Il sentiero stretto della finanza agevolata

Affrontare il cambiamento sfruttando tutte le opportunità offerte dagli incentivi pubblici (e non solo): una sfida epocale per le Pmi italiane

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Sostenibilità, digitalizzazione. In due parole la sfida che si trovano ad affrontare le imprese e che determina la loro capacità di prosperare (continuare a produrre profitti oggi e domani) ma anche di sopravvivere al cambiamento economico in atto. Tanto che l’Unione europea, nella sua azione politica per il quinquennio 2019-2024, le ha poste come due delle sue quattro priorità principali, subito dopo “Proteggere i cittadini e le libertà” e prima di “Promuovere gli interessi e i valori europei sulla scena mondiale”. Qualsiasi sia la Commissione che uscirà dalle prossime elezioni, questi due punti rimarranno alla base dell’azione del governo continentale.
Sintetizzando al massimo, non c’è futuro né prosperità per le imprese se non c’è innovazione. Ma questa innovazione chi la finanzia? E dove trovare le competenze per attuarla?

Primo: le leggi e le opportunità

Negli ultimi dieci anni la politica nazionale, su istanza di quella europea, ha provato a rispondere all’esigenza di innovazione delle imprese con incentivi di finanza agevolata, spesso un buon viatico per avviare programmi di trasformazione altrimenti inattuabili. Ma accedere a finanziamenti e incentivi è tutt’altro che semplice e, spesso, anche le migliori intenzioni sono state frustrate da una legislazione complessa, a volte confusa, ma soprattutto instabile. Molti programmi e incentivi sono temporanei o sono stati introdotti, modificati, revocati o trasformati di anno in anno, diventando veri e propri rebus burocratici. L’impressione, a volte giustificata, è che del destino industriale del Paese la politica si sia occupata a fasi alterne: qualche volta se ne ricorda, a volte se ne dimentica. Complice anche la scarsa capacità delle nostre Pmi di “fare sistema”, di agire con azioni di lobby efficaci su governo e parlamento.

Secondo: trovare le competenze

Le Pmi italiane, come hanno dimostrato negli anni, hanno un’eccellente imprenditorialità e una straordinaria capacità di stare sul mercato. Ma ci sono, al loro interno, le competenze per affrontare le complicazioni della macchina burocratica unite alle complessità del cambiamento? La risposta è, semplicemente, no. 

Le (poche) grandi imprese nazionali hanno personale esperto per affrontare le sfide del change management poste da sostenibilità e digitalizzazione e, là dove mancano gli esperti, hanno le risorse per ingaggiare le competenze delle grandi società di consulenza. Questo non significa che per le grandi aziende il cambiamento sia tutto rose e fiori. Anche per loro la confusione normativa è un problema difficile da approcciare, ma possono affrontarlo elaborando e modificando più rapidamente piani vasti e complessi. Per le Pmi il problema è molto più profondo. In casa le competenze necessarie non ci sono e trovarle sul mercato (posto che si possano sostenere i costi di personale aggiuntivo esperto) è quasi impossibile. I consulenti delle Pmi, quelli delle piccole società di consulenza dedicate, anche se molto in gamba e preparati, di solito offrono soluzioni parziali a problemi vasti e complessi che richiederebbero piani “olistici” (a 360 gradi) di cambiamento. Da anni si parla di “mettersi in rete”, della necessità di elaborare progetti di innovazione a livello di distretti, di filiera, di comparti produttivi. Molto è stato tentato ma i risultati non sempre sono stati all’altezza delle aspettative. Dunque, trovare un consulente (o una rete di consulenti) effettivamente capace non solo di elaborare ma anche di “mettere a terra” progetti incentivabili diventa un fattore competitivo essenziale.

