Cellule artificiali per far differenziare i neuroni

Grazie a una ricerca guidata dall’Università di Trento, sono state sviluppate cellule artificiali in grado di comunicare con cellule neuronali staminali e farle differenziare in neuroni maturi

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Cellule artificiali per far differenziare i neuroni

Uno studio dimostra che mimi cellulari costruiti in laboratorio possono trasmettere segnali proteici a cellule neuronali viventi, inducendole a modificarsi e a differenziarsi in neuroni. Questo approccio apre una strada promettente all’impiego di cellule artificiali per scopi terapeutici.

La ricerca deriva dalla collaborazione di tre gruppi di ricerca del Dipartimento Cibio dell’Università di Trento: i laboratori di Sheref Mansy, Marie-Laure Baudet e Luciano Conti. I primi due si sono aggiudicati il premio Career Development Award (CDA) della Fondazione Armenise Harvard, che ha supportato la ricerca. Tra gli istituti coinvolti, anche il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’Università dell’Alberta in Canada. Lo studio è stato pubblicato su Science Advances.

 I ricercatori hanno combinato studi di neuroscienze e di intelligenza artificiale applicati alla biologia cellulare.

Lo studio

Nello studio sono state utilizzate cellule artificiali costruite dal postdoc Duhan Toparlak nel laboratorio di Origine della Vita e Biologia Sintetica al Dipartimento Cibio dell’Università di Trento. Queste cellule artificiali sono in grado di percepire un segnale fisiologico e, in risposta, possono rilasciare un altro segnale proteico specifico che porta alla differenziazione delle cellule neuronali. Sono quindi in grado di guidare e sostenere i processi biologici necessari per la conversione delle cellule staminali del cervello in neuroni maturi.

I ricercatori hanno sviluppato una strategia per identificare un messaggero costituito da cellule artificiali geneticamente controllate che potesse essere riconosciuto da un neurone. Hanno poi definito un’interpretazione biologica in grado di rivelare che il messaggio venisse effettivamente compreso dalle cellule naturali. Sono infine riusciti ad accelerare la crescita degli assoni e a promuovere la differenziazione e la sopravvivenza delle cellule staminali neurali. Questo risultato può avere un impatto enorme per la clinica delle malattie neurodegenerative. Apre infatti la strada alla produzione di cellule artificiali in grado di sintetizzare e rilasciare specifiche molecole di farmaci per ottenere soluzioni terapeutiche altamente personalizzate.

I ricercatori che hanno scoperto la capacità delle cellule artificiali di far differenziare correttamente i neuroni

Il leader dello studio è  Sheref Mansy, biochimico di origine statunitense trasferitosi da Boston a Trento nel 2009, dopo aver vinto il CDA Armenise Harvard. È a capo del Laboratorio di Origine della Vita e Biologia Sintetica al Dipartimento Cibio dell’Università di Trento nonché professore al Dipartimento di Chimica dell’Università dell’Alberta.

Il team di Sheref Mansy ha lavorato a stretto contatto con quello di Marie-Laure Baudet e con quello di Luciano Conti. I tre team hanno integrato le rispettive esperienze nel campo della biologia sintetica, in quello dello sviluppo assonale e in quello delle cellule staminali del cervello.

Luciano Conti è professore di Biologia Applicata ed è a capo del Laboratorio di Biologia delle Cellule Staminali all’Università di Trento, dove svolge la propria attività dal 2013, dopo aver lavorato all’Università di Milano e in Gran Bretagna. Le sue ricerche hanno portato a importanti risultati riguardanti la produzione di cellule staminali del cervello e neuroni da cellule staminali pluripotenti e da tessuto cerebrale.

Marie-Laure Baudet, biologa di origine francese e vincitrice del CDA Armenise Harvard nel 2012, guida il Laboratorio Giovanni Armenise Harvard di Neurobiologia degli Assoni. Si è trasferita a Trento dopo aver lavorato in Canada e Gran Bretagna. Al Dipartimento Cibio dell’Università di Trento ha identificato uno dei processi cruciali nella formazione delle connessioni neuronali.

La Fondazione Armenise Harvard

La Fondazione Giovanni Armenise Harvard è nata nel 1996 per iniziativa del Conte Giovanni Auletta Armenise con lo scopo di supportare la ricerca di base in campo biomedico. Aiuta giovani scienziati che lavorano all’estero a fondare il proprio laboratorio in Italia, e supporta vari programmi di ricerca alla Harvard Medical School di Boston. Ha investito oltre 70 milioni di dollari ad Harvard e 31 milioni di dollari per la scienza italiana. Il finanziamento Career Development Award (CDA) ammonta a 200.000 dollari all’anno (per un periodo compreso fra i 3 e i 5 anni) e fino adesso ha supportato 27 giovani scienziati per fondare laboratori di ricerca in Italia.

Insieme al San Raffaele di Milano, L’Università di Trento è l’istituto di ricerca che ospita più vincitori del grant Armenise Harvard, con 5 ricercatori premiati nell’ultimo decennio.