Comunicare la sicurezza nell’era digitale: un nuovo modello per i materiali educazionali

L’evoluzione normativa europea e le buone pratiche internazionali spingono il sistema italiano a ripensare radicalmente la gestione dei materiali educazionali (ME) e delle Note Informative Importanti (NII). Al 64° Simposio AFI emergono proposte concrete per costruire un modello più efficace, sostenibile e centrato sui bisogni di medici e pazienti

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Nel 2024, cinque grandi aziende farmaceutiche operanti in Italia hanno distribuito 8,7 milioni di fogli cartacei relativi a materiali educazionali (ME) e Note Informative Importanti (NII), equivalenti a 43,6 tonnellate di carta.
Un dato che da solo basterebbe a inquadrare l’urgenza di un cambio di paradigma nella gestione della comunicazione del rischio, oggi sempre più legata a sostenibilità, efficienza e tracciabilità.
Ma la carta non è solo una questione ecologica: il vero nodo è la frammentazione informativa e la difficoltà, per operatori sanitari e pazienti, di accedere tempestivamente a contenuti chiari, aggiornati e affidabili.

Il contesto europeo: la revisione GVP XVI e il ruolo di EMA

Il 6 agosto 2024 è entrata in vigore la Revisione 3 del Modulo XVI delle Good Pharmacovigilance Practices (GVP), documento chiave dell’EMA per la gestione delle Risk Minimisation Measures (RMM). Il nuovo impianto normativo segna un cambio di passo: l’approccio alla farmacovigilanza diventa proattivo, evidence-based, centrato sull’efficacia e aperto all’integrazione con strumenti digitali, real-world data, mobile apps e notifiche personalizzate. Particolare enfasi viene posta sulla comunicazione del rischio ai pazienti, anche in contesti di bassa alfabetizzazione sanitaria o digital divide.

Consulta le GVP

Il caso italiano: un sistema da ripensare

In Italia, il modello di gestione delle NII e dei ME risente di un doppio scollamento: da un lato tra le direttive europee e le modalità attuative locali; dall’altro, tra i bisogni reali di operatori sanitari e pazienti e la modalità con cui le informazioni vengono veicolate. Oggi manca un repository istituzionale unificato, e la pubblicazione dei materiali avviene su siti frammentati, in formati disomogenei (spesso Excel), con invii telematici o cartacei parziali e una scarsa capacità di monitoraggio. Il risultato? Rischi di obsolescenza informativa, ridondanza, scarsa accessibilità e limitata tracciabilità.

La comparazione internazionale: buone pratiche da cinque Paesi

Per superare l’impasse, un gruppo di lavoro coordinato da AFI ha analizzato le best practice in cinque Paesi europei (Finlandia, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna) e condotto interviste con gli stakeholder del sistema italiano. I modelli più avanzati si fondano su:

  • Coordinamento tra titolari AIC per comunicazioni unificate per lo stesso principio attivo.
  • Pittogrammi codificati (es. Blaue Hand in Germania) e formati standard riconoscibili.
  • Repository centrali istituzionali, integrati nei sistemi IT ospedalieri e territoriali.
  • Canali digitali prioritari, con stampa on-demand e analytics sull’utilizzo.
  • Newsletter periodiche per aggiornare tempestivamente gli HCP.

I bisogni del sistema Italia: chiarezza, uniformità, accessibilità

Le interviste condotte nel progetto AFI evidenziano un quadro chiaro.
I bisogni principali sono:

  • Riconoscibilità immediata dei materiali, per distinguerli da quelli promozionali.
  • Contenuti chiari, targetizzati e sintetici, comprensibili anche per i pazienti.
  • Presenza attiva del personale di territorio, come ponte tra azienda e operatori sanitari.
  • Ruolo centrale dei medici nella spiegazione dei materiali, soprattutto verso i pazienti.
  • Repository aggiornato e integrato nei sistemi informativi clinici.
  • Formazione continua di operatori e associazioni pazienti.

La proposta: verso un nuovo modello italiano

Il Think Tank conclusivo del progetto ha tracciato le linee guida per costruire un nuovo modello italiano. I pilastri fondamentali sono:

  • Repository istituzionalizzato, gestito da AIFA o ente delegato, con caricamento diretto da parte delle aziende titolari AIC, dotato di strumenti di ricerca avanzata, funzionalità di stampa e richiesta copie cartacee, QR code per accedere alla versione aggiornata, newsletter automatizzate e analytics.

  • Linee guida grafiche comuni, con uso di pittogrammi, colori identificativi, numerazione delle versioni, logo AIFA e executive summary sintetico.

  • Integrazione nei sistemi IT sanitari, con alert contestuali alla prescrizione e accesso immediato alla documentazione di rischio.

  • Iniziative locali per l’uso compassionevole, con processi approvativi semplificati per materiali pre-AIC.

  • Percorsi formativi strutturati, sia per HCP che per pazienti, in collaborazione con le associazioni di categoria.

Il punto di vista di AIFA: equilibrio tra innovazione e inclusione

Nel suo intervento al Simposio, Giovanni Diana (AIFA) ha sottolineato come il nuovo GVP XVI richiami le autorità nazionali a un ruolo più attivo, pur nel rispetto della flessibilità necessaria a bilanciare innovazione e accessibilità. La digitalizzazione deve essere accompagnata da una valutazione puntuale dei rischi: non sempre, infatti, la sola dematerializzazione garantisce efficacia comunicativa, soprattutto in assenza di formazione e tracciabilità. La sicurezza del paziente resta il fine ultimo, e ogni tecnologia deve essere valutata rispetto alla sua capacità di favorire la comprensione, la fruizione e l’adozione consapevole delle azioni previste.

Oltre il digitale: la centralità del fattore umano

Il progetto AFI riconosce che la digitalizzazione è solo uno strumento. La comprensione dei materiali di sicurezza passa anche dalla relazione umana: la spiegazione del medico, il ruolo del farmacista, il supporto del personale di territorio restano determinanti per trasformare l’informazione in comportamento. È questa la chiave per un’efficace minimizzazione del rischio: costruire una rete di comunicazione affidabile, visibile e viva, che tenga insieme tecnologia, competenze e prossimità.