L’oblio oncologico: il diritto degli ex pazienti a non essere discriminati

In Italia è iniziato lo scorso anno, con la presentazione del DDL 2548, l'iter legislativo sull'oblio oncologico: i pazienti clinicamente guariti dal cancro devono essere considerati tali anche dal punto di vista sociale

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La malattia del cancro è oggi, con più di 1.000 nuove diagnosi al giorno, una patologia socialmente rilevante, non solo dal punto di vista sanitario (prevenzione, diagnosi e cura), bensì anche rispetto agli effetti “invalidanti” che tale malattia ha sulla vita del paziente, anche in caso di guarigione. Sebbene, infatti, le guarigioni si attestino intorno al 27%, può accadere che coloro ai quali è stata diagnosticata una patologia oncologica siano discriminati in molteplici ambiti della loro vita, in particolare per ciò che riguarda l’accesso al credito bancario, ai servizi assicurativi e alle procedure di adozione: si tratta di soggetti ritenuti ad “alto rischio” con una prognosi di vita non rassicurante a causa della propria storia medica.

In sede di accensione di un mutuo bancario o di sottoscrizione di una polizza assicurativa, vengono, infatti, richieste specifiche dichiarazioni in ordine a pregresse patologie oncologiche, ritenute incidenti sulla valutazione del rischio dell’operazione, in quanto sintomatiche di potenziale non solvibilità del cliente. Agli ex pazienti oncologici viene quindi richiesto, per poter accedere a detti servizi, di prestare garanzie ulteriori rispetto a quelle normalmente e normativamente previste.

Parimenti, nei procedimenti di adozione – sovente unici percorsi per coronare il sogno della genitorialità per quanti, a causa della malattia, abbiano visto compromessa la propria capacità riproduttiva – la pregressa patologia oncologica viene considerata indice di inidoneità genitoriale, ricollegata, anche in questo caso, a una non rassicurante prognosi di “durata” della vita.

L’oblio oncologico

Di qui la necessità, sempre più sentita nella coscienza civile e nel dibattito pubblico, anche europeo, di individuare uno strumento per la tutela di tali soggetti: nasce così il concetto di “oblio oncologico”, ossia il diritto delle persone che sono state affette da patologia oncologica a non subire discriminazioni, in particolare nell’accesso all’adozione di minori e ai servizi bancari e assicurativi.

In Francia, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi e Portogallo sono stati introdotti specifici divieti per gli istituti di credito e assicurativi che, dopo un determinato periodo di tempo dalla guarigione, non potranno valutare, ai fini dell’operazione, le pregresse patologie oncologiche del contraente.

Analoghe indicazioni sono contenute nella risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022 “Rafforzare l’Europa nella lotta contro il cancro – Verso una strategia globale e coordinata” (2020/2267(INI)), dove – al paragrafo 125 – viene richiesto che «entro il 2025, al più tardi, tutti gli Stati membri garantiscano il diritto all’oblio a tutti i pazienti europei dopo dieci anni dalla fine del trattamento e fino a cinque anni dopo la fine del trattamento per i pazienti per i quali la diagnosi è stata formulata prima dei 18 anni di età ».

E in Italia?

A febbraio 2022, è stato presentato il Disegno di legge n. 2548, recante “Disposizioni in materia di parità di trattamento delle persone che sono state affette da patologie oncologiche”.

In linea con le indicazioni europee, il disegno di legge detta specifiche disposizioni volte ad assicurare la parità di trattamento per gli ex pazienti oncologici in alcuni specifici ambiti, quali appunto il settore dei contratti bancari e assicurativi e le procedure di adozione, in attuazione degli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, degli articoli 7, 8, 21, 35 e 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché dell’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, recependo le indicazioni provenienti dall’Unione europea, nonché l’esperienza giuridica di altri Stati membri dell’Unione.

Si tratta, evidentemente, di interventi normativi indispensabili per porre fine a condotte discriminatorie poste in essere ai danni di pazienti già duramente provati dalla patologia da cui, peraltro, sono ormai considerati guariti e tali vanno considerati anche dal punto di vista sociale oltre che clinico.