Il dato è chiaro: con un fatturato stimato tra i 4,5 e i 5,2 miliardi di euro e più di 200 milioni di confezioni vendute nel 2024, l’Italia è il primo mercato europeo degli integratori alimentari. Non si tratta solo di volumi: il consumo di integratori è ormai un fenomeno radicato nelle abitudini di oltre 30 milioni di italiani, che li considerano un supporto quotidiano alla salute.
Dietro questa leadership si intravede un intreccio di fattori culturali, professionali e industriali che spiegano perché l’Italia si distingua rispetto ad altri Paesi UE.
L’integratore come pratica culturale
Gli integratori alimentari, oggi esposti in migliaia di confezioni sugli scaffali delle farmacie, hanno antenati illustri. Dalle erbe officinali dei monasteri medievali alle tisane delle nonne, l’idea che la natura potesse integrare ciò che mancava all’organismo ha attraversato i secoli. Quello che ieri era rimedio popolare, oggi è diventato un comparto industriale da oltre 5 miliardi di euro l’anno, che vede l’Italia al vertice europeo.
In Italia l’integratore, difatti, non è percepito come “farmaco di serie B” né come prodotto da banco da supermercato. È piuttosto parte di un percorso di cura preventiva e di benessere quotidiano, connotato da un approccio culturale positivo. L’80% dei consumatori ha una percezione corretta del ruolo dell’integratore – complemento alla dieta e allo stile di vita, non sostitutivo.
Questa consapevolezza non è uniforme in Europa: in Germania e Francia, per esempio, l’acquisto è spesso legato a specifiche necessità cliniche o a canali diversi dalla farmacia, con minore valenza preventiva.
La farmacia come hub della prevenzione
Se c’è un attore che fa la differenza, è la farmacia. In Italia il 76% delle vendite avviene in questo canale. Non è solo questione di logistica: è la credibilità del farmacista a spingere il consumo consapevole. Oltre il 70% degli italiani dichiara di seguire i consigli di farmacisti e medici nella scelta dell’integratore.
Questo colloca le farmacie in una posizione strategica: non solo distributori, ma veri hub della prevenzione. Per l’industria farmaceutica significa investire in formazione, materiali educativi e strumenti digitali che supportino il consiglio professionale.
Innovazione e offerta: la spinta della filiera
Il 2024 ha visto il lancio di 4.000 nuove referenze. La spinta innovativa riguarda sia la formulazione (vitamine, probiotici, integratori per ossa e articolazioni, prodotti per energia e difese immunitarie) sia il format di somministrazione (capsule, bustine, stick, ma anche soluzioni più hi-tech).
La competizione è serrata: multinazionali, PMI italiane molto attive, startup biotech che introducono soluzioni legate al microbioma o alla personalizzazione. Il primato italiano è anche un effetto della vitalità di questo tessuto industriale, che ha saputo intercettare la domanda di salute e benessere.
Perché proprio l’Italia
La risposta non è solo economica. In Italia, il concetto di prevenzione si è intrecciato con la cultura del benessere diffusa dagli anni Ottanta in poi. L’idea che si possa “rafforzare” il corpo prima di ammalarsi è entrata nelle abitudini quotidiane. Non a caso, le motivazioni più frequenti per l’acquisto sono difese immunitarie, energia, salute delle ossa e delle articolazioni.
Ma c’è anche un elemento di fiducia: il farmacista. Figura di prossimità e di autorevolezza scientifica, è spesso lui a consigliare la scelta dell’integratore, al pari del medico. Questo legame fiduciario, più forte che altrove, spiega perché il mercato italiano abbia assunto dimensioni record.
Il boom non sarebbe stato possibile senza un’industria capace di innovare. Solo nel 2024 sono arrivate sul mercato 4.000 nuove referenze: vitamine, probiotici, integratori “funzionali” legati al microbioma, formulazioni studiate per sportivi, anziani o donne in menopausa. Accanto ai colossi internazionali, operano decine di aziende medie italiane, spesso molto flessibili e creative, che esportano modelli anche fuori confine.
Confronto europeo: cosa rende l’Italia diversa
Nel confronto con l’Europa emergono alcune peculiarità:
- Consumo pro capite più alto: gli italiani acquistano integratori con frequenza superiore rispetto alla media europea.
- Distribuzione più medicalizzata: la farmacia domina, mentre in altri Paesi cresce la grande distribuzione.
- Cultura della prevenzione: in Italia gli integratori sono percepiti come parte di uno stile di vita salutare, non come rimedio occasionale.
- Offerta frammentata ma innovativa: un tessuto di imprese medio-piccole affianca i big pharma, creando un ecosistema variegato.
Il primato italiano, tuttavia, non è scolpito nella pietra. La Commissione europea lavora da tempo a un’armonizzazione delle regole sui claim e sulla sicurezza, che potrebbe ridurre i margini di manovra del marketing italiano. Inoltre, la diffusione crescente dell’e-commerce in Paesi come Germania e Olanda mostra che il canale farmacia non è l’unico modello possibile.
L’Italia dovrà dunque difendere la sua leadership adattando il proprio ecosistema industriale e distributivo a scenari più digitali e normativamente uniformati.
Implicazioni per la filiera pharma
Per i professionisti della filiera, questo scenario porta con sé opportunità e criticità:
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Governance regolatoria – L’Italia, pur prima in Europa, deve confrontarsi con normative comunitarie che puntano a standardizzare definizioni e claim. Le aziende devono bilanciare marketing e compliance.
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Posizionamento competitivo – Essere leader implica proteggere il primato da nuove dinamiche di e-commerce e dall’ingresso aggressivo di player internazionali.
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Integrazione digitale – Telemedicina, app di monitoraggio e personalizzazione della nutrizione aprono nuovi canali di relazione con i pazienti-consumatori.
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Valorizzazione dei dati real world – Tracciare consumo, aderenza e outcome clinici degli integratori potrebbe diventare un asset strategico, replicando dinamiche già viste nel pharma.
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Cultura e formazione – Mantenere la fiducia del consumatore significa rafforzare la figura del farmacista come consigliere scientifico.
Uno sguardo al futuro
La traiettoria è chiara: crescita costante, maggiore sofisticazione dell’offerta, consumatore sempre più informato. Ma la vera sfida sarà trasformare la leadership di mercato in leadership di modello.
L’Italia può diventare laboratorio europeo per una integrazione virtuosa tra prevenzione, innovazione e professionalità. Per l’industria, questo significa passare da un approccio opportunistico a una strategia di lungo periodo che valorizzi l’integratore come tassello della medicina preventiva.