Biotech: proposte concrete per il futuro migliore

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Individuare le macroaree di intervento, delineare le proposte concrete e condivise in termini di policy e piani d’azione per la salute e per l’ambiente.

Ecco gli obiettivi del Piano per il Biotech Nazionale e lo Sviluppo del Paese, presentato il 9 novembre nel corso di Biotech, il futuro migliore, evento virtuale di Assobiotec-Federchimica.

Proposte concrete, come concreta è la risposta dell’industria biotecnologica all’emergenza attuale: è di questi giorni la pubblicazione dei dati preliminari di fase III sul vaccino di Pfizer.

In questa direzione, non possiamo dimenticare l’impegno del nostro Paese. L’Italia è coinvolta anche nello sviluppo degli anticorpi monoclonali contro il SARS-CoV-2 con il team di Rino Rappuoli a Siena.

È con queste parole che riconnettono scienza e tecnologia alle priorità sociali che Riccardo Palmisano, Presidente Assobiotec, presenta il Piano.

Anche per il biotech innovazione come fattore comune

I dirompenti eventi degli ultimi mesi hanno rafforzato la convinzione che la ricerca debba essere sviluppata secondo logiche multidisciplinari.

Un approccio che, come sottolineato dal Ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi, sappia affrontare i diversi aspetti di un’unica realtà. Manfredi ha aperto le presentazioni invocando la messa in opera di strumenti che guardino in maniera orizzontale all’innovazione.

È nell’ottica del raggiungimento di questo obiettivo ambizioso che sono stati sviluppati i centri Catapult, sul modello svedese o inglese. Enti, come il nostro Human Technopole, che danno forma ad un dialogo continuo fra scienza, industria e investitori.

Reti nazionali di infrastrutture in partnership pubblico privato al servizio della ricerca, che comprendono tutta la catena del valore: dalla prevenzione, alla diagnostica, al pharma, fino alla frontiera della digital health.

Le tre sfide del momento

Più sofisticati gli strumenti, più numerose le complessità. È inevitabile, quindi, affacciarsi al futuro, anche quello del biotech, con incertezza. Soprattutto, è legittimo che lo sia nel mezzo di una pandemia.

Ma non possiamo limitarci a immaginare il domani: dobbiamo creare le condizioni perché possa realizzarsi.

Come? Affrontando con criterio trasversale le grandi sfide globali di oggi: l’implementazione delle soluzioni digitali, la transizione verde ambientale, l’elaborazione di nuovi modelli di sviluppo economico.

Non possiamo più trascurare le ricche interconnessioni fra i diversi aspetti dell’apparente. Le ripercussioni dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana, le conseguenze tragiche della deforestazione e dei cambiamenti climatici sull’organizzazione delle catene alimentari.

Abbiamo un’unica salute e l’emergenza sanitaria di cui siamo testimoni storici non si limita alla ricerca strenua della cura a una malattia, ma diverge verso ambiti molto più ampi.

In questa prospettiva, l’approccio One Health sembra davvero essere l’unico in grado di cogliere tutti gli aspetti del problema. Che senso avrebbe, quindi, progettare policy monotematiche?

La predisposizione al futuro migliore passa attraverso l’interruzione dei circoli viziosi che oggi generano insulti patogeni al pianeta e all’uomo. Nonché dalla chiusura dei mille rivoli nei quali gli investimenti si disperdono: non è più tempo per gli sprechi, occorre massimizzare il rendimento delle risorse impegnate.

L’insostenibile peso della burocrazia

Sarebbe un grave errore ricadere negli stessi annosi errori senza trovare soluzioni in grado di ridurne, almeno, l’impatto.

In primis, vale la pena mettere alla prova la reale volontà delle istituzioni di impegnarsi, anche e soprattutto dal punto di vista economico, in un percorso laborioso in cui il livello della competizione è estremo.

L’industria non è unanimemente convinta che l’Italia abbia scelto: la voce di Carlo Rosa, AD di DiaSorin Italia, è solo una delle tante che si pongono questo interrogativo e che aspettano risposte ferme.

Una volta presa questa decisione, occorrerebbe avvicinare le nuove generazioni al biotech, portando più educazione scientifica nella scuola.

E valorizzare la diagnostica, ambito cruciale in questa particolare fase storica.

Rosa cita l’esempio paradigmatico del Congresso statunitense, che in primavera ha finanziato con 1 miliardo di dollari i NIH (National Institutes of Health) per aumentare la capacità di testing diagnostico del Paese entro ottobre, periodo nel quale si prevedeva l’arrivo della seconda ondata.

Lo ha fatto con poche regole, chiare, concentrandosi in maniera pragmatica sulla diagnostica rapida. E offrendo servizi di consulenza alle piccole start up impegnate, allo scopo di accelerare lo sviluppo di soluzioni utili al Paese.

Oggi gli USA eseguono 30 milioni di tamponi al mese.  L’Italia non avrebbe potuto mettere in campo la stessa forza economica, l’Europa sì; ma la burocrazia da noi agisce purtroppo come potente freno al progresso.

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