Dati su ibrutinib per la leucemia linfatica cronica

Le analisi combinate con follow-up a lungo termine confermano l’efficacia e la sicurezza del farmaco in pazienti ad alto rischio. Lo studio di fase 2 CAPTIVATE ne avvalora l’impiego in prima linea, in terapia a durata fissa in combinazione con venetoclax. Risultati real-world confermano i vantaggi del trattamento a base di ibrutinib in prima linea

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ibrutinib per la leucemia linfatica cronica

Janssen, azienda farmaceutica del Gruppo Johnson & Johnson, ha presentato al congresso 2020 dell’American Society of Hematology (ASH) numerosi nuovi dati relativi a ibrutinib per il trattamento di pazienti adulti con leucemia linfatica cronica (LLC).

Dati su ibrutinib per la leucemia linfatica cronica

ibrutinib è il primo antitumorale orale della classe degli inibitori della tirosin-chinasi di Bruton (BTK).

Analisi integrata degli studi REASONATE-2 e iLLUMINATE

L’analisi integrata di due studi (REASONATE-2 e iLLUMINATE) con un follow-up a lungo termine a 79 mesi, ha mostrato risultati comparabili nella sopravvivenza libera da progressione (PFS) e nei tassi di risposta complessiva (ORR),

  • in pazienti con caratteristiche di alto rischio genomico (quali delezione di 17p o mutazione di TP53 o mutazione di BIRC3),
  • in pazienti senza alto rischio genomico.

Inoltre, ha evidenziato vantaggi significativi per entrambi i parametri dall’impiego di ibrutinib rispetto alla terapia a base di clorambucile, indipendentemente dal rischio genomico.

A 42 mesi, i tassi PFS sono significativamente maggiori in tutti i gruppi ad alto rischio trattati in prima linea con ibrutinib (da 63 a 82%) rispetto a quelli in cura con clorambucile (da 6 a 34%).

A una mediana di durata di trattamento con ibrutinib di 35,7-43,8 mesi non si riscontrano differenze di eventi avversi di ogni grado o di grado 3 o maggiore in tutti i gruppi ad alto rischio, rispetto alla popolazione complessiva in esame.

Analisi combinata degli studi RESONATE-2, iLLUMINATE, E1912 e 1122e

Una seconda analisi combinata di quattro studi (RESONATE-2; iLLUMINATE; E1912, disegnato e condotto dall’ECOG-ACRIN Cancer Research Group e sponsorizzato dal National Cancer Institute del National Institutes of Health, e 1122e, sponsorizzato dal National Heart, Lung, and Blood Institute), con una mediana di follow-up di oltre 4 anni su 89 pazienti con LLC ad alto rischio per mutazione di TP53, ha evidenziato l’efficacia sostenuta di ibrutinib, inclusa la PFS, suggerendo che il farmaco migliori significativamente la prognosi infausta in questa popolazione ad alto rischio.

A 48 mesi, la PFS è 79% e la sopravvivenza complessiva (OS) 88%, tra i pazienti ad alto rischio trattati in monoterapia. Inoltre, il 46% dei pazienti con mutazione di TP53 rimane in trattamento con ibrutinib e il 39% mostra risposta completa.

In questa analisi non si è rilevato alcun nuovo evento avverso e, in generale, i tassi di AE di grado 3 o superiore sono diminuiti dopo il primo anno di trattamento.

Studio CAPTIVATE su ibrutinib più venetoclax per la leucemia linfatica cronica

All’ASH 2020, sono stati presentati anche i dati dello studio di fase 2 CAPTIVATE, volto a valutare, in pazienti adulti di età inferiore ai 70 anni, anche ad alto rischio, il ruolo di efficacia e sicurezza della combinazione ibrutinib più venetoclax nel trattamento della LLC.

Lo studio CAPTIVATE prevede l’arruolamento in due coorti:

  • una in cui la durata del trattamento è guidata dal  valore di MRD dopo 12 cicli di terapia con venetoclax e ibruitnib in combinazione
  • una seconda coorte, a durata fissa, in cui i pazienti interrompono la terapia dopo i 12 cicli di trattamento, indipendentemente dal valore di MRD.

