Come si valuta il valore delle cure digitali

Le DTx non sono più sperimentali, ma i sistemi europei di valutazione non sono progettati per tecnologie ibride, adattive e basate sui dati. Il risultato è un mercato frammentato, con rimborsi incerti e percorsi imprevedibili. Servono nuovi modelli HTA capaci di misurare valore clinico, engagement, algoritmi e contesto d’uso.

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L’Europa discute di terapie digitali da quasi un decennio. Ha definito percorsi pilota, linee guida, programmi nazionali, classificazioni.
Ma non ha ancora risposto alla domanda decisiva: come si valuta il valore di un intervento che non è né farmaco né dispositivo, ma una combinazione dinamica di software, dati e comportamento umano?

Il punto critico non è capire cosa siano le DTx.
Il punto critico è capire perché i modelli HTA europei non riescono ancora a valutarle davvero.

Il problema non è regolatorio. È epistemologico.

I sistemi europei di valutazione sono costruiti su quattro pilastri consolidati:

  1. evidenza clinica classica,
  2. outcome misurabili e ripetibili,
  3. efficacia comparativa,
  4. costo-efficacia integrato nel contesto terapeutico.

Le terapie digitali — soprattutto quelle che integrano algoritmi adattivi e AI — non si comportano secondo questi schemi.
Hanno natura iterativa, cambiano nel tempo, dipendono dal contesto d’uso, dalla motivazione del paziente, dalla qualità del device, dalla versione software, dal flusso dei dati.
Sono interventi completi, ma non standardizzati.

Risultato: i modelli HTA non sanno dove collocarle.
Non sono farmaci, non sono dispositivi, non sono servizi sanitari.
Sono tutto questo insieme.

Mancano metriche di efficacia pensate per il digitale terapeutico

Una terapia digitale può ridurre sintomi, migliorare aderenza, insegnare strategie comportamentali, stabilizzare parametri fisiologici.
Ma come si misura tutto questo in modo confrontabile?

I limiti attuali sono evidenti:

  • gli endpoint clinici tradizionali non catturano benefici comportamentali o progressivi;
  • i trial randomizzati sono spesso inadatti per tecnologie che evolvono durante lo studio;
  • il real-world evidence è centrale, ma gli standard per raccoglierlo non esistono ancora;
  • i tassi di engagement influenzano direttamente l’efficacia, ma non esiste una soglia riconosciuta;
  • la qualità dei dati varia enormemente tra pazienti e contesti d’uso.

Ogni valutazione HTA si trova davanti a un paradosso:
serve un’evidenza solida, ma le DTx generano solo un’evidenza che ha bisogno di essere interpretata.

L’Europa è frammentata: un mosaico di modelli non allineati

Dopo il caso tedesco (DiGA), molti Paesi europei hanno avviato programmi nazionali.
Ma la fotografia attuale è disomogenea:

  • Francia: acceleratore sperimentale, ma criteri provvisori.
  • Germania: percorso definito, ma revisione dei requisiti di evidenza.
  • Italia: quadro normativo in evoluzione e non ancora operativo.
  • Spagna: approccio regionale, ancora non armonizzato.
  • Paesi nordici: percorsi innovativi ma non scalabili a livello UE.

Questa frammentazione crea tre effetti strutturali:

  1. imprevedibilità del rimborso,

  2. difficoltà per le aziende nel costruire dossier replicabili,

  3. ritardi nell’adozione clinica, anche quando la tecnologia è valida.

L’HTA europea comune — prevista per i medicinali — non copre ancora le DTx.
E finché non esiste un modello condiviso, le cure digitali resteranno un ecosistema di promettenti eccezioni, non una componente stabile del sistema sanitario.

Le tecnologie ibride (AI + DTx) mettono in crisi i criteri classici

La nuova frontiera non sono solo le DTx, ma le interventi digitali guidati da AI, che personalizzano contenuti, intensità terapeutica, tempi di intervento, predizione del rischio, coaching comportamentale.

Qui i problemi esplodono:

  • l’algoritmo evolve, quindi l’efficacia non è mai statica;
  • due pazienti non ricevono la stessa “dose digitale”;
  • i contenuti cambiano con gli aggiornamenti software;
  • il valore emerge da un ciclo continuo di miglioramento, non da un trial puntuale.

È un modello completamente opposto a quello su cui è costruita l’HTA tradizionale.

La questione economica: come definirne il prezzo?

Un farmaco ha costi di produzione chiari.
Una DTx ha costi intangibili: design terapeutico, server, manutenzione algoritmica, sicurezza dei dati, aggiornamenti continui, supporto clinico.

Il prezzo non può essere definito solo sulla base dei costi, ma sul valore generato:

  • riduzione di visite,
  • minor uso di farmaci,
  • prevenzione di riacutizzazioni,
  • qualità di vita,
  • empowerment del paziente.

Ma questi effetti sono contestuali, non lineari, spesso non immediati.
Il risultato è che molte agenzie HTA europee non hanno strumenti per calcolarli.

Il nodo dei dati e della privacy: valore e fragilità insieme

Le DTx raccolgono dati sensibili in tempo reale: comportamento, aderenza, sintomi, risposte emotive, schemi di utilizzo.
Il loro valore deriva proprio da questa granularità, ma qui emerge un secondo paradosso europeo:

  • il GDPR pone standard altissimi,
  • l’EHDS promette interoperabilità,
  • il Data Act disciplina l’accesso.

Ma nessuno dei tre strumenti normativi è stato progettato specificamente per terapie digitali.
Servono regole su:

  • proprietà del dato,
  • frequenza di aggiornamento consentita al software,
  • performance dell’algoritmo,
  • uso secondario dei dati per migliorare la terapia.

Senza questo quadro, la valutazione del valore delle DTx resta fragile.

Cosa serve davvero per valutare una DTx?

Il futuro della valutazione non sta nell’adattare l’HTA tradizionale, ma nel costruire un modello nuovo, che integri:

  • evidenza clinica ibrida (trial + RWE),
  • misure di efficacia dinamica,
  • endpoint di engagement,
  • analisi automatizzate di qualità del dato,
  • auditing dell’algoritmo prima e dopo il lancio,
  • valutazioni economiche contestuali per setting diversi.

Una DTx non deve essere solo efficace: deve dimostrarlo in modo ripetibile in condizioni reali di utilizzo.

Senza un nuovo HTA non esiste un mercato europeo delle DTx

L’Europa è in un momento cruciale: le terapie digitali sono tecnicamente mature, clinicamente promettenti, economicamente sostenibili.
Ma il sistema che dovrebbe validarle, rimborsarle e integrarle non è pronto.

Il valore delle DTx non è un dato statico: è la somma di algoritmo, comportamento, contesto clinico, interazione quotidiana.
Per questo servono modelli valutativi nuovi, capaci di cogliere la natura dinamica dell’intervento digitale.

Finché questo non accadrà, l’Europa rischia di restare spettatrice:
un continente che innova molto, ma integra poco.