Il rispetto di formalismi e codici di comportamento nel luogo di lavoro rappresenta un punto di estrema importanza. Aspetti fondamentali come l’identità aziendale e il senso di appartenenza dei dipendenti a una realtà più ampia rispetto al semplice gruppo di persone che vi lavorano sono legati a doppio filo alla condivisione di abitudini e simboli, logiche di interazione e tradizioni culturali.
Tuttavia, l’incombenza di sovrastrutture eccessivamente presenti nel day-by-day può irrigidire l’ambiente di lavoro e determinare la creazione di barriere al libero flusso di idee, anima della creatività, insinuando nei singoli un senso di inadeguatezza, rallentando processi e procedure e ostacolandone la stessa efficienza.
Come noto, nell’ambito della piramide dei bisogni teorizzata dallo psicologo Abraham Maslow nel 1954, la sicurezza è classificata al secondo livello, ovvero fra i bisogni primari, subito sopra le esigenze fisiologiche che costituiscono la base della figura. A questo proposito, sono stati introdotti nello stesso decennio i concetti di “psychological safety”, che coincide con la convinzione condivisa all’interno di un gruppo di lavoro di sentirsi al sicuro nel correre dei rischi di diverso tipo, e di “fearless organization”, con riferimento alle realtà aziendali che forniscono sicurezza psicologica alle proprie persone, un principio fondato sull’accettazione incondizionata dell’individuo e del suo valore.
Benessere psicologico, tra salute collettiva e profitto aziendale
Affinché le persone collaborino in prima persona in maniera proattiva alla realizzazione di una sinergia positiva, è essenziale che si sentano in primo luogo accettate dalla collettività in cui si muovono (inclusione) e in secondo luogo che percepiscano di essere libere di esprimersi, porre domande, sollevare dubbi (disponibilità).
Questo atteggiamento di apertura è importante anche ai fini della rilevazione di eventuali elementi critici relativamente al benessere psicologico di uno o più dipendenti, che richiedono adeguato monitoraggio e, quando indicata, l’istituzione di eventuali soluzioni specifiche. I dipendenti devono, infatti, essere messi in condizione di farsi avanti con proposte potenzialmente utili ai fini della performance aziendale (intese sia in termini di contributo alla costruzione di valore sia come tensione al miglioramento e sfida) così come di chiedere supporto se ne hanno bisogno. È proprio su questi punti che agiscono i protocolli di sicurezza psicologica messe in atto dalle organizzazioni attraverso una complessa rete di iniziative sia generali che personalizzate che hanno progressivamente attratto sempre più risorse negli ultimi anni.
Già in declino dal decennio scorso, dopo la pandemia il benessere psicologico del personale ha accentrato su di sé attenzioni e investimenti, legittimati dall’aumento dell’incidenza media di numerosi disturbi psicologici e psichiatrici e dalle complessità generate dallo smart working. Ad essere analizzati e sondati, non sono solo i comportamenti individuali, ma anche e soprattutto le relazioni interpersonali, all’interno delle strutture organizzative e dei singoli team di lavoro.
Far emergere ciò che non va per minimizzarne le conseguenze
Le prime due fasi sopra accennate, quelle relative all’inclusione e alla disponibilità, condividono più di un aspetto con la cultura dell’errore sviluppata e fatta propria dall’azienda.
Dipendenti che si sentono minacciati da possibili ritorsioni conseguentemente agli errori commessi tenderanno, infatti, a tenere nascosto qualsiasi sbaglio nel timore di essere giudicati inadeguati a ricoprire il ruolo che è stato loro affidato o di essere umiliati in pubblico con commenti imbarazzanti o denigratori. Inoltre, finiranno per chiudersi alla socialità, all’apprendimento e allo scambio professionale. Eventualità, queste, che riducono la trasparenza delle comunicazioni interne e la capacità di miglioramento, rallentano il flusso di informazioni, aumentano il rischio di propagazione di errori e costituiscono potenziali minacce alla credibilità aziendale.
Perché gli errori siano opportunamente metabolizzati, è necessario che la realtà aziendale si doti di norme e valori adeguati ai fini della loro processazione e sviluppi nel personale le necessarie competenze.
Soluzioni pratiche per gestire l’errore
Una raccomandazione caldeggiata dagli esperti di organizzazione e di gestione delle risorse umane è quella di riservare spazi dedicati nei quali è possibile occasionalmente discutere degli errori commessi nel corso di progetti particolarmente complessi con tutte le persone coinvolte, in modo che le rilevazioni emerse siano adeguatamente processate e ne siano tratte indicazioni utili a riformulare le procedure aziendali. Appuntamenti analoghi ma sistematici possono essere pianificati con regolarità per affrontare nel corso di colloqui i temi afferenti alla cultura dell’errore in senso più generale e di specifico interesse per un determinato gruppo in un determinato momento.
Prevedere incentivi collettivi per i team impegnati su progetti specifici appare come una valida soluzione per prevenire l’occultamento di eventuali errori, perché distoglie l’attenzione dal singolo per estenderla all’intero gruppo. Questa soluzione, tuttavia, si muove su un equilibrio molto delicato, che coinvolge l’esigenza di un riconoscimento personale da parte del dipendente che ha espresso una performance particolarmente brillante e della quale ha beneficiato la collettività delle persone impegnate. La mancata attestazione dei successi personali può, infatti, disincentivare gli slanci dei singoli.
L’organizzazione di eventi di team building opportunamente costruiti sulle esigenze della realtà aziendale e delle persone che sono chiamate a parteciparvi permette di creare momenti di condivisione che possono aiutare i dipendenti a entrare in contatto fra loro attraverso esperienze di gamification e a comprendersi meglio. Rafforzando la coesione del gruppo, queste iniziative lavorano anche nella direzione di incontrare bisogni importanti quali il senso di appartenenza.
Accanto a ciò, è possibile alimentare un dialogo continuo con il personale attraverso la programmazione di incontri one-to-one dedicati durante i quali un esperto interno o un consulente esterno hanno la possibilità di chiedere feedback in merito all’attività professionale e individuare eventuali elementi di criticità, ponendo in atto azioni mirate alla soluzione dei problemi connessi. La finalità di tali incontri è quella di costruire e tutelare il senso di sicurezza psicologica del dipendente, attraverso l’invito alla libera espressione personale e all’apertura nei confronti dell’incertezza.
Queste azioni si basano sul fatto che, in ossequio al celebre adagio, sbagliare è umano. L’errore è insito in tutte le azioni dell’uomo, potendo essere prevenuto ma non azzerato il rischio che si verifichi. Occorre, tuttavia, prestare la massima attenzione a non eccedere nel processo di legittimazione dell’errore in quanto tale annullando la tensione positiva relativa alla prestazione. Il massimo impegno nella performance costituisce un elemento essenziale ai fini del raggiungimento di elevati standard di qualità e uno dei pilastri fondanti della corporate reputation.