Biosimilari e real world: serve un tavolo con le Regioni

All’evento IBG-Egualia del 7 luglio, dati e proposte per un uso più equo ed efficace dei biosimilari. Le evidenze real world confermano il valore clinico, ma il sistema resta frammentato. Appello a un tavolo istituzionale per superare le disuguaglianze

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Nel 2024, per la prima volta, le 20 molecole biosimilari disponibili in Italia hanno raggiunto una quota del 51,2% sui consumi nazionali complessivi. È il dato-simbolo con cui si è aperto l’evento annuale dell’Italian Biosimilar Group (IBG) promosso da Egualia a Roma, intitolato significativamente “Il ruolo dei farmaci biosimilari: un’opportunità di valore”. Tuttavia, dietro il dato nazionale si cela una realtà complessa, dove le disparità territoriali rappresentano uno dei nodi più critici per l’equità di accesso alle cure.

Se in Regioni come Marche (69,9%), Liguria (67%), Piemonte e Valle d’Aosta (65,3%) e Umbria (63%) i biosimilari hanno superato la soglia del 60% di adozione, in altre realtà l’accesso è ben al di sotto della media nazionale. In Sardegna, ad esempio, si registra appena il 34,2%, in Lombardia il 35,8% e in Calabria il 39,7%. Differenze che, a parità di molecola e indicazione terapeutica, riflettono non un diverso bisogno clinico, ma una frammentazione organizzativa e regolatoria (Report dell’Ufficio studi Egualia sul Mercato italiano dei biosimilari nel 2024).

VALORE e VULCANO: il dato come leva politica

A portare sul tavolo evidenze concrete ci ha pensato Gianluca Trifirò (ecco la sua presentazione), ordinario di Farmacologia all’Università di Verona, illustrando i risultati del progetto VALORE: uno studio real world su oltre 340.000 pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche autoimmuni, in trattamento con biologici originator o biosimilari. Finanziato da AIFA, il progetto ha coinvolto 16 Regioni italiane e dimostrato che i biosimilari garantiscono pari efficacia clinica rispetto agli originatori, con vantaggi anche in termini di riduzione dell’uso di cortisonici, antibiotici e ospedalizzazioni.

«Il dato più interessante – ha sottolineato Trifirò – riguarda i multipli switch tra originator e biosimilari: il 10% dei pazienti torna all’originator dopo il primo passaggio. È un segnale di scarsa informazione o di timori non fondati che meritano attenzione, perché possono compromettere l’aderenza e generare costi evitabili». In risposta, partirà ora il progetto VULCANO, sempre con il sostegno di AIFA, che punta a costruire una grande infrastruttura nazionale di farmacovigilanza, integrando Regioni, clinici, ricercatori, associazioni di pazienti e decisori politici.

IQVIA: 1,7 miliardi all’anno a rischio

Dal lato del mercato, le analisi di IQVIA — presentate da Marco Travaglio e Francesca Poma (qui la loro presentazione) e Isabella Cecchini (slides) — evidenziano un’altra criticità di sistema: il rischio di mancati risparmi a causa dell’assenza di pipeline biosimilari. Il 75% dei farmaci biologici che andranno in scadenza entro il 2032 non ha oggi alcun biosimilare in sviluppo. In termini economici, ciò significa un potenziale buco di 15 miliardi di euro a livello europeo, di cui 1,7 miliardi annui solo in Italia.

IQVIA ha anche analizzato le dinamiche di accesso e percezione, rilevando un aumento della discussione online intorno ai biosimilari, ma anche la persistenza di narrazioni ambigue o sfavorevoli. «Dobbiamo fare cultura, anche digitale — ha spiegato Cecchini — per garantire che il paziente si senta parte attiva del percorso terapeutico, senza paure indotte da informazioni scorrette o incomplete».

L’intercambiabilità secondo EMA (e secondo i clinici)

Tema caldo, ancora una volta, l’intercambiabilità. La posizione dell’EMA è chiara: i biosimilari approvati possono essere considerati intercambiabili con l’originatore, se abbinati a una solida sorveglianza post-marketing. Una posizione confermata anche a livello nazionale da AIFA, ma che incontra ancora resistenze nella pratica clinica.

Matteo Rinaldi, coordinatore di IBG, ha richiamato la Legge 232/2016: «È una norma equilibrata che riconosce il ruolo del medico prescrittore. L’intercambiabilità non deve diventare automatismo, ma essere frutto di una scelta consapevole e condivisa. Stravolgere questo modello significherebbe compromettere la fiducia dei pazienti e la sostenibilità del sistema».

Secondo Rinaldi, l’Italia rappresenta oggi un caso di studio virtuoso a livello europeo proprio grazie a questa sintesi tra libertà prescrittiva, evidenza scientifica e concorrenza tra player industriali.

Il nodo della governance: la 232/2016 sotto osservazione

Proprio la Legge 232/2016 è al centro del dibattito politico. Il presidente di Egualia, Stefano Collatina, ha denunciato un’applicazione distorta in molte Regioni, dove l’aggiudicazione di gara al primo classificato diventa automatismo prescrittivo. «Questo non solo limita la concorrenza — ha detto — ma compromette la sostenibilità futura del sistema e crea le condizioni per le carenze. La legge va applicata nel suo spirito originario, non aggirata».

Per questo, Egualia ha chiesto ufficialmente l’istituzione di un tavolo tecnico permanente presso la Commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni. L’obiettivo: armonizzare le politiche di accesso, condividere best practice tra Regioni e garantire ai pazienti le stesse opportunità, ovunque si trovino.

Un cambio di passo necessario (e possibile)

Il Sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, ha raccolto l’invito: «I biosimilari sono uno strumento formidabile per ridurre le disuguaglianze e garantire l’equità del SSN. Ma dobbiamo considerarli un investimento, non un costo da tagliare. Ogni euro risparmiato grazie a un biosimilare può essere reinvestito in innovazione, ricerca e assistenza territoriale».

Per il Governo, la sfida non è solo tecnica ma culturale: aumentare la consapevolezza tra medici, pazienti e cittadini sul valore di questi farmaci, rafforzare la fiducia, trasformare l’appropriatezza prescrittiva in una leva strutturale.

Un patto per il futuro

Il quadro che emerge dal convegno è chiaro. L’Italia dispone di evidenze solide, di esperienze regionali positive, di una cornice normativa valida. Ma serve una governance più coerente e unitaria. I biosimilari sono ormai una realtà consolidata: il loro valore si misura non solo in termini economici, ma anche in termini di salute pubblica, equità e sostenibilità.

In un sistema sanitario sotto pressione, ogni leva efficace va utilizzata appieno. E i biosimilari, oggi, lo sono.

L’incontro Egualia del 7 luglio 2025 ha lanciato un messaggio forte: è tempo di costruire, con dati alla mano, un nuovo patto tra Regioni, clinici, istituzioni e pazienti.