Industria senza bussola. La crisi di fiducia dopo lo stop al Piano 5.0

La misura Piano Transizione 5.0 è stata ufficialmente dichiarata esaurita dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) il 7 novembre 2025. Le imprese che avevano pianificato investimenti sulla base del credito d’imposta restano in una situazione di forte incertezza: le associazioni segnalano un serio tema di fiducia nelle politiche industriali

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Il Piano Transizione 5.0, istituito dall’articolo 38 del Decreto-Legge 2 marzo 2024 n. 19 e convertito in legge 56/2024, era la misura cardine della strategia industriale legata al PNRR (missione Repower EU) atta a promuovere investimenti delle imprese in digitalizzazione, innovazione, efficientamento energetico delle strutture produttive.

Le aziende farmaceutiche, chimiche e biomedicali erano tra le potenziali beneficiarie, data la loro forte vocazione all’innovazione e ai processi ad alta intensità energetica.

Che cosa prevedeva il Piano Transizione 5.0

Secondo il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), il beneficio consisteva in un credito d’imposta per nuovi investimenti “nell’ambito di progetti di innovazione da cui consegua una riduzione dei consumi energetici”.
I beni agevolabili comprendevano quelli materiali e immateriali indicati negli Allegati A e B della Legge 232/2016.

Il decreto attuativo del 24 luglio 2024, tuttora consultabile sul sito del Ministero, definiva le modalità operative e i requisiti tecnici.
Gli investimenti dovevano essere realizzati entro il 31 dicembre 2025.
Tra i criteri fondamentali figuravano:

  • riduzione minima dei consumi energetici del 3% per la struttura produttiva o 5 % per il processo interessato;
  • comunicazione preventiva tramite la piattaforma del Gestore dei Servizi Energetici (GSE);
  • cumulabilità con altre agevolazioni, purché nel rispetto del limite dei costi sostenuti.

Le aliquote del credito d’imposta, stabilite dal decreto, variavano dal 35% al 45% a seconda dell’entità dell’investimento e del livello di risparmio energetico conseguito.
In casi specifici (es. installazione di pannelli fotovoltaici ad alta efficienza), erano previste maggiorazioni ulteriori.

Che cosa è successo il 7 novembre 2025

Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha comunicato con decreto direttoriale del 7 novembre 2025l’esaurimento delle risorse disponibili per la misura Transizione 5.0”.
La nota ufficiale specifica che nuove domande possono essere presentate fino al 31 dicembre 2025, ma “verranno gestite in ordine cronologico in caso di disponibilità di nuove risorse”.
La dotazione iniziale, fissata a 6,3 miliardi di euro nell’ambito della missione Repower EU del PNRR, è stata progressivamente ridotta a circa 2,5 miliardi per rimodulazioni interne al piano.

Un cortocircuito di fiducia

La chiusura improvvisa della misura, a pochi mesi dal suo avvio effettivo, ha generato un’ondata di reazioni da parte delle associazioni imprenditoriali.
Per molte aziende, che avevano già pianificato o avviato investimenti confidando nel credito d’imposta, il rischio è quello di un danno economico rilevante e, soprattutto, di una frattura nella fiducia verso la politica industriale.

Lo dico chiaro: si deve trovare una soluzione a Industria 5.0, altrimenti la fiducia tra imprese e istituzioni crolla. Il 7 novembre è uscito il decreto ministeriale secondo il quale i fondi sono esauriti e le aziende residue sono andate in graduatoria. Quando le indicazioni ricevute in una sede istituzionale cambiano così rapidamente, diventa difficile pianificare.

— Emanuele Orsini, Presidente Confindustria, dichiarazione ufficiale su Linkedin (10 novembre 2025)

Le reazioni delle associazioni

Le parole di Orsini trovano eco in quelle di numerosi rappresentanti dell’industria, che sottolineano la gravità dello stop in un momento cruciale per la transizione digitale ed energetica del Paese.

La comunicazione improvvisa, da parte del Ministero, rappresenta un deludente segnale di incoerenza rispetto alla volontà dichiarata di sostenere lo sforzo delle imprese. Una scelta preoccupante, anche alla luce della difficile congiuntura economica.

— Alvise Biffi, Presidente Assolombarda, dichiarazione a Il Sole 24 Ore

E sempre il presidente di Assolombarda, in una intervista a La Repubblica (8 novembre 2025) dichiara:

Le aziende, che all’inizio erano state scoraggiate dalla scarsa chiarezza delle regole previste da Transizione 5.0, si trovano ora a fare i conti con una chiusura inattesa, che va in controtendenza rispetto alla necessaria pianificazione degli investimenti anticiclici.

