Nonostante le numerose sfide all’orizzonte, le previsioni dei professionisti sul futuro delle life science restano positive. È quanto emerge dal “2025 Life Sciences Outlook” pubblicato da Deloitte, il documento che combina interviste a C-level, sondaggi quantitativi e analisi di mercato per disegnare una panoramica dettagliata delle prospettive del settore.
Secondo il report, le limitazioni ai prezzi di vendita, il patent cliff e le preoccupazioni per le modifiche normative internazionali non sembrano scalfire più di tanto l’ottimismo dei dirigenti, che continuano a proporre una visione decisamente positiva per il futuro delle loro aziende e del comparto nel suo complesso.
“Sono straordinariamente ottimista per il futuro. È necessaria una strategia per trarre vantaggio da come sarà il futuro. È questo che differenzierà le aziende nei prossimi anni”
Evan Lippman, Chief Corporate Development and Strategy Officer di Alnylam Pharmaceuticals
Le sfide non mancano
I dirigenti intervistati considerano prezzi e accesso a farmaci e dispositivi medici la principale sfida per il settore delle scienze della vita. Quasi la metà (47%), infatti, ritiene che questi aspetti saranno quelli di maggior impatto sulle strategie del 2025, con un ulteriore 49% che prevede comunque una loro influenza, sebbene più moderata.
Si tratta di un leggero miglioramento rispetto ai risultati raccolti da Deloitte nello scorso anno quando le preoccupazioni per le conseguenze dell’entrata in vigore negli USA dell’Inflation reduction act (IRA) e dei PDAB (Prescription drug affordability boards, introdotti da diversi Stati americani per contenere il prezzo dei farmaci) avevano indotto il 58% degli intervistati a temere un “grande impatto” sulle loro organizzazioni.
Brevetti in scadenza
Anche la competizione dei farmaci generici e biosimilari è un fattore che condizionerà il futuro del settore, almeno per il 37% del campione, cui si aggiunge un 30% che considera il patent cliff una fonte di preoccupazione rilevante.
Dall’analisi dei dati di EvaluatePharma emerge che il settore biofarmaceutico rischia di perdere oltre 300 miliardi di dollari in vendite entro il 2030 a causa della scadenza di brevetti su prodotti di punta. Questo scenario potrebbe favorire un aumento delle fusioni e acquisizioni già nell’anno in corso, una possibilità prevista dal 77% dei dirigenti.
Anche gli sviluppi normativi in corso in Europa su trial clinici e sostenibilità richiederanno adattamenti significativi. L’83% dei dirigenti non statunitensi prevede che il Corporate sustainability reporting directive (la normativa dell’Unione Europea che richiede alle aziende di fornire informazioni dettagliate sulle loro performance in materia di sostenibilità ambientale, sociale e di governance) avrà un impatto rilevante sulle strategie aziendali.
Ricerca e sviluppo
Questo scenario influenzerà enormemente le operazioni di R&D. La ricerca e sviluppo rimane un pilastro fondamentale del settore ma il calo generale della produttività di questa attività preoccupa gli operatori. Circa il 40% degli intervistati ha evidenziato la necessità di potenziarne l’efficienza per contrastare la diminuzione dei rendimenti. Ill 56% dei dirigenti biofarmaceutici pensa anche che le loro organizzazioni dovranno ripensare le strategie di ricerca e sviluppo nei prossimi 12 mesi.
Le aziende stanno affrontando questo problema attraverso diverse strategie ma le più accreditate sono la riorganizzazione delle pipeline per concentrarsi su candidati ad alto potenziale (soprattutto nelle terapie geniche e cellulari come CAR-T e CRISPR) e l’adozione di nuove tecnologie digitali. Quest’ultimo fattore viene considerato promettente per far fare un salto di qualità ai tradizionali processi di ricerca e sviluppo, spesso lenti e con tassi di fallimento che possono raggiungere il 90%. In particolare, alcune aziende biofarmaceutiche stanno provando a valorizzare il contributo di AI e i gemelli digitali. Sanofi, ad esempio, utilizza digital twins e programmi di intelligenza artificiale per testare i nuovi candidati farmaci durante le prime fasi di sviluppo riducendo da settimane a ore i tempi per ottenere risultati.
Il cuore (digitale) della trasformazione
Secondo il rapporto, gli investimenti in AI potrebbero generare un valore aggiunto pari all’11% del fatturato, grazie a risparmi nei costi di ricerca e sviluppo, miglioramenti nell’efficienza operativa e ottimizzazioni nei processi decisionali.
In particolare, il 60% dei dirigenti del settore identifica la Gen-AI come una delle tendenze più rilevanti e una percentuale identica prevede di aumentare gli investimenti per applicare questa tecnologia lungo tutta la catena del valore, “il che suggerisce che le aziende stanno andando oltre i progetti pilota iniziali e stanno cominciando a realizzare un valore sostanziale dall’adozione di queste tecnologie su scala”.
Nuove opportunità di mercato
Sebbene negli ultimi vent’anni molte aziende biofarmaceutiche abbiano ridimensionato i loro portafogli di prodotti di medicina generale per concentrarsi sullo sviluppo di trattamenti per malattie rare e specialistiche, una small molecule sta rivitalizzando il comparto. Si tratta dei farmaci GLP-1 utilizzati per trattare l’obesità, il cui potenziale mercato, stimato in 200 miliardi di dollari, sta attirando l’attenzione di molte aziende. Secondo Deloitte, “il successo di questi farmaci potrebbe anche ridurre la domanda di dispositivi medici e procedure chirurgiche legate a obesità e diabete, ridisegnando l’intero ecosistema sanitario”.