Il principio attivo è l’anima del farmaco. Senza di esso, nessuna compressa, nessuna soluzione iniettabile, nessun trattamento avrebbe efficacia. Eppure, proprio questa colonna vertebrale della cura moderna è oggi il punto più fragile dell’intera impalcatura sanitaria europea. È quanto emerso con chiarezza durante la Sessione XVII del 64° Simposio AFI, dove voci autorevoli dell’industria, delle agenzie regolatorie e delle associazioni scientifiche hanno analizzato con rigore la crisi della supply chain farmaceutica.
Una fragilità strutturale: carenze e dipendenze
Maurizio Battistini (AFI-EIPG) ha aperto i lavori con un’esposizione puntuale delle cause profonde delle carenze di medicinali in Europa. Più che a eventi contingenti, il fenomeno è legato a fattori strutturali: la delocalizzazione della produzione di API in Asia, la concentrazione di fornitori, la scarsa remunerazione di alcuni farmaci essenziali, le difficoltà normative nell’introdurre fonti alternative. A ciò si aggiungono eventi geopolitici, crisi energetiche, pandemie.
Il risultato? Una crescente difficoltà ad assicurare continuità terapeutica, soprattutto per i medicinali a basso costo e ad alto impatto sociale, come antibiotici e antiepilettici.
L’Europa reagisce (ma lentamente)
L’Unione Europea ha varato diverse iniziative – Critical Medicines Act, HERA, Shortages Monitoring Platform – che puntano a una maggiore resilienza della filiera. L’obiettivo è chiaro: ridurre la dipendenza da Cina e India e rafforzare la produzione locale. Ma, come sottolineato da Battistini, serve di più: «Non bastano le dichiarazioni. È tempo di attuare politiche industriali concrete per riportare la produzione degli API in Europa».
Nel suo intervento, ha anche richiamato l’importanza di definire correttamente cosa si intenda per “carenza”, distinguendola da semplici indisponibilità transitorie. Solo così si potrà costruire un osservatorio utile a guidare le decisioni di policy.
GMP ed eccipienti: il ruolo delle terze parti
Un’altra area critica è quella degli eccipienti. Se i principi attivi sono la sostanza terapeutica, gli eccipienti garantiscono che essa sia veicolata correttamente. Tuttavia, anche qui si incontrano vulnerabilità.
Iain Moore, di IPEC Europe ed EXCiPACT, ha spiegato come una corretta valutazione del rischio possa guidare la scelta del livello di GMP necessario per ciascun eccipiente, in base al suo uso. L’approccio formale al risk assessment, previsto dalle linee guida europee, consente ai titolari di AIC di ridurre l’onere ispettivo grazie all’impiego di audit di terza parte. Questi audit, se condotti secondo i criteri EMA (capitolo 7 delle GMP), possono sostituire quelli diretti, a patto che siano integrati nel sistema qualità del titolare.
Una lezione di efficienza e coerenza: nel mondo globalizzato, la qualificazione intelligente dei fornitori non è solo un’opportunità, ma una necessità regolatoria.
L’occhio dell’AIFA: dove si sbaglia (ancora)
Giuseppina Ialongo, ispettore GMP Senior, ha illustrato con trasparenza i risultati delle ispezioni effettuate in Italia sulle officine di produzione di API. Nel 2024, su 74 ispezioni, sono state rilevate ben 880 deviazioni, di cui 313 classificate come “maggiori”.
I punti più critici? La gestione documentale, la manutenzione degli impianti, la qualifica delle utilities, la verifica del cleaning, la gestione dei fornitori e delle deviazioni. Molte aziende non riescono ancora a implementare pienamente un sistema di gestione del rischio conforme alle aspettative regolatorie.
Il messaggio è chiaro: senza qualità nella produzione degli API, non può esserci sicurezza nel farmaco. Le ispezioni AIFA non sono una formalità, ma un atto di tutela del cittadino.
L’instabilità globale e il futuro dell’API market
A completare il quadro, l’intervento di Marcello Fumagalli (CPA) ha fornito una prospettiva macroeconomica. Il mercato globale degli API vale oltre 232 miliardi di dollari e cresce a un tasso annuo del 6%. Tuttavia, il 70% del volume degli API utilizzati in Europa proviene dall’Asia, e il 98% degli API sintetici contiene almeno un componente cinese.
Questo rende l’Europa vulnerabile non solo sul piano sanitario, ma anche su quello industriale e strategico. Le soluzioni esistono: reshoring selettivo, incentivi alla produzione, investimenti in CDMO, uso di tecnologie predittive per il controllo qualità e la manutenzione degli impianti.
Ma come ammonisce Fumagalli, “le forzature non sono praticabili né produttive”. Serve una visione strategica differenziata, capace di bilanciare indipendenza e interdipendenza globale.
Un’industria da ripensare
La sessione XVII del Simposio AFI 2025 ha offerto una fotografia lucida e inquietante di un sistema sotto pressione. Le carenze di medicinali non sono un’emergenza passeggera, ma la spia di una crisi sistemica della filiera farmaceutica, in cui i principi attivi – troppo a lungo trascurati – tornano a essere protagonisti.
Governare questa crisi richiede un mix di azioni a breve e lungo termine: rafforzare le ispezioni, promuovere l’adozione degli audit terzi, incentivare il reshoring, ma anche investire in tecnologie digitali, nella gestione predittiva e nella formazione.
In gioco non c’è solo la competitività dell’industria europea, ma la sicurezza di milioni di pazienti. E oggi, come ieri, tutto comincia da una molecola. Ma quella molecola deve esserci.