L’ipertensione parla con l’immunità

Un nuovo studio Neuromed pubblicato su Nature Communications svela il ruolo dell’enzima PI3Kγ nei linfociti T CD8 e apre scenari inediti per la farmacologia cardiovascolare

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Il cuore pompa, i vasi rispondono, ma forse la regia si gioca altrove.
Lo suggerisce un nuovo studio firmato dal gruppo dell’Unità di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli, pubblicato il 3 luglio su Nature Communications. L’attenzione si concentra su un protagonista finora sottovalutato nella fisiopatologia dell’ipertensione arteriosa: l’enzima PI3Kγ, una chinasi finora nota soprattutto per il suo ruolo nella segnalazione cellulare immunitaria. Secondo i ricercatori italiani, è proprio questa molecola a guidare l’attivazione spontanea dei linfociti T CD8, innescando un dialogo infiammatorio tra sistema immunitario e sistema vascolare che culmina in un aumento patologico della pressione arteriosa.

Una scoperta che affascina per la sua originalità, ma che impone anche di interrogarsi: siamo di fronte a un cambio di paradigma o a un’ulteriore complicazione di un puzzle già fitto di variabili genetiche, ambientali e comportamentali?

Il vaso e l’immunità: cronaca di un contatto diretto

La narrazione scientifica proposta dal team Neuromed si snoda attorno a una dinamica molecolare precisa. In modelli animali privi di fattori di rischio tradizionali (obesità, dieta ricca di sale, stress cronico), l’attivazione dell’enzima PI3Kγ si rivela sufficiente per scatenare l’ipertensione. Il meccanismo si avvia nella milza, dove i linfociti T CD8 si attivano autonomamente – un evento raro in condizioni fisiologiche – per poi migrare verso i reni e i vasi periferici. Qui, l’incontro tra cellule immunitarie e cellule endoteliali attiva una risposta infiammatoria che irrigidisce le pareti vascolari e altera la normale omeostasi pressoria.

A rafforzare la tesi, i ricercatori mostrano che bloccando una specifica chemochina – RANTES/CCL5 – prodotta dai linfociti, l’effetto ipertensivo si annulla. È un passaggio cruciale: l’infiammazione non è solo concomitante, ma necessaria alla patogenesi.

Il dato che fa la differenza: riscontro anche nell’uomo

Il rischio di restare confinati in un’interessante curiosità preclinica viene superato con un colpo di scena solido: lo stesso pattern di attivazione è stato osservato nei linfociti CD8 infiltrati nei reni di pazienti ipertesi. Questo dato, pur preliminare, apre alla possibilità che il meccanismo sia operativo anche nell’uomo. E se così fosse, le implicazioni sarebbero notevoli: l’ipertensione non sarebbe solo una malattia “meccanica” o neuro-ormonale, ma anche immuno-mediata.

Per Giuseppe Lembo, Professore Ordinario della Sapienza e co-autore dello studio, il passo successivo è chiaro: “Abbiamo ora una possibile strada per proteggere i tessuti bersaglio, in particolare i reni, intervenendo farmacologicamente sul segnale PI3Kγ o sulla molecola RANTES prodotta dai linfociti”.

Che cosa cambia per la farmacologia cardiovascolare

L’interesse dell’industria farmaceutica per i pathway infiammatori nell’ipertensione non è nuovo, ma finora ha avuto risultati modesti. L’ipotesi di una “ipertensione autoimmune” è circolata più volte negli ultimi decenni, spesso in relazione alla produzione di autoanticorpi o a disfunzioni macrofagiche. Tuttavia, la concretezza farmacologica è rimasta scarsa.

Qui invece c’è un target specifico – PI3Kγ – già noto alla farmacologia oncologica e immunologica, con inibitori selettivi in fase clinica avanzata. E c’è una molecola pro-infiammatoria – RANTES – ampiamente studiata in contesti infettivi e neoplastici. Questo crea un ponte ideale tra ricerca di base e sviluppo terapeutico.

Certo, resta da chiarire se intervenire su PI3Kγ o su RANTES non abbia effetti collaterali sistemici, vista la loro presenza in più network immunitari. Ma la precisione con cui il team Neuromed ha isolato il ruolo di questi attori nei linfociti T CD8 suggerisce la possibilità di approcci mirati e forse persino “tissue-selective”.

Tra scienza e strategia: il ruolo degli IRCCS

Il Neuromed conferma, con questa pubblicazione, il suo posizionamento strategico come IRCCS capace di coniugare ricerca di frontiera e rilevanza clinica. Un risultato reso possibile da un approccio sistemico – angiocardioneurologia e medicina traslazionale – che si dimostra sempre più efficace nello scardinare le compartimentazioni storiche della medicina specialistica.

Non è un caso che i coautori dello studio arrivino da diverse istituzioni accademiche italiane e internazionali: Università Sapienza, Università di Torino, University of Glasgow. È la prova di una rete solida che ha saputo fondere immunologia, fisiopatologia vascolare e medicina molecolare in un disegno coerente.

Criticità e domande aperte

Tuttavia, non tutto è già scritto. Restano aperti interrogativi cruciali. Il primo riguarda la prevalenza di questo meccanismo nella popolazione ipertesa generale. Se PI3Kγ e RANTES sono attivi solo in un sottogruppo, quali biomarcatori ci permetteranno di identificarlo? E ancora: l’infiammazione è causa o conseguenza dell’ipertensione? Il fatto che i linfociti si attivino in assenza di stimoli esterni è suggestivo, ma il confine tra predisposizione genetica e esposizione ambientale resta sfumato.

Inoltre, la migrazione delle cellule immunitarie verso i vasi ricorda da vicino meccanismi ben noti nella malattia aterosclerotica. Il rischio, in termini farmacologici, è di sovrapporre strategie già tentate in altri contesti, senza ottenere il beneficio sperato.

Una nuova ipotesi terapeutica, ma serve cautela

L’ipertensione resta una delle patologie croniche più diffuse e difficili da controllare, anche in un’epoca di farmaci combinati e linee guida sempre più raffinate. Se davvero esiste una “pressione immunitaria”, servirà ridefinire algoritmi terapeutici, stratificare meglio i pazienti e, forse, immaginare una medicina personalizzata anche per chi ha “solo” la pressione alta.

Nel frattempo, la pubblicazione su Nature Communications conferma la validità e la rilevanza della ricerca italiana, e accende un nuovo riflettore su un dialogo biologico – quello tra vasi e immunità – che promette sviluppi sorprendenti. Come ogni vera scoperta, apre possibilità. E responsabilità.