Nel 2009 i medici di medicina generale erano circa 46 mila. Oggi, secondo gli ultimi dati del Ministero della Salute, ne restano poco meno di 38 mila. In quindici anni il calo è stato di quasi il 18%, un’emorragia silenziosa che si traduce in milioni di cittadini rimasti senza medico di riferimento o costretti a rivolgersi a professionisti con oltre 1.600 assistiti a carico.
L’età media dei medici di famiglia ha superato i 58 anni. Più di due terzi ha oltre venticinque anni di laurea, e la generazione successiva non è ancora pronta a raccogliere il testimone. Il risultato è un sistema sempre più fragile, dove il ricambio è lento e l’onere di cura cresce in modo inarrestabile.
Troppi pazienti, pochi medici
Il massimale contrattuale stabilisce un limite di 1.500 assistiti per medico. Ma la media nazionale ha ormai raggiunto quota 1.375, e in alcune regioni, come Lombardia e Provincia di Bolzano, si superano stabilmente i 1.600. Il fenomeno degli “ultramassimalisti” – medici con carichi superiori al limite – è ormai strutturale: in Lombardia riguarda quasi tre quarti dei professionisti, in Veneto oltre due terzi.
La conseguenza è duplice: da un lato si riduce il tempo clinico per ciascun paziente, dall’altro si compromette la funzione preventiva e di presa in carico, che è il vero fondamento della medicina generale. Sempre più spesso, chi non trova un medico disponibile si rivolge al pronto soccorso, aggravando un’altra delle grandi fragilità del sistema.
Un mestiere sempre meno attrattivo
Il calo dei medici di famiglia non è solo demografico, ma anche culturale. La professione è percepita come solitaria, gravata da burocrazia e scarsamente riconosciuta. I concorsi regionali per l’accesso al corso di formazione specifica restano spesso scoperti, soprattutto nelle regioni meridionali e nelle aree interne.
Le condizioni di lavoro, con una mole crescente di compiti amministrativi e la sensazione di isolamento professionale, scoraggiano molti giovani medici, che preferiscono percorsi ospedalieri o specialistici. Le borse di formazione sono aumentate, ma gli effetti reali sul territorio si vedranno solo tra anni.
Riforme a metà e territori incompleti
Il nuovo Accordo Collettivo Nazionale ha confermato il limite dei 1.500 assistiti, prevedendo tuttavia la possibilità di elevarlo a 1.800 in situazioni di carenza. Una misura emergenziale che rischia di cristallizzare l’anomalia invece di risolverla.
Il PNRR ha promesso di ridisegnare la sanità territoriale con le Case della Comunità, gli Ospedali di Comunità e le Centrali Operative Territoriali. Ma l’avanzamento è disomogeneo: a metà 2025 solo una parte delle strutture previste risulta effettivamente operativa e con personale completo. In molte realtà, la carenza di medici di famiglia è il primo ostacolo alla piena attuazione del piano.
Conseguenze sistemiche
Le ricadute si stanno già manifestando. La difficoltà di accesso al medico di base aumenta il ricorso ai servizi di emergenza, spinge una parte della popolazione verso il privato e acuisce le disuguaglianze regionali. Nelle aree rurali e montane, intere comunità sono rimaste senza copertura stabile.
Al di là dei numeri, il rischio maggiore è quello di una perdita culturale: la medicina di famiglia come presidio di fiducia, di ascolto e di continuità sta svanendo. La digitalizzazione, la telemedicina e l’assistenza integrata possono compensare solo in parte l’assenza di un medico che conosce il proprio territorio e i propri pazienti.
| Indicatore | Valore 2023/2025 | 
|---|---|
| Medici di medicina generale | ~38.000 (–18% rispetto al 2009) | 
| Media assistiti per medico | 1.375 (fino a 1.667 in Lombardia) | 
| Medici oltre massimale (1.500 pazienti) | 56% (74% in Lombardia, 69% in Veneto) | 
| Differenze regionali di densità MMG | da 0,62 a 1,0 per 1.000 residenti | 
| Case della Comunità operative | ~45% del totale previste dal PNRR | 
Ripercussioni sull’industria farmaceutica
Il ridimensionamento della medicina territoriale incide in modo profondo anche sull’ecosistema farmaceutico. I medici di famiglia rappresentano da sempre l’interfaccia primaria tra popolazione e farmaco, non solo per la prescrizione ma per la costruzione stessa della cultura terapeutica.
Meno medici significa meno presidio prescrittivo diffuso, maggiore concentrazione nelle strutture ospedaliere e ritardi nella diffusione dei farmaci innovativi destinati al trattamento delle cronicità. L’indebolimento della rete MMG comporta inoltre un calo della capacità di raccolta di dati real-world, elemento chiave per le valutazioni HTA e per le strategie di market access.
Anche l’indotto ne risente: la rete distributiva territoriale (farmacie, grossisti, home delivery) perde parte della sua funzione integrativa e cresce la difficoltà di coordinare campagne di aderenza o programmi di disease management.
Infine, il rallentamento del PNRR sul territorio riduce le opportunità di integrazione digitale tra industria, sanità pubblica e dati clinici. Senza una medicina di base forte, anche l’innovazione industriale trova meno terreno su cui radicarsi.
Uno sguardo al futuro
Nei prossimi cinque anni l’onda dei pensionamenti raggiungerà il suo picco. Le stime indicano una possibile carenza di oltre 10.000 medici di famiglia entro il 2030, con coperture “a macchia di leopardo” e gravi squilibri Nord-Sud.
La sfida è duplice: attrarre nuovi professionisti e trattenere quelli esistenti. Servono percorsi di carriera più chiari, strumenti digitali che riducano la burocrazia, équipe territoriali multidisciplinari e incentivi specifici per le zone carenti.
Ma soprattutto serve una visione che restituisca alla medicina generale il suo ruolo originario: non semplice filtro del sistema, ma fondamento stesso della sanità pubblica.
Fonti principali
Ministero della Salute – Annuario statistico SSN 2023
SISAC – Accordo Collettivo Nazionale 2024
Fondazione GIMBE – Monitoraggio carichi MMG 2024
UPB – Relazione Missione Salute, PNRR 2025
Il Sole 24 Ore, Quotidiano Sanità – Analisi sul fabbisogno MMG 2025