Ancora più netto il commento di UCIMA (Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il Confezionamento e l’Imballaggio):

La chiusura, inattesa e non prevista, del Piano Transizione 5.0 rappresenta un atto che mina la fiducia delle imprese nelle istituzioni e segna una nuova retromarcia rispetto alla volontà dichiarata di garantire politiche industriali stabili e di medio-lungo periodo.

— Riccardo Cavanna, Presidente UCIMA

UCIMA sottolinea inoltre che “molte aziende del settore avevano già avviato i propri investimenti, confidando nella disponibilità delle risorse e nelle condizioni agevolative previste dal Piano 5.0. Il blocco improvviso rischia ora di tradursi in un danno economico rilevante e di compromettere la fiducia nelle politiche di sostegno alla transizione digitale ed energetica”.

Anche ANIMA Confindustria, che rappresenta le imprese meccaniche, ha espresso forte preoccupazione:

L’industria meccanica italiana è completamente destabilizzata da questa imprevista decisione. Il problema è il forte messaggio di incertezza che viene trasmesso alle imprese e la possibile mancata copertura degli investimenti già avviati. Le aziende hanno bisogno di certezze, di strumenti stabili e credibili prolungati nel tempo per poter pianificare.

— Pietro Almici, Presidente ANIMA Confindustria, comunicato 10 nvembre 2025

Quali implicazioni per il settore farmaceutico

Per il comparto farmaceutico e chimico, la sospensione anticipata del Piano 5.0 ha conseguenze tangibili. Gli investimenti in impianti automatizzati, efficienza energetica e digitalizzazione dei processi sono spesso programmati su orizzonti pluriennali: la mancanza di certezza sul credito d’imposta complica i piani di ritorno dell’investimento (ROI) e le trattative con fornitori e istituti di credito.

Le aziende che avevano previsto l’incentivo nel proprio piano finanziario dovranno ora rivalutare tempi e priorità, con l’ulteriore rischio di dover sospendere progetti di transizione sostenibile già avviati.

Quali prospettive per il futuro delle politiche industriali

Al di là della questione finanziaria, la chiusura del Piano 5.0 mette in luce un problema sistemico: la discontinuità delle politiche industriali italiane.

Il messaggio che arriva al sistema produttivo è che le regole possono cambiare repentinamente, persino dopo rassicurazioni istituzionali.
È questo l’aspetto su cui imprenditori come Emanuele Orsini e Alvise Biffi hanno insistito con forza: la fiducia si costruisce sulla stabilità e prevedibilità delle decisioni pubbliche, non su comunicazioni improvvise o inversioni di rotta.

In audizione parlamentare sul Disegno di Legge di Bilancio 2026, Confindustria ha ribadito la necessità di un intervento strutturale. L’associazione ha chiesto di mantenere operativa la misura fino al 31 dicembre 2025 per tutte le imprese che avevano già avviato il processo e di destinare risorse nazionali aggiuntive per coprire le richieste rimaste escluse dal rifinanziamento europeo.

A partire dalle risorse non spese per Transizione 5.0, chiediamo che la rimodulazione sia l’occasione per assicurare quel sostegno alle imprese di almeno 8 miliardi l’anno per un triennio.

— Maurizio Tarquini, Direttore Generale Confindustria, novembre 2025

Il Governo, pur non avendo ancora annunciato un rifinanziamento formale, ha fatto sapere che “sono in corso valutazioni per reperire nuove risorse”, da includere nel quadro della prossima Legge di Bilancio 2026.

Un problema di credibilità industriale

Il Piano Transizione 5.0 avrebbe dovuto rappresentare il pilastro della nuova politica industriale italiana, orientata alla doppia transizione – digitale ed ecologica.
La chiusura improvvisa della misura, l’assenza di trasparenza sui numeri delle richieste e la mancata comunicazione tempestiva di un piano alternativo rischiano ora di compromettere un rapporto di fiducia già fragile tra imprese e istituzioni.

Per le aziende del settore farmaceutico, che più di altre pianificano investimenti capital-intensive e di lungo periodo, la lezione è chiara: serve una governance industriale prevedibile, con strumenti stabili e una visione coerente.

Chiarimenti operativi

Cosa è successo al Piano Transizione 5.0?
È stato dichiarato esaurito il 7 novembre 2025 per mancanza di fondi disponibili.

Perché è stato chiuso?
A causa della riduzione della dotazione finanziaria e dell’alto numero di domande presentate nel primo mese di apertura.

Le aziende possono ancora presentare domanda?
Sì, fino al 31 dicembre 2025, ma solo per essere inserite in graduatoria in caso di nuove risorse.

Come influisce la chiusura sul settore farmaceutico?
Rallenta o sospende progetti di automazione e efficientamento energetico già programmati, alterando i piani di ritorno sugli investimenti.