Effetto della glicina su patogeni multifarmaco resistenti

Uno studio condotto presso l'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana mostra un'attività dose-dipendente della glicina sui batteri e la sua attività battericida sui batteri multifarmaco resistenti

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studio clinico glicina

La gestione delle infezioni causate da patogeni multifarmaco resistenti è una delle più importanti sfide per la salute. In Italia, il problema dell’antimicrobico resistenza è particolarmente diffuso. In Toscana, per esempio, enterobatteri produttori di carbapenemasi sono ormai divenuti endemici.

Le proprietà antibatteriche della glicina – l’amminoacido non essenziale più semplice e comune negli esseri umani – sono note fin dal secolo scorso: per molti batteri alte concentrazioni di glicina inducono lisi o profonde alterazioni morfologiche, tuttavia, l’effetto della glicina sui microrganismi multifarmaco resistenti non era ancora stato ampiamente studiato.

La sezione dipartimentale di Microbiologia batteriologica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana ha messo quindi a punto uno studio in vitro – pubblicato su Microbiology Spectrum nell’articolo “Glycine restores the sensivity to antibiotics in multidrug resistant bacteria“, a firma di Cesira Giordano e Simona Barnini, direttrice della struttura – per:

  1. stabilire l’effetto della glicina su diversi patogeni nosocomiali isolati batterici durante le indagini diagnostiche di routine;
  2. determinare la concentrazione minima inibitoria della glicina e il tipo di attività svolta (batteriostatica o batericida) su isolati rappresentativi;
  3. testare interazioni tra glicina e meropenem (carbapenemico), cefiderocol (cefalosporina) o colistina (polimixinico).

scarica lo studio completo

Efficacia della glicina

Dallo studio è emerso che la glicina, dosata in coltura secondo standard scientifici ben precisi in associazione ad alcune classi di antibiotici fra quelli maggiormente utilizzati contro i batteri MDR (MultiDrug Resistant), ossia betalattamici come i carbapenemi e le cefalosporine, e i polimixinici, è in grado non solo di esprimere la sua potenzialità battericida ma anche di risvegliare la sensibilità dei germi a questi antibiotici.

Ora servono studi in vivo che confermino l’efficacia di questo aminoacido contro le infezioni, ma i risultati in vitro lasciano intravedere un possibile antidoto alla multiresistenza batterica: una vera rivoluzione, oltretutto alla portata anche dei Paesi in via di sviluppo, visto il basso costo della molecola sul mercato. Lo studio non è stato brevettato proprio per consentire a tutti di beneficiare delle acquisizioni scientifiche emerse.

Nel corso dei vari esperimenti condotti su ceppi batterici isolati da resti di campioni prelevati in pazienti ricoverati in ospedale rispettando l’anonimato, sono stati studiati 154 batteri patogeni, scelti per le loro caratteristiche di resistenza agli antibiotici. Nel dettaglio, 10 isolati di Escherichia coli, 10 di Proteus mirabilis, 4 di Proteus vulgaris, 6 di Morganella morganii, 1 di Raoultella ornithinolytica, 60 di Klebsiella pneumoniae, 7 di Acinetobacter baumannii, 4 di Klebsiella oxytoca, 10 di Pseudomonas aeruginosa, 10 di Stenotrophomonas maltophilia, 10 di Enterobacter cloacae, 5 di Enterobacter aerogenes, 6 di Citrobacter freundii, 10 di Serratia marcescens, 1 di Yersinia enterocolitica e 1 di Enterococcus faecalis resistente ai glicopeptidi. L’efficacia della glicina, sia da sola che in combinazione con gli antibiotici è stata accertata su tutti i microrganismi saggiati.

Simona Barnini

Per il prossimo futuro, si pensa di procedere alla sperimentazione in vivo, direttamente sull’uomo, dato che si tratta di un aminoacido normalmente assunto con l’alimentazione e prodotto anche dall’organismo.

L’azione battericida sembra sia dovuta all’effetto di questa molecola sulla parete batterica, un costituente cellulare posseduto soltanto dai batteri.

L’impiego della glicina nella pratica clinica, oltre a permettere di risolvere infezioni gravi, in associazione ad antibiotici che altrimenti sarebbero inefficaci, consentirebbe anche di prevenire le infezioni, eliminando i potenziali patogeni che colonizzano i pazienti che devono andare incontro ad interventi chirurgici, ad indagini diagnostiche invasive, a trapianti.