La rivoluzione tecnologica della ricerca e sviluppo

Guidata dall’innovazione tecnologica e da un mutato atteggiamento dei consumatori, il settore R&D farmaceutico si sta profondamente trasformando, ma la transizione dovrà essere opportunamente governata

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La rivoluzione tecnologica della ricerca e sviluppo
La rivoluzione tecnologica della ricerca e sviluppo

Due anni di pandemia hanno impresso un impulso decisivo alla trasformazione in corso nel mondo healthcare e nell’industria del farmaco imponendo “un cambiamento radicale e irreversibile”, come lo ha definito Giorgio Bruno, presidente di AFI, Associazione farmaceutici dell’industria.

Un cambiamento guidato da una nuova consapevolezza dei consumatori e da un inarrestabile progresso scientifico e tecnologico. Cruciali per il futuro del settore, secondo i leader dell’industria farmaceutica intervistati da Deloitte, saranno gli avanzamenti tecnologici (68% del campione) e gli investimenti in Ricerca e sviluppo (58%).

All’apice della rivoluzione

Emblema dell’innovazione nel settore sono senz’altro le biotecnologie che – come afferma Maria Luisa Nolli, Ceo di NCNBio e moderatrice della sessione del Simposio AFI 2022 dedicata alle biotech – hanno ora raggiunto “l’apice di una rivoluzione” iniziata trent’anni fa con i farmaci biologici – come anticorpi monoclonali e terapie con proteine ricombinati – e proseguita fino allo sviluppo delle terapie avanzate che hanno completamente trasformato il paradigma di ricerca e produzione.

Innanzitutto per la loro natura rivoluzionaria – cellule anziché molecole di sintesi – che richiede la continua presenza della ricerca durante tutto l’iter di sviluppo, anche successivamente all’autorizzazione all’emissione in commercio, con la sorveglianza post-marketing

Si tratta infatti di farmaci estremamente complessi, dedicati finora solo alle malattie rare, quindi a nicchie di pazienti, se non addirittura di singoli individui (come nel caso delle terapie autologhe).

Spiega Maria Luisa Nolli:

Produrre e sviluppare un farmaco per malattie rare è completamente diverso dalla realizzazione di un farmaco per masse di popolazione

Tanto più se si tratta di farmaci biologici: oggi vengono realizzati impianti dedicati, costituiti da bioreattori modulari e monouso adatti a coltivare cellule in piccole quantità, molto lontani dai vastissimi impianti per la produzione delle colture su larga scala necessari per realizzare tonnellate di farmaci per ampie fasce della popolazione.

Proprio il passaggio dalla nicchia delle malattie rare alla cura delle malattie non rare rappresenterà “una delle chiavi di successo delle terapia avanzate nel futuro”.

Real world evidence

Il ridotto numero di pazienti, tra l’altro, complica lo svolgimento degli studi clinici rendendo necessaria una fase più intensa di raccolta dati post-marketing.

Per questo anche la evidence generation sta evolvendo, spiega Lorenzo Cottini, country director di Evidenze Clinical Research Italy e moderatore della sessione del Simposio AFI 2022 dedicata alla ricerca clinica:

In questo momento abbiamo a disposizione un numero sempre maggiore di strumenti che ci permettono di raccogliere molti dati in maniera veloce e con un elevato livello di qualità. I dati che otteniamo attingono infatti a un contesto di “real life” permettendo di sviluppare farmaci o dispositivi più vicini alle esigenze del paziente

Negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi promettenti strumenti in grado di supportare la raccolta dati, come le app che convertono gli smartphone in monitor di parametri vitali, e i cosiddetti “wearable”, dispositivi indossabili dai pazienti che registrano automaticamente i dati e li inviano in tempo reale a un software in grado di analizzarli istantaneamente.

Oltre ad agevolare il rapporto col paziente, i sistemi digitali permettono di creare network e sistemi di trasferimento dati tra le diverse aree di un’azienda e tra le diverse organizzazioni: produttori, fornitori, centri di ricerca, pubbliche amministrazioni, start-up innovative ecc.

Il lato oscuro dell’innovation

Il periodo Covid-19 potrebbe aver accelerato le tendenze di investimento nei sistemi digitali nel pharma. Più del 40% dei leader del pharma ritiene che la trasformazione digitale sarà strategica e prioritaria nei prossimi cinque anni ma il processo di innovazione è tutt’altro che immediato e presenta diversi aspetti critici.

Un’eccessiva leggerezza nella governance di questa transizione può costare non solo il fallimento dell’intero processo ma anche l’esposizione a seri rischi di sicurezza fino a compromettere l’operatività dell’azienda. Il problema di fondo è che, per definizione, un settore che si occupa di ricerca e sviluppo richiede l’impiego di tecnologie avanzate, le quali però tendono a diventare in fretta obsolete.

Spiega Gian Paolo Baranzoni, membro del Gruppo di studio sistemi informativi di AFI e moderatore della sessione del Simposio dedicata all’innovazione tecnologica:

Il settore R&D presenta due componenti intrinseche. Da un lato una naturale spinta all’innovazione, dall’altro una tendenza delle nuove soluzioni all’invecchiamento precoce

Gli strumenti tecnologici, infatti, sono sempre progettati sulla base di infrastrutture di qualche tempo prima e, data la velocità di evoluzione della componentistica, potrebbero ora essere già obsolescenti. Il punto critico è rappresentato dall’infrastruttura tecnologica e non dai sistemi analitici, che invece potrebbero ancora costituire una soluzione aggiornata ed efficace.

Nel tempo, infatti, crescerà il numero di apparecchi per la raccolta dati aumentando la complessità generale del sistema e andando a gravare su una infrastruttura che diventa via via più fragile. Il rischio più immediato è quello di generare errori durante la data collection compromettendo l’integrità dei dati e la funzionalità dei sistemi.

Anche perché spesso nella struttura esistente si innestano anche soluzioni non digitali creando sistemi ibridi con un continuo rimando tra device elettronico e documentazione cartacea: sistemi digitali generano output cartacei che a loro volta vanno ad alimentare software e così via. Ogni punto di input manuale, però, rappresenta un potenziale nodo di generazione di errori e quindi una debolezza del sistema.

Se non si introducono le necessarie competenze tecniche negli organi dedicati alla governance dei rischi dei sistemi informativi, le aziende corrono il rischio che si generi un blocco di componenti molto importanti, per non parlare della possibilità – tutt’altro che remota – di un cyber-attacco

Oltretutto non esistono solo offensive contro il front-end: gli attacchi possono essere sferrati – spesso con esiti molto significativi – anche contro la componente industriale, come le macchine di produzione o i sistemi di controllo.

Se non si possiedono le giuste conoscenze per comprendere appieno tutte le implicazioni e non si individuano soluzioni in modo coordinato tra tutte le direzioni aziendali, il rischio di sottovalutare questi pericoli diventa molto significativo.

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