La rivoluzione verde dell’industria farmaceutica

Al Simposio AFI 2025, imprese e istituzioni si sono confrontate sulla sfida della sostenibilità nel pharma: tra casi virtuosi (Chiesi, Angelini, GSK) e nuove norme ambientali (ERA 2024, Direttiva Acque), emerge una visione integrata, concreta e inevitabile

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Climate change is the single biggest health threat facing humanity“, ha ricordato Ilaria Lo Presti (GSK) aprendo il suo intervento al Simposio AFI 2025. E se la crisi climatica è anche una crisi sanitaria, è nel settore della salute che si gioca una delle partite più complesse della transizione ecologica. A partire da un dato: il comparto sanitario è responsabile del 5% delle emissioni globali di CO₂, più di aviazione e shipping messi insieme.

La prima sessione del Simposio AFI, curata dal Gruppo di Studio “Energia e Sostenibilità“, ha messo in scena un confronto serrato tra innovazione industriale, stringenti normative europee e strategie aziendali ambiziose. In gioco non c’è solo la compliance, ma la sopravvivenza di un’intera filiera produttiva nel mondo post-carbonio.

Chiesi, Angelini e GSK: la sostenibilità come leva competitiva

Le aziende del farmaco non stanno a guardare. Lo testimonia l’intervento di Elisa Bandini (Chiesi Farmaceutici), che ha illustrato il piano per raggiungere la neutralità climatica su Scope 1 e 2 entro il 2030, e su Scope 3 entro il 2035, in linea con gli standard della Science Based Target Initiative. Tra le azioni: transizione a energia 100% rinnovabile, flotta aziendale elettrica, nuovi propellenti a basso impatto per gli inalatori (HFA 152a), e un investimento da 350 milioni di euro per sviluppare una generazione di dispositivi con impronta carbonica ridotta del 90%.

Anche Angelini Pharma si è mossa in questa direzione con il progetto LIFE-GREENAPI, presentato da Anna Codazzi e Tommaso Iacoangeli. L’iniziativa punta a innovare la produzione di API attraverso la chimica a flusso continuo, in collaborazione con la Leiden University e con il sostegno del programma europeo LIFE. Risultato? Un processo più efficiente, meno energivoro, con una riduzione concreta di emissioni, consumo idrico e rifiuti chimici.

GSK, dal canto suo, ha fissato obiettivi ancora più ambiziosi: net zero sull’intera catena del valore entro il 2045 e “net nature positive” entro il 2030. Come? Attraverso il raggiungimento della neutralità idrica nei siti produttivi in zone a stress idrico, la riduzione del 25% dell’impatto ambientale di prodotti e packaging, e progetti di riforestazione e biodiversità attiva in tutti i siti.

ERA 2024: nuova valutazione, nuovi obblighi

Ma se le aziende si muovono, è anche perché il quadro normativo impone di farlo. Lo ha spiegato Ivo Caldera (AFI), presentando la revisione 2024 della linea guida EMA sull’Environmental Risk Assessment (ERA) dei farmaci. Il documento, atteso da anni, introduce novità sostanziali: approccio “total residue”, obbligo di test sperimentali per sostanze attive, valutazione estesa delle proprietà PBT (Persistente, Bioaccumulabile, Tossico) ed ED (Interferenti Endocrini).

La valutazione ERA diventa così uno snodo cruciale dell’autorizzazione all’immissione in commercio. Tanto che la bozza della nuova direttiva farmaceutica COM(2023) 192 prevede la possibilità di rigetto, sospensione o revoca dell’AIC in caso di documentazione ambientale carente. Inoltre, per API registrati prima del 2005 e potenzialmente impattanti, sarà richiesta una nuova valutazione retroattiva.

Acque reflue e responsabilità estesa del produttore

Un altro elemento normativo dirompente è rappresentato dalla Direttiva UE 2024/3019 sul trattamento delle acque reflue urbane. Il testo impone standard più rigorosi per la rimozione dei microinquinanti, tra cui i residui farmaceutici, attraverso un “trattamento quaternario”. E introduce la responsabilità estesa del produttore: chi immette sul mercato sostanze rintracciabili come contaminanti finali nelle acque dovrà contribuire ai costi di depurazione.

Il principio è chiaro: “chi inquina paga”. E nel caso della farmaceutica, “inquinare” non è solo una questione di emissioni dirette, ma anche di effetto indiretto di molecole attive, smaltimenti impropri, farmaci scaduti o residui di trattamento che finiscono nei fiumi. Secondo i dati presentati, molecole come la carbamazepina resistono fino al 93% ai trattamenti convenzionali e sono ancora rilevabili in corsi d’acqua anche dove non sono più prescritte da anni.

Standard europei, doppia materialità e tassonomia

Oltre alla compliance ambientale, le aziende devono ora affrontare un nuovo paradigma di rendicontazione. Ettore Piantoni (CEN CENELEC JTC 14) ha illustrato gli obblighi in arrivo con la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) e con gli ESRS (European Sustainability Reporting Standards). Tra i pilastri di questo nuovo assetto: il principio di doppia materialità, ovvero la necessità di valutare sia gli impatti ambientali generati dall’impresa (inside-out), sia i rischi ambientali che ricadono sull’attività economica (outside-in).

La sostenibilità diventa così non solo un vincolo, ma anche un driver di investimento e accesso al credito. Le aziende che non sapranno misurare e comunicare i propri progressi rischiano di essere tagliate fuori dalle nuove metriche della finanza sostenibile. E, come ha ricordato Piantoni, “anche l’opzione di non agire è oggi una decisione strategica da rendicontare”.

Una roadmap AFI per il futuro

A chiusura dei lavori, Pierfelice Ferrari (AFI) ha ricordato come la sostenibilità nel farmaceutico stia rapidamente evolvendo da dichiarazione d’intenti a pratica strutturata. Il Gruppo di Studio “Energia & Sostenibilità” continuerà a monitorare e diffondere le implicazioni concrete delle nuove normative, dal “Pharma Package” al “Pacchetto Omnibus”, dall’applicazione della Green Chemistry alla gestione circolare dei rifiuti.

Il messaggio è chiaro: il cambiamento è già in corso. E non riguarda solo l’energia che alimenta gli impianti, ma l’energia culturale e normativa che sta trasformando l’intero ecosistema industriale del farmaco. L’urgenza climatica, sanitaria, normativa ed economica converge in un’unica direzione: la sostenibilità non è più un’opzione, è una responsabilità collettiva.

Per approfondire

Il corso “La Carbon Footprint e l’approccio LCA per il calcolo delle emissioni di CO2 e lo sviluppo di strategie per la decarbonizzazione“, disponibile sulla piattaforma MakingEducation, fornisce una panoramica generale sulla Carbon Footprint e sull’approccio LCA, strumenti strategici a disposizione del management per favorire l’adozione di politiche di sostenibilità.

Il corso della durata di quattro ore, sarà erogato da Prometheus per approfondire le seguenti tematiche:

  • Introduzione alla LCA
  • Fasi di uno studio di LCA (Life Cycle Assesment)
  • ISO 14040 e ISO 14044

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