I pazienti della prima coorte (n=164; mediana età, 58 anni), che hanno raggiunto una uMRD (definita come <10-4 con citofluorimetria a 8 colori) nel sangue e nel midollo osseo, sono stati successivamente randomizzati in doppio cieco per continuare il trattamento con ibrutinib in monoterapia o placebo, fino a progressione della malattia.

I risultati hanno dimostrato che nei pazienti con malattia minima residua non rilevabile (uMRD), la sopravvivenza libera da malattia (DFS) a un anno non è significativamente diversa fra coloro che hanno ricevuto il placebo rispetto a quelli trattati con ibruitinib (95,3%, rispettivamente 100%, [p=0,1475]).

I pazienti che non hanno raggiunto la uMRD dopo 12 cicli, sono stati invece randomizzati a riceve ibrutinib in monoterapia o in combinazione con venetoclax.

Con una durata complessiva mediana di trattamento di 28,6 mesi (range 0,5-39,8) con ibrutinib e 12 mesi (range 0,8-34,1) con venetoclax, si è ottenuto con la terapia di combinazione una maggiore percentuale uMRD rispetto alla monoterapia con ibrutinib. In tutti e quattro i gruppi di trattamento, la sopravvivenza libera da progressione a 30 mesi era uguale o superiore al 95%.

Il profilo di sicurezza della combinazione ibrutinib più venetoclax si è dimostrato coerente con quelli noti per entrambi i farmaci. Gli eventi avversi più comuni di grado 3 o 4 sono stati neutropenia (36%), ipertensione (10%), trombocitopenia (5%) e diarrea (5%).

Ibrutinib più venetoclax è un’associazione per via orale, da somministrarsi una volta al giorno.

William Wierda, M.D., Professor, Department of Leukaemia, University of Texas MD Anderson Cancer Center, coordinatore dello studio dichiara che questi dati dimostrano il potenziale di questa associazione nel trattamento di prima linea della leucemia linfatica cronica. Infatti,  senza bisogno di ricorrere alla chemioterapia, garantisce remissioni profonde della MRD nel sangue e nel midollo osseo e consente ai pazienti periodi senza trattamento.

Studio real-world su ibrutinib in prima linea in pazienti con LLC

Oltre ai dati su pazienti in contesto di sperimentazione clinica, Janssen ha, infine, presentato i dati di uno studio statunitense real-world in pazienti con LLC.

Si tratta di un’analisi retrospettiva che descrive i modelli di cura e valuta il tempo al trattamento successivo (TTNT) in pazienti trattati in prima linea con ibrutinib o chemioimmunoterapia (CIT).

In questo studio, i pazienti con LLC ad alto rischio trattati con ibrutinib in monoterapia hanno avuto un TTNT significativamente più lungo rispetto ai pazienti trattati con CIT. Inoltre, ibrutinib ha fornito un beneficio clinico duraturo, indipendente dallo stato di rischio, coerentemente con i risultati degli studi clinici.

Ibrutinib

Ibrutinib è un antitumorale della classe degli inibitori della tirosin-chinasi di Bruton (BTK) somministrato per via orale.  Agisce bloccando la BTK, una proteina che favorisce la maturazione dei linfociti e la produzione di anticorpi, ma che nel contempo permette alle cellule cancerose di crescere e diffondersi. Bloccando questa proteina, ibrutinib favorisce l’eliminazione dei linfociti B anormali da linfonodi, midollo osseo e altri organi.

Ibrutinib è attualmente approvato in Europa nelle seguenti indicazioni:

  • in monoterapia per il trattamento di pazienti adulti con linfoma mantellare (MCL) recidivato o refrattario
  • in monoterapia o in combinazione con obinutuzumab per il trattamento di pazienti adulti con leucemia linfatica cronica (CLL) precedentemente non trattata
  • in monoterapia o in associazione a bendamustina e rituximab (BR) per il trattamento di pazienti adulti con CLL che hanno ricevuto almeno una precedente terapia
  • in monoterapia per il trattamento di pazienti adulti con macroglobulinemia di Waldenström (WM) che hanno ricevuto almeno una precedente terapia, o in prima linea per i pazienti per i quali una chemio-immunoterapia non è appropriata
  • in combinazione con rituximab per il trattamento di pazienti adulti con WM.

Ibrutinib è stato sviluppato congiuntamente e commercializzato da Janssen Biotech e Pharmacyclics, un’azienda del gruppo AbbVie ed è approvato in più di 100 paesi per almeno un’indicazione.