Il neo costituito governo, presieduto da Mario Draghi, ha deciso di valutare in concreto la possibilità di produrre vaccini anti Covid-19 in Italia. Questo perchè, ormai, da qualche settimana, le vaccinazioni in corso nel nostro Paese subiscono rallentamenti a causa della mancanza di dosi da somministrare e costringono le Autorità a modificare dall’oggi al domani il piano di immunizzazione di massa della popolazione italiana. Adesso però si profila all’orizzonte un cambiamento che si spera possa dare i suoi frutti in un ragionevole lasso di tempo.
Il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha posto l’accento sulla necessità di aumentare la produzione di vaccini utilizzando gli impianti dell’industria farmaceutica italiana e, contemporaneamente, intervenire, congiuntamente all’UE, presso l’Agenzia europea per il medicinali (Ema) affinché provveda alle approvazioni dei sieri immunizzanti con maggior sollecitudine rispetto a quanto fatto finora.
Draghi ha anche deciso che si occuperà personalmente degli aspetti che riguardano l’Unione Europea mentre il Ministro dello Sviluppo procederà a una verifica con Farmindustria per capire cosa, quando e quanto si potrà fare in Italia in tempi brevi.
Produzione dei vaccini anti Covid-19 in Italia o infialamento
Due sembrano essere le opzioni possibili e fattibili sul territorio italiano: produrre i vaccini o riempire le fiale con prodotti che potrebbero arrivare dall’estero, procedura chiamata ‘infialamento’.
Per ora Farmindustria sta procedendo a stilare una lista di aziende potenzialmente interessate a partecipare a questa iniziativa governativa ed è al momento l’unico interlocutore di Giorgetti. Tuttavia, in tempi brevi, i colloqui del ministro potrebbero coinvolgere anche singole società.
Per Scaccabarozzi seguire la strada della produzione conto terzi
Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, ha già messo sul tavolo l’ipotesi più plausibile, quella che aziende terze producano vaccini dopo accordi sottoscritti con le società multinazionali che possiedono i brevetti. Con questa formula, ha precisato Scaccabarozzi
“non ci sarebbe bisogno che lo Stato acquisti i diritti, da sempre nel mondo farmaceutico ci sono partnership di questo tipo”.
Corsa contro il tempo
Il presidente di Farmindustria ha però avvertito che il problema principale della produzione nazionale di vaccini è la tempistica necessaria per avere un risultato utile nel contrastare la pandemia: ci vogliono infatti almeno 4-6 mesi. Scaccabarozzi ha infatti precisato:
“Stiamo cercando di capire se ci sono aziende in grado di supportare la produzione e soprattutto in quali fasi. Potrebbe essere la produzione vera e propria con i bioreattori se ci sono, o anche l’infialamento come già accade ad esempio con la Catalent di Anagni”.
Il progetto è ambizioso anche se presenta il rischio di arrivare a ottenere risultati fuori tempo massimo perché a quel punto saranno molti i vaccini in circolazione e disponibili.