L’industria farmaceutica è entrata in un’era radicalmente nuova. Un’era dove il punto di cura può diventare anche punto di produzione, dove la terapia è fatta su misura per il singolo paziente, dove la logica lineare della supply chain lascia il passo a un ecosistema reticolare, intelligente e distribuito. A fotografare con precisione questa trasformazione è stata la VII sessione del 64° Simposio AFI di Rimini (12 giugno 2025), intitolata “Le nuove frontiere delle Terapie Avanzate: dalla produzione al delivery“, che ha visto alternarsi interventi di alto profilo su temi che uniscono scienza, tecnologia e regolazione.
Terapie avanzate e decentralizzazione: la visione di AIFA
Marco Fulfaro (AIFA) ha delineato un quadro normativo completamente rinnovato per sostenere la produzione decentrata di ATMPs (Advanced Therapy Medicinal Products). L’idea è chiara: per affrontare l’incremento della domanda, l’Unione Europea ha adottato un nuovo approccio che consente, per determinati medicinali, di produrre in prossimità del paziente, mantenendo però il controllo centrale della qualità e della sicurezza.
Questa transizione implica la registrazione e supervisione multilivello dei siti decentrati, la semplificazione delle autorizzazioni GMP per le fasi produttive locali e l’introduzione di sistemi automatizzati e chiusi, capaci di operare in ambienti a classificazione più bassa (come le camere D), riducendo i costi e i tempi di produzione.
È un cambio di paradigma: dalla fabbrica unica centralizzata a una rete interconnessa di micro-officine regolamentate, tutte supervisionate da un sito centrale e dalla sua Qualified Person (QP).
CFBox: la cell factory compatta che cambia le regole del gioco
Un esempio concreto di questa rivoluzione è stato illustrato da Monica Gunetti, dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che ha raccontato l’evoluzione della produzione GMP nel campo delle CAR-T. Accanto ai sistemi aperti e ai processi manuali tradizionali, oggi l’ospedale romano si avvale di soluzioni avanzate come la piattaforma CFBox, sviluppata in collaborazione con PBL Srl.
CFBox è una fabbrica automatizzata miniaturizzata per ATMPs, capace di gestire interamente la produzione (dalla selezione cellulare al fill&finish) all’interno di un ambiente Classe D, senza necessità di camere bianche di alto livello. Grazie a moduli integrati e sistemi robotizzati, è possibile eseguire operazioni critiche (es. trasduzione, espansione, isolamento) in modo standardizzato e sicuro, riducendo drasticamente i costi e aumentando la scalabilità.
Non è solo una macchina: è l’emblema di un nuovo modello produttivo. Una risposta concreta a uno dei limiti storici delle ATMPs, ovvero l’elevato costo e la difficoltà di diffusione capillare sul territorio.
La sfida lentivirale: vettori sempre più intelligenti
Ma decentralizzazione e automazione non bastano. Serve anche una nuova generazione di tecnologie vettoriali, in grado di garantire sicurezza, specificità e persistenza genetica. Lo ha spiegato con rigore scientifico Alessio Cantore (SR-TIGET), presentando i risultati promettenti sull’uso dei vettori lentivirali ingegnerizzati per la terapia genica epatica.
Nel suo intervento, Cantore ha mostrato i progressi ottenuti con ISLV (Immune Shielded Lentiviral Vectors) in modelli animali, in particolare per l’emofilia B e l’acidemia metilmalonica. Grazie all’integrazione mirata nel DNA degli epatociti e a modifiche sulla superficie del vettore (come l’espressione di CD47 e la rimozione del MHC-I), è stato possibile ridurre le risposte immunitarie e ottenere espressioni stabili e prolungate dei geni terapeutici, senza eventi avversi significativi in modelli murini e primati non umani.
Questi dati aprono la strada a trial clinici su pazienti, con l’obiettivo di trattare patologie genetiche rare che fino a ieri erano prive di alternative terapeutiche.
Il modello Kite: quando la supply chain diventa terapia
Il cambio di paradigma è evidente anche nel modello industriale di Kite (Gilead), raccontato da Andrea Quadrio. Il caso delle terapie CAR-T sviluppate dall’azienda è paradigmatico: ogni singola dose è personalizzata, prodotta su richiesta e inviata al centro clinico di riferimento, dopo un percorso complesso che inizia con il prelievo dei linfociti del paziente.
La supply chain, in questo contesto, non è più un semplice sistema logistico, ma parte integrante del trattamento. Serve coordinamento in tempo reale tra produzione, controllo qualità, spedizione e somministrazione. Serve una piattaforma globale, capace di adattarsi a vincoli regolatori, logistici e clinici di ogni Paese.
La convergenza delle tre C: Cellule, Catene e Codici
Cosa unisce quindi una macchina come CFBox, una terapia genica epatica e una catena logistica su scala globale? La risposta può essere sintetizzata in tre “C”: Cellule, Catene e Codici.
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Le cellule diventano materia prima e destinazione terapeutica.
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Le catene di fornitura si smaterializzano, si digitalizzano, si adattano al paziente.
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I codici – informatici, genetici, normativi – orchestrano un sistema sempre più complesso.
Questa convergenza richiede non solo nuove tecnologie, ma anche nuove competenze e nuovi modelli regolatori. Come ha ricordato Fulfaro, serve una armonizzazione europea per evitare che le opportunità dell’innovazione si scontrino con barriere burocratiche o normative.
Un futuro in costruzione
Il Simposio AFI 2025 ha mostrato con chiarezza che il futuro delle terapie avanzate non sarà centralizzato, né analogico, né generalista. Sarà decentrato, automatizzato, personalizzato. Ma sarà anche, necessariamente, più regolato, più interconnesso, più intelligente.
In gioco non c’è solo l’efficienza industriale. C’è la possibilità di portare cure salvavita a pazienti che oggi non le ricevono, di abbattere i costi, di accelerare l’accesso e di rendere sostenibile l’innovazione.
L’industria della salute non si limita più a produrre farmaci. Oggi, produce possibilità. E la possibilità più grande è quella di immaginare – e costruire – un ecosistema terapeutico che cominci con il DNA e finisca con un paziente guarito.