Dati e cultura al centro del futuro

Il consigliere di ANIE Giorgio Ferrando rilancia una visione umanistica dell’industria: per innovare serve evoluzione di pensiero, consapevolezza e capacità di interpretare i dati attraverso creatività, senso critico e visione etica

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Durante la tavola rotonda “Le condizioni per lo sviluppo della fabbrica umano-centrica”, organizzata da SPS Italia a Salerno, Giorgio Ferrando – Consigliere ANIE – ha offerto una riflessione che ha unito rigore tecnico e profondità culturale. Nel suo intervento, Ferrando ha posto l’accento sull’importanza dell’evoluzione del pensiero, accanto a quella tecnologica, come prerequisito per un’innovazione veramente sostenibile.

“ANIE (Associazione Nazionale Industrie Elettrotecniche ed Elettroniche) – dice il suo consigliere Giorgio Ferrando – opera in quattro aree principali: meccatronica, interconnessione, digitalizzazione dei processi e prodotti e automazione. Conta oltre 103 miliardi di fatturato aggregato”.

Evoluzione tecnologica e pensiero critico

“Citando Battiato – continua Ferrando-, con la sua splendida New Frontiers, mi piace ricordare che l’evoluzione sociale non serve al popolo se non è preceduta da un’evoluzione di pensiero. Il cambio che bisogna mettere in atto non è solo di tipo tecnologico, ma anche e soprattutto umano. Questo è ciò che cerchiamo di portare avanti in ANIE”.

L’oro nero del millennio: i dati (ben interpretati)

L’oro “nero” del nuovo millennio sono i dati, ma senza la corretta interpretazione, questi non hanno alcun valore. La cultura, il pensiero critico, la democratizzazione dell’informazione e la creatività sono gli strumenti cognitivi con i quali comprendere, lanciare e capire nuovi modelli di business.

Uomo e organizzazione: il vero nodo

Per tale ragione, un approccio data-driven, la giusta conoscenza dell’AI e la collaborazione uomo-macchina saranno i veri catalizzatori di nuovi processi e opportunità. Oggi il limite non è più la tecnologia, ma la capacità di coordinare un’organizzazione e gestire l’essere umano, con le sue restrizioni, i suoi vincoli, i suoi ostacoli.

Una visione etica e collettiva del cambiamento

L’uomo è il predatore di Hobbes o l’uomo buono, il “buon selvaggio” di Rousseau? Siamo sempre più incentrati sui bisogni individuali, ma forse dobbiamo ricollocare la collettività davanti al singolo, rimettendo le cose al loro posto e usando il senso comune. La nostra storia, collettiva prima di tutto, oltre che personale, può essere la guida a un insieme di decisioni che siano sicure, eque, e corrette sul piano etico, prima ancora che di business.

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