Dove vanno gli incentivi

Detto questo va anche ribadito che gli incentivi ci sono e che anche (e soprattutto) le Pmi possono usufruirne. Non parliamo solo delle risorse del Pnrr, sempre annunciate ma i cui effetti (che dovrebbero concludersi entro il 2026) sembrano tardare a manifestarsi. Ad ogni modo sul sito del Mimit c’è una pagina specifica che permette di accedere a tutti gli incentivi per le imprese legati al Pnrr attualmente in atto (sono otto). Ci sono anche incentivi precedenti, paralleli e che si integrano con il Pnrr: un elenco parziale e temporaneo è disponibile sulla pagina di orientamento agli incentivi, sempre sul sito del Mimit. È essenziale comprendere che un’azienda, per massimizzare le opportunità offerte dalla finanza pubblica, è bene che non punti a ottenere un solo incentivo, ma a sfruttare tutti quelli disponibili che possono essere aggregati su un singolo progetto: per esempio non solo a ottenere il 20% di credito d’imposta sui beni strumentali ma anche il 15% su ricerca e sviluppo, l’incentivo dato dal Patent Box e quello per la Formazione 4.0 di cui parliamo più avanti. Solo con un progetto completo diventa possibile accedere a crediti d’imposta consistenti e vantaggiosi. Non solo: dimostrare di avere in atto un progetto incentivato sostenibile aiuta anche nell’ottenere credito da altre fonti (bancarie, investitori professionali). Dunque, avere un consulente in grado di progettare e gestire un piano complessivo che preveda la fruizione dei massimi incentivi pubblici disponibili diventa ancora di più un fattore critico.   

Riportare qui un elenco completo di tutti gli incentivi non è possibile per due buoni motivi: primo, la molteplicità delle fonti. Ci sono incentivi europei, nazionali, regionali, bandi locali e di categoria che variano di anno in anno e in corso d’anno. Secondo: anche se molti incentivi si ripetono per forma e struttura, il loro importo e la loro forma variano. Per esempio, gli incentivi del Mimit legati alla Transizione 4.0 (già Industria 4.0), anche se riguardano sempre gli stessi temi nelle stesse forme (credito d’imposta), hanno cambiato requisiti e percentuale di incentivazione grossomodo a ogni legge finanziaria dal 2016 in poi. Elenchiamo alcuni di quelli principali.

Transizione 4.0

Comprende tre ambiti.

  1. Credito d’imposta per investimenti in beni strumentali serve a sostenere e incentivare le imprese che investono in beni strumentali nuovi. Sia i beni materiali (macchinari, hardware) che immateriali (software), funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi. Dunque, non la semplice sostituzione di macchine già esistenti destinati a strutture produttive (di beni o servizi) ubicate nel territorio dello Stato. 
  2. Credito d’imposta per ricerca e sviluppo (R&S), innovazione tecnologica, design e ideazione estetica. Anche qui, negli anni, le quote del credito d’imposta riconosciuto si sono ridotte. Ma se le attività incentivate danno origine a privative industriali (software protetto con diritto d’autore, brevetti industriali, modelli registrati, opere di design registrate) agli incentivi diretti possono aggiungersi quelli relativi al Patent Box che consente una tassazione agevolata sui proventi.  
  3. Credito d’imposta formazione 4.0, per creare o consolidare le competenze del personale nelle tecnologie abilitanti necessarie a realizzare il paradigma 4.0. In sostanza: una volta implementato un progetto di innovazione in azienda, finanzia l’addestramento dei dipendenti per utilizzarlo in maniera corretta. 

Transizione 5.0

Il piano è operativo dal 2 marzo 2024 e incentiva le imprese che investono in impianti di efficientamento energetico (compresi i software per la riduzione dei consumi), di autoproduzione e di stoccaggio energetici (per esempio impianti fotovoltaici, eolici, di produzione e captazione di biogas ecc). Possono beneficiarne tutte le imprese che nell’ambito di un progetto di innovazione conseguono una riduzione dei consumi energetici secondo i parametri fissati. Il provvedimento integra gli incentivi per i progetti di innovazione della Transizione 4.0 e può comportare un beneficio fiscale molto consistente (fino al 45% degli investimenti effettuati da una Pmi entro i 2,5 milioni di euro) da scontare entro il 2025. Tuttavia, l’iter per accedere al beneficio è molto complesso e prevede ben nove passaggi: certificazione ex ante al Gse; trasmissione a Mimit e Ade da parte del Gse dei progetti presentati; avvio, realizzazione e messa in funzione del progetto da parte dell’impresa (certificati); Certificazione 4.0 per l’impresa; comunicazioni periodiche al Gse sull’avanzamento lavori e sull’investimento; certificazione ex post dell’impianto realizzato o rinnovato; trasmissione da Gse ad Ade dell’elenco delle imprese ammesse al beneficio e l’ammontare dei crediti; compensazione del credito con F24; certificazione dei costi sostenuti a cura del revisore dei conti. 

Come dicevamo, gli incentivi ci sono, le Pmi possono usufruirne, il fai-da-te probabilmente non è consigliabile. 

 

Riferimenti: www.mimit.gov.it