Il gender gap globale non si chiude da solo

Il Global Gender Gap Report 2025 del World Economic Forum registra progressi lenti e disomogenei nella parità di genere. L’Italia migliora, ma resta indietro su potere economico e partecipazione politica. Il traguardo resta lontano: 134 anni per la parità piena

0
23

Secondo il Global Gender Gap Report 2025, la parità di genere a livello mondiale è oggi al 68,5%, con un miglioramento marginale di 0,1 punti percentuali rispetto al 2024. Tradotto in termini concreti: al ritmo attuale, occorreranno 134 anni per colmare il divario globale. Questo significa che la piena parità non sarà raggiunta prima del 2159.

Il report del World Economic Forum (WEF), giunto alla 19ª edizione, analizza i progressi in 146 Paesi, considerando quattro dimensioni fondamentali:

  • partecipazione economica,
  • livello di istruzione,
  • salute e sopravvivenza,
  • partecipazione politica.

Solo 5 Paesi al mondo hanno superato la soglia del 80% di parità complessiva: Islanda (91,6%), Finlandia, Norvegia, Nuova Zelanda e Svezia.

Scarica il report completo

L’Italia migliora (ma resta nella seconda metà della classifica)

Nel 2025 l’Italia si colloca al 72° posto su 146 Paesi, guadagnando quattro posizioni rispetto all’anno precedente. La parità complessiva è al 72,2%, leggermente superiore alla media europea (71,7%) e mondiale (68,5%). Tuttavia, l’Italia è ancora 52ª su 73 Paesi ad alto reddito, segno che la strada da percorrere è lunga.

I risultati variano molto tra le diverse dimensioni analizzate:

  • Istruzione: quasi piena parità (99,4%)
  • Salute: in linea con gli altri Paesi sviluppati (97,3%)
  • Partecipazione economica: solo 63,6%
  • Partecipazione politica: ferma al 28,3%

È soprattutto quest’ultimo indicatore a pesare negativamente sul ranking italiano, insieme alla bassa percentuale di donne in ruoli manageriali e imprenditoriali.

La leadership resta maschile

Il report evidenzia come la leadership femminile nelle aziende e nelle istituzioni resti un nodo critico. A livello globale, le donne ricoprono solo:

  • 31,7% delle posizioni manageriali,
  • 28,2% delle cariche parlamentari,
  • 28,1% dei ruoli ministeriali.

In Italia, solo il 27,9% delle posizioni manageriali è occupato da donne, e la presenza femminile nei consigli di amministrazione è spesso frutto di normative obbligatorie più che di scelte strutturali.

A fronte di una maggiore presenza femminile nei percorsi scolastici e universitari, soprattutto nelle discipline umanistiche, permane una segregazione verticale e orizzontale nel mercato del lavoro, con un impatto negativo anche su retribuzioni, opportunità di carriera e autonomia economica.

Un divario economico che penalizza tutti

Il divario economico tra uomini e donne è tra i più lenti a colmarsi. A livello globale, la partecipazione femminile alla forza lavoro è ferma al 65,7%, e la differenza salariale resta significativa.

Secondo il WEF, il gender gap in ambito economico si chiuderà solo tra 152 anni, se non si accelera. Eppure, i vantaggi della parità sono noti e misurabili: una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro porta aumenti del PIL, maggiore innovazione e migliori performance ESG. In questo senso, la parità è anche una leva economica e non solo un obiettivo etico.

Europa: luci e ombre

L’Europa si conferma l’area con il più alto livello di parità (75%), ma con notevoli differenze interne. L’Islanda, che guida la classifica globale per il 16° anno consecutivo, ha colmato il gap per oltre il 91%. All’opposto, Paesi come Ungheria e Turchia restano sotto il 70%.

L’Italia, pur migliorando leggermente, è ancora al di sotto della media UE nei parametri più strategici, come l’occupazione femminile e la rappresentanza politica.

Una chiamata alla responsabilità collettiva

Il Global Gender Gap Report 2025 non è solo un’analisi statistica: è anche un invito all’azione. Il ritmo attuale è troppo lento e rischia di lasciare irrisolti problemi strutturali che riguardano non solo le donne, ma la società nel suo complesso.

Colmare il divario di genere non è un obiettivo a lungo termine: è una urgenza economica e democratica. E se è vero che alcune leve sono nelle mani dei governi, è altrettanto vero che imprese, scuole, media e istituzioni finanziarie possono e devono fare la loro parte.

Il tempo non basta: serve volontà

Il messaggio che emerge dal report è chiaro: il tempo, da solo, non risolve. Per cambiare davvero rotta servono politiche attive, misurazione trasparente dei progressi, incentivi concreti e un impegno sistemico. Solo così sarà possibile trasformare i numeri in cambiamento reale, e la parità in un motore di crescita, innovazione e coesione sociale.