Professioni in transizione: sfide e opportunità nel Sistema Sanitario Nazionale

La presentazione del 3° Rapporto sulla Salute e il Sistema Sanitario ha messo in luce una serie di criticità e trasformazioni che coinvolgono il personale sanitario, evidenziando l'urgenza di affrontare problematiche sistemiche che minano la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

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Nella mattinata del 16 dicembre è stato presentato a Roma, presso il Museo Ninfeo, il 3° Rapporto sulla Salute e il Sistema Sanitario. Il quadro emerso durante la presentazione non è incoraggiante: tra i vari elementi dibattuti, sicuramente il benessere del personale è uno dei punti chiave da indagare e sanare, al fine di rendere il SSN sostenibile da un punto di vista di governance.

La decrescita del personale sanitario

Dal 2008, la tendenza espansiva del personale medico e infermieristico registrata tra il 1978 e il 2007 ha subito un’inversione, principalmente a causa di scelte politiche ed economiche volte al contenimento della spesa pubblica. La progressiva riduzione del personale è accompagnata da un turnover sempre più basso: nel 2014, venivano assunti solo 80 dipendenti ogni 100 uscenti; nel 2015, 70 su 100; e nel 2017 il rapporto era di 98 su 100. Questo trend ha comportato un incremento dell’età media dei lavoratori del SSN e una riduzione dell’incidenza della spesa per il personale dipendente, passata dal 31,4% al 30,1% della spesa sanitaria totale tra il 2014 e il 2017.

A questa dinamica si aggiunge l’incremento del lavoro flessibile. Nel 2018, il comparto sanitario rappresentava il 45% delle unità annue a tempo determinato nella Pubblica Amministrazione. Questo precariato è ulteriormente aumentato tra il 2019 e il 2022, con un incremento del 44,6% degli incarichi a tempo determinato. Nel dicembre 2022, il personale dipendente del SSN ammontava a 625.282 unità, in lieve crescita rispetto all’anno precedente, ma con un sempre maggiore ricorso a contratti non stabili.

Conseguenze sul benessere del personale

La carenza di personale stabile e il sovraccarico di lavoro hanno contribuito a un diffuso senso di disaffezione tra i lavoratori del SSN. Secondo una survey della Federazione dei medici internisti ospedalieri, il 52% dei medici e il 45% degli infermieri riferiscono di essere in burnout. Le difficoltà di conciliazione tra vita professionale e privata accentuano il problema, con un’incidenza del disagio che è più che doppia tra le donne.

Un ulteriore elemento di criticità è rappresentato dall’aumento delle aggressioni agli operatori sanitari, che coinvolgono circa 18.000 professionisti ogni anno. Le donne segnalano i due terzi degli episodi di violenza, con gli infermieri e i medici che rappresentano le categorie più colpite. Pronto soccorso e reparti di degenza sono i setting più a rischio, con gli aggressori che sono spesso gli stessi pazienti o i loro familiari.

Retribuzioni e competitività

Le retribuzioni del personale sanitario italiano sono significativamente inferiori rispetto alla media dei paesi OCSE. I medici specialisti percepiscono un reddito annuo inferiore del 22% rispetto alla media internazionale, con differenze marcate rispetto a paesi come Svizzera, Olanda e Germania. Anche gli infermieri ospedalieri registrano una penalizzazione simile. Questi divari retributivi, uniti all’alto livello di burocrazia e alla mancanza di flessibilità, spingono molti operatori a lasciare il SSN per il settore privato o per opportunità all’estero.

Una professione in evoluzione generazionale

Il sistema sanitario sta vivendo un’importante transizione generazionale. Se la prima generazione di medici (Baby Boomers) era composta prevalentemente da uomini, le successive (Generazione X e Millennials) sono caratterizzate da una crescente femminilizzazione, una tendenza destinata a proseguire con la Generazione Z. Tuttavia, questo cambiamento genera nuovi equilibri e sfide, soprattutto in termini di aspettative professionali, flessibilità e mobilità lavorativa.

Nonostante il crescente numero di donne nel settore sanitario – oggi due terzi del personale sono donne – le posizioni dirigenziali e accademiche restano prevalentemente occupate da uomini. Nel 2022, solo il 19,2% dei primari era di sesso femminile e le professoresse ordinarie rappresentavano appena il 19,3% del totale. La presenza femminile è più concentrata nelle classi di età più giovani, ma persistono barriere strutturali che limitano la parità di opportunità.

Un SSN da rafforzare

Il Servizio Sanitario Nazionale è oggi impoverito nella sua risorsa più preziosa: il capitale umano. Per affrontare le sfide future, è necessario un cambiamento sistemico che passi attraverso:

  • Adeguamenti retributivi: allineare gli stipendi ai livelli europei per attrarre e trattenere talenti.
  • Miglioramento delle condizioni di lavoro: riduzione dei carichi e maggiore flessibilità.
  • Promozione della parità di genere: garantire pari opportunità di carriera.
  • Innovazione tecnologica: integrare le nuove tecnologie per migliorare la qualità delle cure.

Il SSN deve essere ripensato come un bene comune, capace di rispondere ai bisogni di salute della collettività e di valorizzare il lavoro di chi ne è il cuore pulsante: il Servizio Sanitario pubblico è attraversato da un cambiamento che sta avvenendo al suo interno, in termini generazionali e di genere e forse da questi temi si può ripartire per immaginare un futuro diverso per la Sanità.