra parentesi l’aspetto commerciale.