Life Science 4.0…e oltre

La rivoluzione tecnologica industriale non si è ancora pienamente compiuta ma già si affaccia la nuova visione globale di Industry 5.0 che allarga gli orizzonti del mondo produttivo aggiungendo obiettivi sociali, di sostenibilità e di centralità dell’essere umano

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Pharma 4.0

La quarta rivoluzione industriale, a differenza delle precedenti, non ha portato con sé una nuova sola e trainante scoperta (mentre la prima aveva il vapore, la seconda l’elettricità e la terza l’automazione e i computer) ma “soltanto” una rinnovata spinta per un utilizzo ampio e diffuso dell’informazione grazie a molte tecnologie abilitanti, forse non così nuove, ma certamente molto più evolute, piccole, veloci, interconnesse, facili da usare e meno costose.

Il Life Science, e il farmaceutico in particolare, hanno sentito la necessità di far proprio il 4.0 e molti in Italia e nel mondo si sono dedicati con passione a “mettere a terra” tale concetto e a dare vita a progetti innovativi in questa direzione. Tra i tanti cito l’iniziativa globale di ISPE, del cui Comitato Guida mi onoro di fare parte, che ha portato addirittura alla registrazione in Europa del marchio Pharma 4.0™ e che oggi conta un gruppo di interesse di più di duemila professionisti nel mondo, otto gruppi di lavoro e un numero di articoli, interventi, pubblicazioni e seminari ormai difficili da elencare.

Dieci anni dopo, in un mondo immerso nell’ennesima ondata pandemica da Covid e nel quale le pressioni per la gestione non più rimandabile della crisi climatica si fanno sempre più stringenti, si impone la necessità di guardare oltre e inserire nuovi elementi alla quarta rivoluzione industriale.

E allora, dopo alcune doverose premesse, andiamo oltre.

Definizione (personale) di Pharma 4.0

Quando ci confrontiamo sul 4.0 nel Pharma, troppo spesso ci troviamo di fronte a una snocciolata di tecnologie (Industrial IoT, Natural process language, artificial intelligence, virtual e augmented reality, blockchain, advanced robotics, e molti altri nuovi neologismi) non sempre pienamente comprensibili e condivisi, neppure tra gli addetti ai lavori. Ebbene, se l’uso delle tecnologie nel 4.0 è indispensabile, io credo fermamente debba restare “soltanto” abilitante.

Permettemi una personale definizione di Pharma 4.0 che non cita neppure una tecnologia e che ha come fulcro il semplice concetto della “disponibilità delle giuste informazioni”. Punto.

Una azienda del Life Science 4.0 è un’azienda che è nelle condizioni di fornire ai propri collaboratori – siano essi interni o esterni o enti terzi – le informazioni “giuste” – cioè integre, complete ed esaustive – per sostenere, in ogni momento e ovunque si trovino, decisioni basate su analisi, anche di tipo predittivo. Il tutto ovviamente in piena, trasparente e documentata conformità regolatoria. Decisioni che ogni risorsa aziendale deve poter prendere nei giusti tempi su basi oggettive, e quindi non solo i colletti bianchi ma anche gli operatori delle linee di produzione, i manutentori fino a… sì, anche gli addetti alle pulizie, i magazzinieri, gli spedizionieri.
Per arrivare sino alle agenzie regolatorie, che devono anch’esse poter decidere basandosi sulle informazioni “giuste”.
Il tutto senza mai dimenticare qual è l’obiettivo “alto” del nostro settore: fornire tempestivamente farmaci e strumenti medicali innovativi, di qualità, efficaci, sicuri e a costi sostenibili.

A che punto siamo sul Pharma 4.0?

Va detto che in Italia molto è stato fatto da qualche anno a questa parte in termini di innovazione, a partire dal rinnovo delle macchine produttive, anche grazie a un illuminato piano di incentivi sul fronte 4.0. Ma dobbiamo sottolineare con forza che il 4.0 non è solo macchine produttive innovative o una nuova soluzione digitale mobile a supporto delle vendite.

Il 4.0 è integrazione verticale e orizzontale delle informazioni giuste grazie all’uso intelligente delle tecnologie abilitanti che meglio si adattano agli obiettivi dell’azienda, alla sua capacità di spesa, alla sua maturità digitale e alla cultura del suo personale.

D’altro canto, camminando spesso nei corridoi – oggi sempre più in virtuale – degli stabilimenti del comparto, sentiamo dire – e tocchiamo con mano – che siamo ancora davvero indietro su molti fronti e che ancora mancano in molte realtà soluzioni digitali a supporto della gestione delle procedure, di CAPA, di change, della raccolta e analisi dei dati a scopo documentazione di lotto e approvazione per eccezione, delle integrazioni delle macchine di produzione, dei quaderni di laboratorio, della formazione, pianificazione di dettaglio e di molto altro.

Va anche detto che il panorama delle soluzioni regolate disponibili alla fruizione da parte delle aziende italiane non sempre risponde alle esigenze di facilità d’uso, sostenibilità gestionale ed economica, manutenibilità e affidabilità che tutti vorremmo. E che non sempre la qualifica e la convalida degli stessi è così poco onerosa e senza intoppi, come potrebbe sembrare dalle brochure e dai siti dei produttori di tecnologie.

