Pandemia, conflitti, crisi energetica e instabilità geopolitica hanno lasciato un segno profondo sul settore farmaceutico globale. Negli ultimi anni, l’Europa ha scoperto quanto la propria capacità di cura dipenda da catene di approvvigionamento fragili, spesso concentrate in Asia, dove si producono oltre i due terzi dei principi attivi utilizzati per i medicinali distribuiti sul nostro continente.
Il 1° ottobre 2025, durante il Forum Aschimfarma intitolato “API e medicinali critici: potenziare la produzione nazionale per un’Europa più sicura e resiliente”, rappresentanti dell’industria, delle istituzioni e del mondo accademico hanno affrontato la questione con una visione comune: senza un piano industriale strutturato, l’Europa rischia di perdere definitivamente la propria sovranità sanitaria.
Dietro questa consapevolezza si cela una sfida complessa, che non riguarda solo la capacità produttiva, ma anche la sostenibilità economica, l’attrattività degli investimenti e la coerenza delle politiche industriali nazionali con la nuova strategia europea.
Il quadro italiano: una forza produttiva da rilanciare
L’Italia è oggi uno dei poli principali per la produzione di API in Europa, con oltre settanta aziende e più di cento siti produttivi, per un totale di circa dodicimila addetti e un valore di produzione superiore ai cinque miliardi di euro. Numeri che riflettono una tradizione industriale solida, fatta di know-how chimico, qualità e innovazione tecnologica.
Tuttavia, questa forza è minacciata da fattori strutturali: la concorrenza asiatica, i costi energetici e ambientali elevati, la complessità burocratica e regolatoria. Molte aziende italiane, pur competitive sul piano tecnologico, faticano a sostenere i margini richiesti da un mercato che continua a privilegiare il prezzo più basso rispetto alla prossimità produttiva o alla resilienza strategica.
Il risultato è un progressivo disallineamento tra capacità industriale e domanda reale di sicurezza. Il rischio è quello di trasformare l’Italia da produttore strategico a semplice nodo di confezionamento o distribuzione, perdendo un patrimonio industriale di altissimo valore.
Le richieste dell’industria: investire per l’autonomia
Dal Forum Aschimfarma è emersa una proposta chiara: per garantire la disponibilità di API e medicinali critici in Europa serve un piano di investimento nazionale da almeno 1,5 miliardi di euro. Una cifra ambiziosa, ma necessaria per ammodernare gli impianti, incentivare la ricerca di processi più sostenibili e favorire il reshoring delle produzioni strategiche oggi localizzate in Asia.
Gli obiettivi principali sono cinque:
- Incentivare la produzione nazionale attraverso contributi mirati, credito agevolato e misure fiscali per sostenere la competitività delle imprese.
- Semplificare le procedure autorizzative, riducendo i tempi di approvazione e armonizzando le norme a livello europeo.
- Integrare criteri di resilienza e sostenibilità nelle gare pubbliche per l’acquisto di farmaci, superando la logica del prezzo più basso.
- Valorizzare le PMI che rappresentano il cuore tecnologico del settore, con programmi di supporto all’innovazione e alla digitalizzazione.
- Creare un coordinamento europeo stabile, capace di monitorare i rischi di carenza e di attivare tempestivamente piani di risposta.
A livello comunitario, queste azioni trovano un possibile quadro di riferimento nel Critical Medicines Act, la proposta di regolamento europeo che punta a garantire la disponibilità dei medicinali essenziali e a rafforzare la capacità produttiva del continente.
Tra resilienza e sostenibilità: il nodo dei costi
Il rilancio della produzione europea non può prescindere da una riflessione sui costi. La differenza di competitività rispetto ai Paesi asiatici deriva da fattori ormai strutturali: energia più cara, normative ambientali più rigide, maggiori oneri per sicurezza e qualità.
Per questo, le imprese chiedono non solo incentivi economici, ma anche una semplificazione intelligente: autorizzazioni più rapide, regole uniformi per tutti gli Stati membri, riconoscimento reciproco delle certificazioni GMP e ambientali. In altre parole, un’Europa che agisca come un unico mercato farmaceutico anche sul piano produttivo, non solo regolatorio.
Ma la sostenibilità non è solo economica. È anche ambientale e sociale. L’industria italiana, in particolare, punta a sviluppare processi di chimica fine a basso impatto, con un uso più efficiente di energia e risorse. La transizione verde può diventare un fattore di vantaggio competitivo, se accompagnata da politiche industriali coerenti.
Il ruolo delle politiche pubbliche
Uno dei punti più discussi al Forum riguarda il modo in cui le politiche pubbliche, a partire dagli appalti, possono orientare il mercato verso scelte più resilienti. Oggi, nei bandi di gara, il prezzo rimane il criterio dominante. Tuttavia, includere parametri come la provenienza europea degli API, la prossimità geografica o la sostenibilità ambientale significherebbe dare un segnale chiaro: la sicurezza dell’approvvigionamento è un valore economico e strategico.
Un altro fronte è quello della ricerca e formazione. Per garantire la continuità produttiva e tecnologica, serve investire in competenze specialistiche, in sinergia con università e centri di ricerca. L’obiettivo è costruire un ecosistema che connetta industria, scienza e istituzioni, capace di innovare senza dipendere dall’esterno.
Un’alleanza per la sovranità farmaceutica
L’idea di fondo è che la resilienza non si costruisce con interventi emergenziali, ma con una strategia industriale di sistema. L’Europa deve tornare a produrre le molecole su cui si fondano i suoi farmaci più critici, recuperando la filiera dalla chimica di base al prodotto finito.
L’Italia, con la sua tradizione industriale e la concentrazione di competenze nel campo della chimica farmaceutica, può giocare un ruolo da protagonista. Ma servono scelte politiche coraggiose: incentivi mirati, regole chiare, tempi certi. E soprattutto la consapevolezza che la sicurezza sanitaria non è un costo, ma un investimento.
Verso un nuovo equilibrio europeo
Se le proposte avanzate da Aschimfarma e dal comparto produttivo trovassero attuazione, gli effetti sarebbero tangibili.
Si potrebbe assistere alla rinascita di un polo europeo degli API, capace di garantire forniture stabili e ridurre la vulnerabilità del sistema. La maggiore autonomia produttiva porterebbe anche benefici occupazionali, favorendo la nascita di nuovi distretti industriali ad alta tecnologia.
Ma il vero risultato sarebbe politico: un’Europa finalmente capace di proteggere la propria salute pubblica, senza dipendere dalle decisioni di mercati lontani e da logiche esclusivamente economiche.
La strada è lunga, ma l’industria ha lanciato un messaggio chiaro: senza una visione comune e risorse adeguate, il rischio non è solo la carenza di farmaci, ma la perdita definitiva di una competenza strategica che ha fatto dell’Italia uno dei pilastri del sistema farmaceutico mondiale.