
Con l’introduzione delle nuove tariffe doganali da parte degli Stati Uniti, il settore farmaceutico si trova in una posizione delicata, tra opportunità e incertezze. L’ordine esecutivo firmato dal presidente Donald Trump il 2 aprile ha escluso, per ora, i prodotti farmaceutici dall’imposizione di dazi generali, ma non sono del tutto scongiurati gli impatti indiretti che potrebbero emergere, specialmente per la filiera produttiva e le catene di approvvigionamento internazionali.
Le esenzioni e le aree grigie
Una delle buone notizie per il settore farmaceutico è che l’ordine esecutivo specifica che le medicine non saranno soggette a tariffe aggiuntive. Tuttavia, l’assenza di chiarezza sui principi attivi farmaceutici (API) solleva preoccupazioni. I principi attivi, fondamentali per la produzione di farmaci, potrebbero essere inclusi in future misure protezionistiche, specialmente se provenienti da paesi con forti squilibri commerciali con gli Stati Uniti, come Cina e India. Questi paesi, infatti, sono tra i maggiori produttori di API a livello mondiale, e l’imposizione di dazi su tali componenti potrebbe tradursi in un aumento dei costi per le aziende farmaceutiche americane e per quelle europee che importano tali materie prime.
Daphne Norberg, analista di European Pharmaceutical Trade Alliance, ha osservato che “una rilevante interruzione nelle forniture di principi attivi potrebbe compromettere la capacità di produzione degli Stati Uniti, soprattutto nel settore delle terapie salvavita, che dipendono da materie prime provenienti dall’Asia.”
Autorizzazioni e nuovi medicinali: confronto tra FDA ed EMA
Nel 2024, la FDA statunitense ha approvato 50 nuovi farmaci con nuove sostanze attive, mentre l’EMA europea ne ha autorizzati 46. Questo indica una leggera prevalenza dell’FDA nel numero di nuove approvazioni, sottolineando l’importanza del mercato statunitense per le aziende farmaceutiche europee.
Impatto su catene di approvvigionamento globali
Il settore farmaceutico, tra i più globalizzati, si affida a un ampio network di fornitori in tutto il mondo. La situazione attuale potrebbe portare a un ingolfamento delle catene di approvvigionamento, con ritardi nelle spedizioni, costi logistici più alti e una sovraccarico burocratico dovuto all’introduzione di nuove regolamentazioni doganali. A fronte di un mercato che già soffre per le sfide legate alla pandemia, la crescente incertezza politica potrebbe esacerbare i rischi legati alla sicurezza dell’approvvigionamento farmaceutico, come sottolineato anche da John C. Reynolds, CEO di Global Medics Supply.
Reynolds ha spiegato che “se i dazi venissero estesi a API e prodotti intermedi, ci troveremmo di fronte a una vera e propria crisi di approvvigionamento che colpirebbe in particolare i farmaci generici, settore in cui Stati Uniti e Europa sono pesantemente dipendenti dalle importazioni.”
Un mercato in tensione: gli Stati Uniti come mercato chiave
Gli Stati Uniti sono uno dei mercati farmaceutici più grandi e cruciali per le aziende globali. Se da un lato il settore farmaceutico è stato escluso dai dazi diretti, l’introduzione di tariffe su altri settori correlati, come materie prime industriali e componentistica elettronica (utilizzata nella produzione di dispositivi medici), potrebbe comunque influire negativamente sulla competitività delle aziende farmaceutiche a stelle e strisce.
Christopher A. Bartlett, professore di economia globale all’Università di Boston, ha dichiarato: “Le tariffe indirette che colpiscono i settori della tecnologia e dei materiali fondamentali per l’industria farmaceutica potrebbero far lievitare i costi di produzione e ricadere in ultima analisi sui consumatori statunitensi, con un conseguente aumento dei prezzi dei farmaci.”
Dati sull’importazione ed esportazione Farmaceutica tra UE e USA
Secondo Eurostat, nel 2023, l’Unione Europea ha esportato prodotti medicinali e farmaceutici per un valore di €277 miliardi verso paesi extra-UE, con gli Stati Uniti come principale destinatario, rappresentando il 33,2% (€92 miliardi) delle esportazioni totali. Nello stesso anno, le importazioni dell’UE in questo settore sono state di €119 miliardi, evidenziando un surplus commerciale significativo di €158 miliardi.
Un passo verso l’autosufficienza? Le voci critiche
Da Washington giungono segnali contrastanti rispetto alle politiche a lungo termine del governo Trump in relazione alla farmaceutica. Se, da un lato, l’amministrazione ha cercato di minimizzare i danni alle aziende farmaceutiche, non mancano voci interne che spingono per un aumento dell’autosufficienza nella produzione di farmaci critici. Il Department of Health and Human Services (HHS) ha recentemente avviato un’iniziativa volta a ridurre la dipendenza da fornitori esteri, puntando su una produzione domestica di principi attivi e prodotti finiti.
Tuttavia, l’implementazione di politiche che mirano a “riprendersi la produzione” potrebbe entrare in collisione con le politiche di apertura dei mercati globali a cui il settore farmaceutico è abituato da decenni.
Il futuro: possibili soluzioni e dialogo
Mentre il mercato statunitense naviga verso un futuro incerto, la Commissione Europea sta già preparando una serie di contromisure per salvaguardare il settore. Ursula von der Leyen ha annunciato l’intenzione di avviare un dialogo strategico con gli Stati Uniti per evitare l’aggravarsi delle tariffe sulle materie prime e sui farmaci generici, senza dimenticare la necessità di tutelare le piccole e medie imprese che potrebbero risentire maggiormente dei dazi.
Allo stesso tempo, le principali organizzazioni internazionali del settore farmaceutico, come l’International Pharmaceutical Manufacturers Group (IPMG), stanno esaminando l’opportunità di spingere per soluzioni globali attraverso il WTO, al fine di evitare che la crescente instabilità commerciale penalizzi l’accesso ai farmaci e ostacoli la distribuzione di terapie salvavita a livello globale.
Il futuro del settore farmaceutico, quindi, dipenderà in gran parte dalla capacità delle istituzioni internazionali di negoziare e mediare tra le esigenze di sovranità economica e la necessità di garantire l’accesso universale alle cure.
Strategie di produzione e implicazioni commerciali
Le aziende farmaceutiche europee adottano strategie di produzione diversificate per servire il mercato statunitense. Ad esempio, Sanofi e Novartis possiedono impianti produttivi sia in Europa che negli USA, permettendo loro di mitigare i rischi legati a dazi e interruzioni della supply chain. Al contrario, aziende con una presenza produttiva meno significativa negli USA potrebbero affrontare maggiori sfide in caso di tensioni commerciali.
Inoltre, l’EMA ha annunciato l’espansione della sua politica di pubblicazione dei dati clinici per includere tutte le nuove domande di autorizzazione all’immissione in commercio a partire dal secondo trimestre del 2025. Questa mossa mira a migliorare la trasparenza e potrebbe influenzare le strategie di approvazione dei farmaci da parte delle aziende farmaceutiche.