Verso il modello alimentare del futuro

Onfoods, che rappresenta uno dei partenariati identificati dal Mur nell’ambito del Pnrr, avrà come obiettivo specifico lo sviluppo di una filiera agroalimentare sostenibile e sicura. Ma anche il potenziamento strutturale del sistema nazionale di ricerca 

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Daniele Del Rio

Mettendo a disposizione una dotazione di oltre 1,6 miliardi, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) finanzierà anche la ricerca base attraverso 14 partenariati estesi che comprendono università, centri di ricerca e aziende. Seguendo i precetti del Piano, l’obiettivo non è solo il rilancio del sistema italiano di ricerca (ripresa) ma anche il suo rafforzamento strutturale in un’ottica di lungo periodo (resilienza). Ulteriore, apprezzabile caratteristica, il programma non distribuisce fondi a pioggia ma indica i filoni sui quali si deve concentrare la ricerca, sulla falsa riga dell’approccio seguito dalla Commissione europea con i suoi programmi di finanziamento come Horizon Europe.

Tra le tematiche indicate dal ministero dell’Università e della ricerca c’è anche lo sviluppo di modelli per un’alimentazione sostenibile, area nella quale è stato premiato il progetto della fondazione Onfoods, coordinata dall’Università di Parma e costituita da un partenariato di 26 realtà impegnate nel settore alimenti e nutrizione. Insieme a istituti universitari e di ricerca sono coinvolte anche realtà private come Barilla, De’ Longhi, Tecnoalimenti e Confcooperative. “Con i Partenariati – afferma il sito del Mur – continua l’inclusione tra pubblico e privato anche nell’area della ricerca fondamentale”.

La Fondazione lavorerà per raggiungere sei obiettivi strategici in linea con Pnrr, Horizon Europe (il programma di ricerca UE) e l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile (SDGs) operando su sette direttrici strategiche (gli “spoke”) che copriranno i temi di Sostenibilità globale, Sistema alimentare e di distribuzione intelligente e circolare, sicurezza alimentare di alimenti tradizionali e novel food, qualità degli alimenti e nutrizione, nutrizione permanente, lotta alla malnutrizione e politiche, comportamenti ed educazione.

Un progetto con obiettivi ambiziosi e di elevata complessità, come ci spiega Daniele Del Rio, professore ordinario di Nutrizione umana all’Università di Parma e coordinatore del progetto Onfoods. 

«Sì, il progetto presenta un elevato grado di complessità e non potrebbe essere altrimenti, anche perché l’obiettivo del ministero dell’Università e della ricerca per il Pnrr è stato quello di mettere a sistema il maggior numero possibile di competenze di alto livello sulle specifiche tematiche. Onfoods, ad esempio, coinvolge 26 organizzazioni di eccellenza sia pubbliche che private, quasi 350 ricercatori e deve gestire un finanziamento da 114 milioni di euro. La sfida per noi è quella di riuscire a coordinare tutte queste realtà con il maggior equilibrio possibile tra i diversi punti di vista in modo da perseguire nel migliore dei modi gli obiettivi di sostenibilità e sicurezza della filiera alimentare che ci siamo prefissati».

Oltre alle finalità di sostenibilità della filiera agroalimentare, di per sé già abbastanza ambiziose, ci sono anche aspettative sul rafforzamento della rete nazionale di ricerca.   

È importante sottolineare che esiste anche un obiettivo più generale di questi partenariati: per dirla con le parole del ministero, si tratta di “rafforzare le filiere della ricerca a livello nazionale e promuovere la loro partecipazione alle catene di valore strategiche europee e globali”. È  un obiettivo strategico fondamentale per il nostro Paese, che mira a rafforzare la capacità di ricerca nazionale su specifiche tematiche anche sul lungo termine, oltre l’orizzonte dei finanziamenti del Pnrr. Il progetto della fondazione Onfoods prevede un significativo investimento sia nel potenziamento delle strumentazioni e delle infrastrutture analitiche a disposizione della ricerca, sia per ampliare il numero di ricercatori specificamente formati sugli obiettivi del progetto. Questa “dotazione” permetterà un salto di qualità stabile nel sistema di ricerca nazionale avviando progetti e creando network di competenze, sinergie, complementarietà la cui azione continuerà anche dopo il triennio di finanziamento del Pnrr. In questo si può rilevare una certa differenza tra i Centri nazionali – destinati a rimanere punti di riferimento anche in futuro – e le fondazioni, come Onfoods, la cui attività è soprattutto quella di avviare partenariati, collaborazioni, ricerche coordinate che poi possano proseguire autonomamente. Non è escluso, naturalmente, che la fondazione mantenga un ruolo anche in futuro ma probabilmente sarà un po’ diverso.

Il meccanismo dei partenariati è molto importante perché garantisce la continuità anche per progetti con Trl relativamente bassi (il Trl, Technology readiness level, indica il grado di maturità di una tecnologia. I livelli più bassi indicano studi più affini alla ricerca di base, quelli più elevati sono attribuiti a sistemi vicini alla commercializzazione, NdR). 

