Non è un cruciverba | Da verticale a orizzontale, come cambia l’organigramma

L’evoluzione del quadro sociale ed economico muove verso organizzazioni piatte e spinte centrifughe: come coniugare le esigenze di flessibilità con quelle di efficienza e coesione?

0
133

In passato erano la subordinazione e la segregazione delle responsabilità, con le risorse umane organizzate in aree di specializzazione e coordinate da un Head con funzioni precisamente delineate.

Poi, ahinoi o per fortuna, sono subentrate correnti parassite che hanno sovvertito gli ordini delle cose e non è stato più possibile continuare a rappresentare la realtà con gli schemi rigidi dell’organizzazione gerarchico-funzionale. La rapida evoluzione dei contesti, la volubilità dei mercati, l’evanescenza delle certezze che un tempo rappresentavano solidi riferimenti sono alla base del bisogno di semplificazione che viene avvertito da tempo anche nelle strutture aziendali.

In questi termini e su questi presupposti si è sviluppata la cosiddetta organizzazione orizzontale, quella in cui i livelli gerarchici sono appiattiti e ai gruppi di lavoro è delegata maggiore autonomia. Spinto al suo massimo livello di ottimizzazione, questo assetto assume la forma della learning organization, nella quale la tradizionale assegnazione dei compiti viene superata a favore della definizione, all’interno dei working team, di ruoli individuali che possano modificarsi nel tempo.

Local issues, global impact

Sembra una di quelle espressioni come “non ci sono più le mezze stagioni”: un luogo comune che fa sanguinare gli occhi di chi legge. Eppure, è proprio “colpa della globalizzazione”. 

Tutto (o quasi) il nostro mondo, nella sua disponibilità di strumenti e beni così come negli spauracchi che ripropone in sincopata successione, è il risultato di una gigantesca messa a fattor comune. Ciò è vero a partire dal punto di vista sanitario. Come ben sappiamo, e a nostre spese, i microorganismi non usano fermarsi ai confini nazionali, ma viaggiano comodamente e rapidamente su voli transcontinentali. Così come le emissioni di anidride carbonica non rimangono localizzate nello spazio aereo dei Paesi che le hanno generate, ma si delocalizzano anche ai danni degli elementi più virtuosi, neutralizzando molti degli sforzi da essi compiuti per tenerle a bada. 

È sull’onda delle minacce pandemiche e climatiche che ci assediano che abbiamo capito che la realtà chiede di essere decifrata, compresa e modellizzata tramite paradigmi nuovi. Non fanno eccezione gli organigrammi aziendali, formati da persone chiamate a interpretare lo specifico contesto di attività in cui operano e a rispondere alle relative esigenze. 

Meno subordinazione, più trust

Un secondo aspetto di cambiamento è rappresentato dall’esigenza di personalizzazione di prodotti e servizi, che implica la creazione di team trasversali dedicati in grado di realizzare la miglior sintesi possibile delle informazioni prodotte da ogni divisione. Superfluo, poi, il riferimento alla rapidità: occorre tener d’occhio i tempi di realizzazione sempre più risicati dei competitor e garantire quanto meno numeri confrontabili se non inferiori. Un obiettivo raggiungibile solo con il supporto di gruppi affiatati nei quali i componenti dialoghino fruttuosamente fra loro.

L’evoluzione verso il management orizzontale discende dalla necessità di garantire un’organizzazione più snella e, in definitiva, un più rapido flusso decisionale. L’appiattimento favorisce l’interazione fra i dipendenti e fra i diversi dipartimenti e assicura maggiore flessibilità e capacità di adattamento alle circostanze. Inoltre, riduce il numero dei controlli intermedi, promuovendo l’autonomia e l’indipendenza del team. 

Data la forma schiacciata della piramide, un ulteriore vantaggio è rappresentato dalla vicinanza fra base e vertice, che fa sentire il top management meno distante, abolendo il concetto di torre d’avorio che ha dominato il recente passato e potenziando l’engagement e la motivazione dei dipendenti. Lo scopo è quello di fare in modo che sia non tanto l’imposizione della gerarchia ad assicurare il rispetto di consegne e scadenze, quanto la fiducia reciproca che si stabilisce in un assetto di minore verticalità.

Problemi e come gestirli

Fino a qui solo plus. Ma sarà davvero così? Naturalmente no. In primis perché l’attribuzione delle responsabilità non più a livello individuale o all’interno di ristretti gruppi verticali ma estesa a team multidisciplinari può paradossalmente ridurre il commitment della singola persona. Si tratta di un aspetto strutturale insito nel tipo di organizzazione: se la responsabilità è delocalizzata, sarà molto più difficile per ogni risorsa capire quali sono gli ambiti di cui si deve interessare più da vicino e molto più facile che si verifichino sovrapposizioni con i colleghi. Ciò, in ultima analisi, aumenta il rischio di conflitti che, se non adeguatamente gestiti, possono minare la serenità del gruppo.

