Il 25 giugno 2023 è entrata in vigore la nuova normativa dettata dal decreto legislativo n. 28 del 10 marzo 2023 che, recependo nel nostro ordinamento la Direttiva (UE) 2020/1828, ha introdotto nel Codice del consumo un nuovo strumento a tutela degli interessi collettivi dei consumatori: si tratta dell’azione rappresentativa, che affianca la già esistente disciplina italiana in materia di “class action” prevista dal codice di procedura civile.
Tra i settori interessati dalla nuova normativa e che quindi possono costituire oggetto di un’azione rappresentativa sono inclusi anche la fornitura dei dispositivi medici e la responsabilità da prodotto difettoso.
La nuova azione rappresentativa è uno strumento in grado di rafforzare in maniera significativa la tutela dei consumatori nei confronti delle imprese, che sono e saranno chiamate a prestare massima attenzione sia nella fase di prevenzione dei rischi, sia in caso di coinvolgimento in un giudizio.
Il destinatario di tali azioni è qualsiasi persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che agisce anche tramite un altro soggetto per fini relativi alla propria attività commerciale, imprenditoriale, artigianale o professionale.
L’azione rappresentativa può essere promossa esclusivamente dai c.d. enti legittimati dotati di specifici requisiti (associazioni di consumatori e utenti, organismi pubblici indipendenti), i quali potranno avviare a tutela degli interessi collettivi dei consumatori sia azioni nazionali che transfrontaliere, volte ad ottenere l’adozione di provvedimenti inibitori o compensativi, che potranno essere richiesti anche in via cumulativa.
Da segnalare il fatto che agli enti legittimati è consentito agire anche senza un preventivo mandato da parte dei consumatori, i quali potranno aderire all’azione rappresentativa anche in un momento successivo alla sua instaurazione.
La bilancia pende dalla parte dei consumatori
Inoltre, l’onere probatorio e gli adempimenti in giudizio sono decisamente “sbilanciati” a favore dei consumatori rispetto alle imprese: da un lato, infatti, l’ente che promuove l’azione non deve provare la colpa o il dolo dell’impresa (o del professionista), né le perdite o i danni effettivi subiti dai singoli consumatori interessati; dall’altro lato, il giudice può applicare pene pecuniarie (fino a 100.000 euro) alla parte (ma ragionevolmente si tratterà dell’impresa) che si rifiuti o non adempia all’ordine di esibizione del giudice oppure alla parte che distrugga prove rilevanti ai fini del giudizio. Sono previste inoltre sanzioni pecuniarie in caso di inadempimento agli obblighi stabiliti dal provvedimento del Giudice. Anche la disciplina delle spese legali risulta favorevole al consumatore, che potrà essere condannato al rimborso delle spese solo in caso di mala fede o colpa grave.
In definitiva, la nuova normativa punta a definire una forma di tutela ispirata al modello statunitense di “class action” e consentire anche in Italia azioni collettive a tutela dei diritti dei consumatori, che con la disciplina attuale hanno trovato fino ad oggi una limitata diffusione.
Tutto ciò espone maggiormente le imprese al rischio di diventare oggetto di nuove azioni legali e rende necessario che le medesime prestino la massima attenzione nel procedere a una preventiva e capillare analisi dei rischi dei propri prodotti, ma anche a una puntuale conservazione di tutta la documentazione riguardante l’iter di produzione del singolo dispositivo; ciò al fine di poter tempestivamente reagire e far fronte a eventuali azioni rappresentative nelle quali si trovassero coinvolte, sia a livello nazionale che transnazionale.