Oltre all’avvio delle ricerche in partnership tra i 26 enti coinvolti, la fondazione erogherà finanziamenti per singoli progetti attraverso call aperte anche a piccole e medie imprese, startup, spinoff. Un’occasione per molte idee imprenditoriali innovative di trovare spazio o acquisire un nuovo slancio.         

Una direttrice di ricerca riguarda in modo specifico la circolarità del sistema alimentare, tema che al centro dell’evento Insafe 

Lo spoke due (smart and circular food system and distribution), guidato dal consiglio nazionale delle ricerche, presenta due punti nodali: il primo riguarda la parte “circular”, il recupero dei prodotti degli scarti di produzione agroalimentare. Su questo aspetto va sottolineata una differenza tra Onfoods e Agritech, il “Centro nazionale per lo sviluppo delle nuove tecnologie in agricoltura” anch’esso creato nell’ambito del Pnrr. Sebbene le aree di competenza si sovrappongano parzialmente – ma questo è inevitabile, – in tema di circolarità Agritech risulta più focalizzato sulla ricerca di soluzioni per mantenere i sottoprodotti nel contesto delle produzioni primarie, mentre Onfoods prevede un’applicazione più ampia. Nel nostro caso, infatti, l’obiettivo sarà il recupero di prodotti o molecole ad alto valore e la loro reintroduzione nel contesto degli alimenti e di integratori e supplementi. Tra i due progetti, comunque, è previsto un elevato livello di coordinamento in modo da limitare sovrapposizioni e favorire le sinergie laddove siano utili al sistema nazione. Il secondo punto nodale dello spoke – che vede il coinvolgimento soprattutto del Politecnico di Milano – riguarda la smart logistics, lo sviluppo cioè di sistemi intelligenti e innovativi per il trasporto degli alimenti – e degli scarti – che riducano gli sprechi di alimenti e l’impatto ambientale della filiera. 

Quali sono i maggiori ostacoli allo sviluppo di soluzioni nel campo del recupero dei sottoprodotti agroalimentari?  

Le conoscenze tecniche non rappresentano un aspetto critico: i nostri centri di ricerca a livello nazionale hanno tutte le competenze necessarie per svolgere operazioni di estrazione, purificazione, caratterizzazione con la qualità necessaria, anche ponendo la dovuta attenzione agli aspetti di sostenibilità ambientale. Quello che forse manca è proprio il coordinamento tra le varie attività e competenze. Finora, molte  ricerche si sono concentrate su prodotti locali coinvolgendo prevalentemente realtà dell’area di studio, ad esempio i centri di ricerca in Sicilia e Calabria potrebbero essersi focalizzati sul recupero degli scarti di agrumi mentre nel Nord-Italia si lavorava su altri prodotti locali. Queste progettualità hanno generalmente pochi punti di contatto. 

Il valore aggiunto di Onfoods, in questo senso è quello di favorire attività a elevato livello di condivisione, creando occasioni di contatto e reti in cui tecnologie sviluppate da un ente vengono utilizzate su materiali provenienti da aree geografiche distanti, producendo lavorati che possono poi essere impiegati sperimentalmente da un terzo ente ancora, e così via. Sono previsti progetti che, con questo approccio, partono dallo scarto agroalimentare e arrivano fino alla molecola finale a elevato valore aggiunto attraversando anche spoke differenti, ognuno per la sua competenza.

Per fare un esempio, un centro del partenariato, nel contesto dello spoke 2, potrebbe sviluppare un processo estrattivo innovativo e sostenibile per recuperare composti utili da uno scarto di lavorazione degli alimenti (o – perché no? – da una biomassa proveniente dal Centro nazionale Agritech), per poi inviare il prodotto di estrazione allo spoke 3 per una valutazione della sua sicurezza e allo spoke 4 per lo sviluppo sperimentale di un alimento funzionale che ne sia addizionato e che sia buono, tecnologicamente sostenibile e di cui si valuti l’effetto sulla salute. Un ultimo passaggio potrebbe poi coinvolgere lo spoke 6 per un’applicazione, sempre sperimentale, del prodotto stesso a una categoria particolare di soggetti in condizioni di fragilità. Insomma, tutte le competenze messe a sistema sono vincenti.

Eventi come il convegno Insafe possono fornire un contributo per favorire la condivisione? 

Senza ombra di dubbio. Sono occasioni nelle quali realtà di settori, dimensioni, competenze e aree geografiche differenti hanno l’opportunità di incontrarsi e confrontarsi sulle reciproche esigenze. Io stesso porterò il mio contributo con un intervento per illustrare i contenuti di Onfoods. Credo che in futuro il convegno possa anche rappresentare un’opportunità di ingaggio e coinvolgimento delle realtà di minori dimensioni come piccole e medie imprese, spinoff e startup interessate al tema della circolarità e dell’aumento del valore del prodotto di scarto.