Occorre anche tenere presente che, laddove la responsabilità è estesa al team o comunque non confinata al singolo, anche critiche e riconoscimenti lo sono. Mentre per quanto riguarda le prime, l’assetto orizzontale rende le cose (apparentemente) più semplici, per i secondi si possono generare equivoci legati al fatto che tutti i membri della squadra intendono intestarsi il merito e che chi più rapidamente o più efficacemente si esprime a riguardo (ad esempio nei propri canali social) appare pubblicamente come il protagonista del successo. Per prevenire malintesi e riportare l’attenzione sul gruppo, diventa dunque indispensabile predisporre una attività di comunicazione aziendale attenta ed esaustiva che sappia produrre uno storytelling adeguato al contesto.

Non si deve dimenticare che le persone tendono istintivamente a condividere i meriti e a sfilarsi di fronte ai fallimenti: com’è noto, il successo ha molti padri mentre la sconfitta è orfana. Questo aspetto, ancorché richieda una sua specifica gestione, può tuttavia rappresentare un elemento di valutazione delle caratteristiche di leadership delle singole risorse. 

Come emerso nei passaggi precedenti, l’azienda orizzontale appare più adatta alle interazioni e, mediamente e se ben strutturata, porta a decisioni e azioni più rapide. Tuttavia, le interlocuzioni richieste per arrivare allo scopo potrebbero richiedere l’organizzazione di infinite serie di riunioni, ognuna delle quali focalizzata su un problema e ognuna delle quali generatrice, a sua volta, di ulteriori incertezze. Ciò può essere tollerato in una fase iniziale della gestione di un progetto, ma incompatibile con uno step più avanzato, che richiede una più spiccata tensione all’obiettivo e alla finalizzazione. Occorre, pertanto, che il team leader moduli l’interazione e ne favorisca la declinazione nelle varie forme, riservando all’organizzazione di incontri la frequenza ottimale.

Sotto pressione, meglio dosare l’orizzontalità

Occorre anche accertarsi che l’orizzontalità della struttura aziendale non penalizzi la visione complessiva: per poter gestire un organigramma piatto, l’amministratore delegato deve essere in grado di coordinare numerosi collaboratori e governare il rischio anarchico. In generale, la pressione sul top management è maggiore rispetto a quella caratteristica delle organizzazioni verticali, per le complessità nella coordinazione. A questo scopo, può essere utile accentrare alcune funzioni strategiche o programmare eventi interni che consentano periodicamente di mantenere il polso complessivo della situazione.

Come adattare il modello orizzontale alle aziende di grandi dimensioni, per le quali questo genere di difficoltà aumenta esponenzialmente e le complessità nel controllo dell’headquarter sulle consociate raggiunge livelli difficilmente gestibili attraverso questo paradigma? In questi casi, suggeriscono gli esperti di Human Resources, meglio affidarsi a un’organizzazione generale tradizionale, per appiattire poi le Business Unit al loro interno.

 

Industria farmaceutica: cosa bolle in…becher I modelli di business dell’industria farmaceutica sono radicalmente cambiati negli ultimi decenni. La necessità di soddisfare le esigenze di specializzazione estrema della produzione e, al contempo, di contenimento dei costi e mantenimento di una visione integrata coesa ha portato a un processo di riorganizzazione macroscopica e capillare. Molte realtà hanno optato per l’esternalizzazione di specifiche pipeline, costituendo società dedicate o acquisendone dal mercato e delegandovi le funzioni di produzione e servizi commerciali. Accanto a ciò, lo sviluppo di tecnologie ad alto potenziale di azione su attività cruciali come ricerca, sviluppo e manufacturing ha determinato una trasformazione delle funzioni aziendali, oggi obbligate ad acquisire le relative competenze per poter fruire dei benefici dell’innovazione.
Tutto questo, unitamente alla pandemia, ha determinato un impatto anche dal punto di vista organizzativo su un’industria farmaceutica già propensa al cambiamento, portando alla revisione dei modelli manageriali e all’identificazione di strumenti finalizzati a una ancor maggiore valorizzazione del capitale umano, la risorsa centrale nel tessuto d’impresa nostrano.
Tale approccio ha reso necessaria la predisposizione di iniziative di comunicazione interna e team building dirette al potenziamento del senso di appartenenza delle persone alla realtà in cui lavorano e alla loro maggiore partecipazione alle attività e al raggiungimento degli obiettivi. Allo stesso tempo, i capi azienda sono protagonisti del processo di evoluzione dei modelli di leadership, oggi più orientati alla motivazione di dipendenti e collaboratori e al rispetto dei valori etici, alla sintesi degli obiettivi di profitto con lo sviluppo del contesto sociale in cui la realtà opera. Sempre di più si punta sulla formazione continua. Il progressivo e inarrestabile avanzamento del progresso scientifico e tecnologico impone la disponibilità di risorse con altissimi livelli di specializzazione, che sappiano implementare rapidamente le soluzioni sviluppate nei contesti di ricerca. Ciò è possibile solamente attraverso l’apprendimento delle competenze necessarie e, dall’altro lato, il miglioramento dell’attrattività per i talenti.