La Legge di Bilancio 2026 traccia un percorso di equilibrio tra prudenza finanziaria e sostegno ai settori strategici del Paese.
Con un deficit programmato al 3,5% e un obiettivo dichiarato di consolidamento fiscale, il Governo sceglie di mantenere un profilo prudente, ma al contempo di intervenire su alcune aree ritenute cruciali per la tenuta sociale: sanità, lavoro, famiglia e imprese.
Per il comparto delle Life Science, le novità di maggior rilievo sono contenute nel Titolo V della manovra (“Misure in materia di sanità e di lotta alle dipendenze patologiche”). Il provvedimento prevede il rifinanziamento del Servizio sanitario nazionale (art. 62), un incremento del Fondo per i farmaci innovativi (art. 72), e la revisione annuale del prontuario (art. 75), accompagnata da nuove disposizioni per la farmacia dei servizi (art. 67) e per la digitalizzazione dei processi clinici e prescrittivi (art. 82).
Nel complesso, il quadro delinea un tentativo di modernizzazione del sistema sanitario, con attenzione all’accesso ai farmaci, alla telemedicina (art. 85) e al potenziamento del personale del SSN.
Tuttavia, come spesso accade, il diavolo si nasconde nei dettagli.
Il nodo della spesa farmaceutica
Sul piano economico, la manovra introduce un aumento delle risorse destinate alla spesa farmaceutica, ma non sufficiente a sanare uno squilibrio strutturale che da anni pesa sulle imprese del settore.
Il documento conferma la cancellazione del payback dell’1,83% sulla convenzionata, misura salutata come positiva da Farmindustria perché “segna un cambio di passo e riconosce l’impatto economico dell’innovazione”, ma mantiene un meccanismo di rimborso sulla spesa ospedaliera che continua a drenare risorse.
Secondo le stime dell’associazione, il payback resterà su livelli insostenibili, pari a 2,3 miliardi nel 2026 e quasi 3 miliardi nel 2027. Un carico che, se non alleggerito, rischia di tradursi in minore capacità di investimento e in una fuga di capitali verso Paesi più competitivi.
Farmindustria: “Misure positive ma non sufficienti”
In un comunicato diffuso dopo la presentazione del Ddl, Farmindustria riconosce il valore delle misure introdotte — in particolare l’aumento delle risorse per il SSN, l’eliminazione del payback convenzionato e il clima di “gestione prudente e responsabile” — ma avverte che “il risultato complessivo non è ancora pienamente sufficiente affinché l’Italia rimanga attrattiva per investimenti e innovazione”.
L’associazione chiede di alzare il tetto della spesa diretta dell’1%, misura ritenuta indispensabile per “proteggere i primati italiani in produzione, export e occupazione” e per “assicurare ai pazienti un accesso tempestivo alle nuove terapie”.
Inoltre, ribadisce la necessità di introdurre un percorso di early access per i nuovi farmaci, così da ridurre il tempo medio di accesso alle cure, che in Italia resta tra i più lunghi d’Europa.
“Senza un intervento strutturale – sottolinea Farmindustria – il rischio è che nuovi farmaci e vaccini non arrivino ai cittadini italiani. È un allarme che lanciamo da anni, ma che diventa ancora più urgente”.
Una sanità sotto pressione
La manovra interviene anche su altri fronti del sistema sanitario, con il finanziamento destinato all’aggiornamento delle tariffe ospedaliere (art. 66) e la revisione delle piattaforme digitali INPS per l’assistenza psicologica (art. 74).
Il Governo punta inoltre a rafforzare la rete delle cure palliative (art. 71) e a stabilizzare il personale del ruolo sanitario, prevedendo assunzioni straordinarie (art. 69) e incentivi economici (art. 70).
Si tratta di misure che mirano a colmare parte del divario accumulato negli ultimi anni tra la domanda crescente di servizi e la capacità di risposta del SSN. Tuttavia, le associazioni di categoria ricordano che la spesa sanitaria complessiva resta sotto la media europea e che la quota destinata ai farmaci, pur in aumento, non copre pienamente l’impatto dell’innovazione terapeutica.
Competitività e attrazione degli investimenti
Il contesto internazionale, osserva ancora Farmindustria, è caratterizzato da una competizione sempre più accesa tra Stati Uniti, Cina e Paesi emergenti per attrarre investimenti nella ricerca e nella produzione farmaceutica.
Mentre in Europa le regole di rimborso restano frammentate e l’iter regolatorio rallenta la disponibilità dei farmaci innovativi, altri sistemi — come quello statunitense o asiatico — adottano modelli value-based e incentivi fiscali mirati.
In questo scenario, l’Italia parte da una posizione di forza, con un comparto che produce oltre 50 miliardi di euro l’anno e impiega più di 70.000 addetti diretti. Ma la concorrenza globale impone un cambio di ritmo: investimenti certi, tempi rapidi di approvazione e un quadro fiscale stabile.
Verso un sistema value-based
Tra le proposte avanzate da Farmindustria vi è l’adozione di un sistema value-based di rimborso che superi definitivamente il payback, consentendo di misurare il valore terapeutico e sociale delle innovazioni.
Un modello che sposterebbe il baricentro dal controllo della spesa al finanziamento basato sui risultati, premiando i farmaci in grado di generare benefici misurabili per i pazienti e per il sistema sanitario.
L’industria, conclude l’associazione, “continuerà a dialogare con Governo e Parlamento nella convinzione che la filiera farmaceutica sia un valore strategico per la nazione, in una visione di sicurezza, salute e competitività“.
Uno sguardo d’insieme
La Manovra 2026 si presenta dunque come un esercizio di equilibrio tra vincoli di bilancio e bisogni del sistema sanitario, tra la prudenza imposta dall’Europa e l’urgenza di sostenere l’innovazione.
Per il mondo pharma, il provvedimento contiene segnali incoraggianti, ma ancora insufficienti a sciogliere i nodi strutturali che limitano la crescita del settore.
La partita decisiva si giocherà nei prossimi mesi, con i decreti attuativi e con la riforma del payback, destinata a misurare la reale volontà politica di considerare la salute come investimento e non come costo.