Cultura d’impresa, inclusione e partecipazione femminile nel mondo scientifico. È su queste tre direttrici che si è sviluppata la XVIII sessione del 64° Simposio AFI, intitolata “Tendenze e fenomeni sociali nella filiera del farmaco”. Un momento di confronto ricco e articolato, che ha unito visioni manageriali e testimonianze personali, dati normativi e riflessioni culturali, con un unico obiettivo: far emergere quanto il tema della diversità sia oggi imprescindibile per un ecosistema della salute più competitivo, giusto e sostenibile.
La parità certificata
Alessandro Libero Lorini (AFI – Boiron) ha aperto i lavori affrontando il tema della certificazione della parità di genere UNI/PdR 125:2022. Uno strumento previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che consente alle organizzazioni pubbliche e private di certificare – tramite enti accreditati – il proprio impegno concreto in termini di inclusione e parità.
Lorini ha illustrato i principali KPI (Key Performance Indicator) previsti dalla norma: cultura e strategia, governance, processi, risorse umane, equità salariale, conciliazione vita-lavoro. L’ottenimento della certificazione (valida 3 anni) implica audit, report e un sistema documentale articolato, ma offre vantaggi tangibili: incentivi fiscali, punteggi premiali negli appalti, maggiore attrattività per i talenti, riduzione del gender pay gap.
Più che un’etichetta, si tratta di un vero driver di crescita per le aziende del comparto salute: “Comunicare il proprio impegno in tema di parità – ha sottolineato Lorini – non è un obbligo morale, ma una scelta strategica di posizionamento e reputazione”.
Le donne nella scienza: oltre i numeri
La seconda parte della sessione ha esplorato un ambito diverso ma fortemente connesso: il rapporto tra donne e scienza. Un tema che, sebbene oggi più presente nel dibattito pubblico, continua a mostrare diseguaglianze strutturali. Secondo i dati citati nel panel, solo il 30% dei ricercatori nel mondo è donna, con numeri ancora più bassi nei ruoli di vertice e nei settori STEM.
Ma la discussione non si è limitata a statistiche: protagoniste di questa sezione sono state scienziate, manager e ricercatrici che hanno condiviso percorsi, ostacoli e visioni. Dai meccanismi di esclusione informale nei comitati decisionali, alla scarsità di modelli di leadership femminile, fino alla necessità di alleanze intergenerazionali e intersettoriali per un vero cambiamento.
Barriere invisibili, risposte sistemiche
Uno dei punti più discussi è stato quello delle barriere invisibili: stereotipi culturali, carichi familiari squilibrati, mancanza di networking. Fenomeni spesso sommersi, ma determinanti nell’orientare (o disincentivare) le carriere femminili. In questo contesto, la certificazione UNI/PdR 125:2022 si presenta non solo come strumento tecnico, ma come leva per mettere in discussione pratiche e culture aziendali consolidate.
Molto apprezzata l’idea – emersa dal dibattito – di collegare strumenti normativi e policy aziendali con una nuova narrazione della scienza: meno competitiva, più collaborativa, capace di includere differenti approcci, competenze e visioni.
Verso un ecosistema più equo
L’AFI, con questa sessione, ha lanciato un messaggio forte: l’innovazione non è solo tecnologica, ma anche culturale. Costruire un sistema salute più competitivo significa investire nella diversità, valorizzare le competenze femminili, garantire pari opportunità di accesso, carriera e riconoscimento.
Lo scenario globale va in questa direzione: dalle linee guida ONU all’agenda ESG delle grandi aziende, fino alle politiche europee di parità. Anche nel settore farmaceutico e biomedicale – ancora oggi a prevalenza maschile nei ruoli apicali – si fanno strada esperienze virtuose che dimostrano come l’inclusione sia un volano per qualità e performance.
Il tempo dell’azione
Non basta contare le donne, bisogna che le donne contino. Questo significa agire su più livelli: educativo, normativo, organizzativo, culturale. L’auspicio emerso dalla sessione è che le imprese del settore salute sappiano cogliere questa sfida, non solo per rispondere a nuovi standard, ma per contribuire a un cambiamento reale, che riguarda tutti.
In gioco non c’è solo l’equità, ma la capacità del sistema salute di rispondere alle sfide del futuro. E, come è emerso con chiarezza dal Simposio AFI, senza le donne, questo futuro rischia di non arrivare mai.