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Il contributo dei legumi alla salute e alla sostenibilità

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Il contributo dei legumi alla salute e alla sostenibilità

I legumi possono giocare un ruolo importante nel migliorare la salute della popolazione riducendo nel contempo l’impatto ambientale della produzione agricola.

Una ricerca appena pubblicata sulla rivista Trends in food science & technology rivela infatti che questi vegetali possono da un lato rappresentare una fonte di bioattivi, proteine e fibre solubili per i regimi alimentari che ne sono poveri, e dall’altro potrebbero alleggerire la pressione della produzione alimentare sull’ambiente.

Benefici per la salute

In seguito alla “rivoluzione verde”, i sistemi agricoli si sono concentrati sulla coltivazione di verdure amidacee ad alta resa economica, che costituiscono il cardine di modelli alimentari altamente energetici ma poveri di nutrienti.

Si tratta di regimi che portando a frequenti inadeguatezze e carenze di micronutrienti in tutto il mondo, indipendentemente dallo stadio di sviluppo dei Paesi e possono favorire l’insorgere di malattie croniche non trasmissibili. In questo contesto, gli anziani rappresentano la fascia di popolazione più vulnerabile che più di altre subisce le conseguenze di questi modelli alimentari malsani.

La nutrizione viene ora riconosciuta anche come strumento di gestione delle malattie, e in quest’ottica il contributo dei bioattivi dei legumi può essere significativo (in particolare è riconosciuto il ruolo di composti fenolici, saponine, peptidi e piccole proteine). Le molteplici azioni sinergiche di queste molecole – funzioni metaboliche, antiossidanti, antinfiammatorie e di regolazione – possono infatti svolgere un importante ruolo contro le malattie cronico-degenerative.

Questo è vero non solamente per i legumi utilizzati in forma di seme, come avviene nei Pesi occidentali. Anche le foglie – comunemente consumate in molte aree geografiche come Africa, India ecc.) – rappresentano una significativa fonte di composti bioattivi e micronutrienti, preziosi alleati in una dieta a base vegetale volta a ritardare le malattie non trasmissibili legate alla nutrizione.

Un’agricoltura più sostenibile

La produzione di cibo – spiegano i ricercatori – rappresenta anche una delle attività di maggiore impatto sul nostro pianeta: agricoltura, silvicoltura e allevamento del bestiame sono responsabili da sole di circa un terzo delle emissioni di CO2 a livello globale.
Secondo l’IPCC (l’Intergovernmental panel on climate change è il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici), l’agricoltura è responsabile di circa la metà delle emissioni di metano indotte dall’uomo ed è la principale fonte di protossido di azoto, due gas ad elevato effetto serra. Le emissioni sono prevalentemente dovute alla deforestazione, parzialmente compensate da imboschimenti e rimboschimenti e da altri usi del suolo. Un aspetto particolarmente critico è rappresentato dal consumo di carne, che dal 1960 è raddoppiato.

Secondo le stime dell’Istituto, abitudini alimentari con un maggior consumo di vegetali e frutta, e una sostanziale riduzione di consumi di carni rosse avrebbe il potenziale di ridurre le emissioni tra i 1.8-3.4 Gt CO2eq all’anno entro il 2030, una quota “confrontabile con le emissioni generate dalla deforestazione mondiale”.
In questo contesto il ruolo dei legumi come fonti di proteine alternative a quelle animali potrebbe essere fondamentale anche nei confronti dell’ambiente.

In tema di sostenibilità ambientale, le leguminose presentano molti vantaggi anche rispetto ad altre coltivazioni, ad esempio una ridotta necessità di fertilizzanti, la capacità di crescere in condizioni difficili (ad esempio in situazione di siccità) e con minima lavorazione del terreno, un’elevata adattabilità a diverse condizioni climatiche di vari continenti e la possibilità di essere impiegati in agricoltura consociata con comuni colture da reddito, come il mais o il grano con una conseguente riduzione del consumo di suolo, della pressione ambientale e dei danni alle piante.

La transizione verso soluzioni più sane e sostenibili – con un impatto positivo sull’ambiente e sulla salute umana – è in linea con le strategie dell’European green deal e con i principi della Circular Economy e rientra a pieno titolo negli obiettivi da raggiungere nell’ambito dei SDGs promossi dall’Agenda 2030.

Modificare la filiera produttiva

Per diffondere i nuovi stili alimentari, comunque, è opportuno non intraprendere crociate verso gli alimenti dannosi. Le evidenze scientifiche, infatti, suggeriscono che è più efficace concentrarsi su politiche alimentari che incoraggino il consumo di componenti sani della dieta, come i legumi, piuttosto che concentrarsi sul contrasto al consumo di alimenti ad alto contenuto di zuccheri e grassi.
Questo – affermano i ricercatori – necessita di ampi interventi sul sistema alimentare a partire dalla produzione.

La produzione di legumi dovrebbe essere valorizzata sia dall’agricoltura urbana che da quella periurbana con l’obiettivo di promuovere la distribuzione e il consumo favorendo una filiera sostenibile e di prossimità. In questo contesto, i piccoli produttori di cibo giocano un ruolo chiave nell’alimentazione delle città, contribuendo a costruire sinergie tra sicurezza alimentare, servizi ecosistemici, sostenibilità, con l’obiettivo finale di raggiungere uno stato nutrizionale adeguato, per costruire resilienza e benessere.