Diffusione dell’infezione da HIV e conseguenze della pandemia da COVID-19

L'ISS ha pubblicato i dati del 2019 relativi all'HIV in Italia, un virus che rappresenta ancora una sfida da vincere per la ricerca scientifica

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La diffusione dell’infezione da HIV potrebbe vedere un’impennata a causa dei rallentamenti degli screening e delle visite mediche dovuti alla pandemia da COVID-19.

La diffusione dell'infezione da HIV potrebbe vedere un'impennata a causa dei rallentamenti degli screening dovuti alla pandemia da COVID-19

I dati dell’Istituto superiore di sanità sulla diffusione dell’infezione da HIV

Nel 2019, in Italia sono state effettuate 2.531 nuove diagnosi di infezione da HIV, pari a 4,2 nuovi casi per 100.000 residenti. L’incidenza è lievemente inferiore all’incidenza media nelle nazioni dell’Unione Europea di 4,7 nuovi casi per 100.000. Dal 2012 i casi per tutte le modalità di trasmissione sono diminuiti. Questa tendenza riguarda il Centro-Nord; il dato resta invece stabile al Sud.

La proporzione di nuovi casi attribuibile a trasmissione eterosessuale è 42% (25% maschi e 17% femmine), quella in maschi che fanno sesso con maschi 42%, quella attribuibile a persone che fanno uso di droghe per via iniettiva 6%.

È aumentata la quota di persone cui è stata diagnosticata l’infezione da HIV con bassi CD4 o con sintomi e sistema immunitario già compromesso. Infatti, 2/3 dei maschi eterosessuali e oltre la metà delle femmine con nuova diagnosi HIV sono arrivati tardivamente alla diagnosi (CD4 < 350 cell/µL).

L’incidenza maggiore è tra i giovani tra 25 e 29 anni.

I dati evidenziano la bassa percezione del rischio e del pericolo HIV che si riflette nel numero elevato di rapporti sessuali non protetti.

Interventi urgenti per contrastare la diffusione dell’HIV

In occasione del Progetto Istituzionale “L’impatto della pandemia da Covid-19 sulla salute dei pazienti: l’esempio dell’HIV”, promosso da SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali), organizzato da Aristea International con il contributo non condizionante di Gilead Sciences, Barbara Suligoi, direttore Centro Operativo AIDS Dipartimento Malattie Infettive, ISS, e Marcello Tavio, presidente SIMIT hanno evidenziato le urgenze che si sono palesate alla luce dei dati presentati:

  • agevolare l’accesso al test HIV, (test rapidi, strutture sanitarie, laboratori mobili, farmacie), in pieno anonimato,
  • garantire l’assistenza alle persone HIV-positive specialmente in presenza di comorbidità che necessitano di un management multidisciplinare,
  • rinnovare il sistema di raccolta dati attualmente esistente con un sistema moderno standardizzato ed informatizzato,
  • promuovere campagne informative mirate, specialmente ai giovani, soprattutto sull’importanza dell’uso del profilattico,
  • creare e rafforzare una rete infettivologica nazionale, una squadra, che metta in contatto istituzioni, amministrazioni locali, Medici di famiglia, specialisti infettivologi, community dei pazienti,
  • portare gli infettivologi sul territorio a fianco del Medico di Medicina Generale, puntando su di un modello meno caratterizzato dall’ospedale.

Conseguenze della pandemia da COVID-19 sui pazienti cronici e HIV positivi

Tra gli effetti più significativi della pandemia di Covid-19 c’è il sovraffollamento degli ospedali che, unito al rischio di contrarre l’infezione da Sars-CoV-2, ha interrotto trattamenti per altre patologie, rallentato operazioni di screening e scoraggiato visite ed esami specialistici.

L’HIV oggi si può controllare e il paziente può godere di una qualità di vita molto simile a quella della popolazione generale. Si può inoltre ridurre la viremia fino ad azzerare il rischio contagio. I dati però evidenziano che il ritardo della diagnosi resta un problema irrisolto. Il rallentamento di test, screening e visite nel 2020 rischia di acuire ulteriormente questo fenomeno. Le conseguenze potrebbero essere di concreta gravità considerate la fragilità di questi pazienti e le comorbidità.