Come ISPE, al fine di disporre di dati oggettivi sulla base dei quali agire a sostegno del nostro ecosistema di professionisti, abbiamo lanciato diverse survey a livello internazionale sullo stato dell’arte e sulla percezione del 4.0 nel Pharma.
Nel 2020 si è svolta la quarta edizione, dedicata allo stato dell’arte e alla percezione del 4.0 nel Pharma (i dati 2021 sono ancora in fase di elaborazione) con una copertura pari a 52 territori nel mondo. I risultati ci dicono che il 18% delle aziende non ha neppure iniziato l’adozione del 4.0, il 37% è appena partito (prima della pandemia era il 26%), il 28% ha in corso progetti pilota e il 17% ha in essere azioni sistematiche.

A dimostrazione che siamo tutti all’inizio del percorso verso il 4.0 e che c’è ancora molto da fare.

La strada verso il 4.0

Il percorso migliore da seguire verso il 4.0 è affrontare insieme innovazione digitale, compliance regolatoria e ricerca della eccellenza dei processi decisionali e operativi, introducendo una adeguata gestione della cultura del cambiamento.

Troppo spesso vediamo aziende che tendono a cercare soluzioni in modo separato sui diversi fronti, ma agire in modo non coordinato sui diversi ambiti può essere controproducente: se si interviene solo sulla compliance regolatoria si rischia di irrigidire i processi aziendali; adottare le tecnologie senza la riprogettazione dei processi può comportare la generazione di inefficienze e può ostacolare il conseguimento dei risultati.

Oltre il 4.0… il 5.0?

Ed ecco allora che mentre siamo ancora nel mezzo del cammino che ci porta al 4.0, la Direzione CE per la ricerca e l’innovazione ci sprona a guardare oltre, con un documento di inizio 2021 dal titolo “Industry 5.0 – towards a sustainable, human-centric and resilient european industry”.

Industry 5.0 non viene intesa dalla Commissione come una continuazione cronologica o un’alternativa all’attuale 4.0. È il risultato di un esercizio lungimirante, è la ricerca di un approccio per far convergere in modo sistemico industria e tendenze sociali e ambientali.

La società 5.0 è una società in cui le tecnologie digitali avanzate – alta connettività, robot, intelligenza artificiale, realtà virtuale, gemelli digitali, modelli previsionali basati su big data – sono attivamente utilizzate nella vita di tutti i giorni, nell’industria, nella sanità e in molti ambiti delle attività umane, non per puro vantaggio economico, ma per il beneficio e il benessere di ogni cittadino.

Il 5.0 viene inquadrato in un obiettivo più ampio rispetto al 4.0, grazie a tre nuovi elementi essenziali:

  • la resilienza,
  • la sostenibilità,
  • la centralità umana.

Resilienza

La resilienza si riferisce alla necessità di sviluppare un più alto grado di robustezza nella produzione industriale e nei servizi, strutturandoli al meglio contro le interruzioni e assicurandosi che possano continuare a fornire e sostenere, in particolare in tempi di crisi, prodotti e servizi critici. Si pensi alla carenza riscontrata durante la pandemia rispetto ad alcuni reagenti, sostanze attive, semplici mascherine e ventilatori.

Dovremo in fretta e con forza ribilanciare e sviluppare catene del valore strategiche sufficientemente resilienti, riprogettare capacità produttive adattabili e processi aziendali flessibili, in particolare quando le catene del valore sono alle base di esigenze umane fondamentali come l’energia, l’acqua, l’alimentazione e l’assistenza sanitaria.

Sostenibilità

Per soddisfare i bisogni delle generazioni di oggi senza mettere a repentaglio le necessità di quelle future dobbiamo certamente rendere le nostre attività più sostenibili. Abbiamo bisogno di sviluppare sempre più processi circolari, anche nel nostro settore, che riutilizzino, ripropongano e riciclino le risorse naturali, riducano gli sprechi, i consumi energetici e le emissioni di gas serra.

La persona al centro

Piuttosto che usare l’ennesima “invenzione” come punto di partenza per aumentare produttività e ritorno economico, il 5.0 ci porta finalmente verso un approccio incentrato sull’ essere umano – con qualunque sfumatura di diversità possa portare – per mettere al centro della nostra società e del nostro mondo di produzione gli interessi umani fondamentali: sicurezza, dignità e benessere.

Non chiediamoci perciò cosa di meglio possiamo fare con le nuove tecnologie, chiediamoci invece cosa può fare la tecnologia per noi. Piuttosto che chiedere all’operatore sulla linea di produzione di adattare le sue competenze alle esigenze delle nostre macchine, utilizziamo la tecnologia per adattare la sua interazione con la macchina e per formarlo a prendere la decisione giusta al momento giusto. Un essere umano potenziato in tutti i sensi dalle macchine e dal digitale – come conoscenza, ma anche come potenza se pensiamo ad esempio agli esoscheletri – e non per nulla sostituito. Anzi.

Il genio Charlie Chaplin, 85 anni fa, ci raccontava in “Tempi moderni” della persona schiacciata dalla tecnologia e, soprattutto, dall’uso che altre persone ne facevano. Era un poeta universale che parlava di temi universali, ma prendeva spunto da una brutta realtà.

Ora abbiamo i mezzi, la cultura e l’occasione per ribaltare definitivamente quella realtà. E ci troviamo in un momento e un settore che sta dimostrando al mondo di essere essenziale per il benessere dell’umanità. Facciamolo.