La produzione biotech e la scommessa degli anticorpi monoclonali

Gli strumenti messi a punto durante la pandemia hanno cambiato la produzione biotech sotto tanti aspetti: il Simposio AFI 2021 indaga sulle prospettive del nostro Paese in questo settore

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Il lavoro di squadra, la condivisione rapida delle conoscenze scientifiche, i cospicui finanziamenti governativi hanno prodotto negli ultimi mesi straordinari vantaggi per i cittadini e grandi avanzamenti per la scienza e la tecnologia.

In questo quadro, un impulso decisivo è stato impresso dal dialogo costante fra aziende ed enti regolatori, che ha portato alla predisposizione di procedure accelerate come la rolling review.

E hanno reso “le biotecnologie un driver assoluto per lo sviluppo scientifico-tecnologico”, per dirla con le parole usate da Paolo Barbanti (AFI – pharma & biotech advisor) per aprire la sessione biotech del Simposio AFI 2021Come cambia la produzione farmaceutica con la spinta del biotech”.

La produzione biotech: rapidità nel rispetto della sicurezza

L’intervento di Rino Rappuoli fa luce su molti aspetti interessanti e mette in evidenza quelli oggi più trascurati (ahinoi) dalla divulgazione scientifica e dalla stampa non specializzata.

L’accelerazione dello sviluppo dei vaccini, che intuitivamente sarebbe interpretabile come un punto a favore dell’immagine della scienza e della produzione farmaceutica, è diventata di fatto uno degli aspetti più attaccati dai detrattori. Con grandi costi sociali.

Come spiegare alle persone che la rapidità di questo percorso non ha concesso sconti alla sicurezza?

Con le parole di Rappuoli. Che racconta come nel tempo la ricerca sui vaccini abbia subito un processo di accelerazione dovuto all’affinamento delle tecnologie. Al contrario, lo sviluppo è andato incontro a un fenomeno di rallentamento, causato dalle difficoltà crescenti nel reclutamento dei volontari in sperimentazione clinica e da un regolatorio  sempre più stringente.

Per COVID-19, si è assistito ad un’accelerazione globale di tutte le fasi della messa a punto, sviluppo compreso. In particolare, grazie ai notevoli investimenti del settore pubblico.

Normalmente, lo sviluppo di un vaccino richiede un impegno pari a circa 1 miliardo di dollari, ma ogni finanziamento viene predisposto per la fase successiva solo dopo il successo delle precedenti.

In questo caso, per fare fronte alle gravissime perdite economiche causate direttamente e indirettamente dell’emergenza, i Governi hanno anticipati i fondi. E si sono assunti il rischio finanziario, permettendo alle aziende e al regolatorio di portare avanti le diverse fasi di sviluppo in parallelo.

Lo sviluppo del biotech in Italia: una storia appena cominciata

La produzione biotech è stata completamente rivoluzionata dai cosiddetti internet-based vaccines.

Per essere allestiti, i vaccini digitali di oggi richiedono solo una manciata di sequenze (la carta d’identità del patogeno) e qualche device. La produzione può avvenire anche a distanza e non ha neppure strettamente bisogno della presenza dell’uomo.

Ma, in questo contesto (fanta)scientifico, che ruolo potrebbe giocare il nostro Paese?

Il sito di Siena nel quale Rappuoli è impegnato non è solo un centro di ricerca d’eccellenza, ma è anche un sito di produzione e infialamento che distribuisce vaccini in tutto il mondo. Un vero e proprio ecosistema che potrebbe costituire un modello per lo sviluppo di centri analoghi sul territorio.

Di recente, il suo team si è reso protagonista nello sviluppo di un anticorpo monoclonale, il più potente in clinica. Ma questa esperienza ha determinato in uno scienziato di fama mondiale come Rappuoli una presa di coscienza drammatica sulle chance italiane nella produzione di biofarmaci.

Nel corso del suo intervento al Simposio AFI 2021, egli spiega al pubblico di essersi ben presto reso conto dell’assenza di impianti specifici per questo tipo di procedure.

Non solo. Malgrado la collaborazione attiva e proattiva del regolatorio e delle istituzioni, la sperimentazione clinica degli anticorpi monoclonali è spaventosamente rallentata dalla burocrazia.

Su questa criticità interviene anche Maria Luisa Nolli, membro del board AFI e CEO di NCNBio, che, con Rappuoli, esprime cauto ottimismo in merito all’effetto promotore che potrebbe essere generato dalle iniziative previste nell’ambito del PNRR. Entrambi si augurano che gli interventi pensati per il settore consentano di avviare una produzione biotech strutturata. Che questa sia insomma, come auspicato da Maria Luisa Nolli, una storia appena cominciata.

La produzione biotech e i vaccini COVID-19

Roberta Termini, Direttore Medico Janssen-Cilag, introduce la narrazione più tecnica sulla produzione biotech mettendo in evidenza uno dei risvolti costruttivi di questa crisi mondiale. La pandemia ha riportato attenzione e impegno nella direzione delle malattie infettive, da tempo trascurate e che riceveranno importanti stimoli dalle tecnologie messe a punto e affinate per vaccini e anticorpi monoclonali COVID.

Questi due prodotti utilizzano tecnologie simili: è quindi facilmente immaginabile per essi uno sviluppo parallelo, almeno fino a un certo punto del percorso.

Gli anticorpi monoclonali sono, com’è noto, macro-proteine di origine generalmente murina caratterizzate da una regione fissa ed una variabile (progettata in base all’antigene specifico), che innescano una risposta immunitaria selettiva. Scoperti molti anni fa con un’impresa che ha conquistato il Premio Nobel, sono stati in passato per lo più usati in oncologia.

Vengono prodotti attraverso la fusione di un linfocita B con cellule immortalizzate (ibridoma) e poi purificati. Si tratta di una produzione complessa, che necessita di impianti ad hoc dedicati (la riconversione da impianti tradizionali è un processo lungo e costoso) e segue una regolamentazione stringente.

La piattaforme vaccinali

Oggi sono 19 i vaccini anti-COVID approvati. Ma quali sono le piattaforme vaccinali  in uso?

Per quanto riguarda i vaccini genetici, fra quelli a DNA non ne è stato approvato neppure uno. Numerosi invece quelli basati sulla piattaforma a mRNA. Nota anche prima della pandemia, questa tecnologia è utilizzata molto più diffusamente perché poco costosa, di sviluppo relativamente semplice e adatta ad un uso su larga scala.

Fra i vaccini a vettori virali, quello AstraZeneca utilizza un adenovirus inattivato di macaco, mentre quello Janssen-Cilag un adenovirus umano. Nel virus i geni che causano la malattia vengono deleti e al loro posto inseriti quelli relativi alla sintesi della proteina Spike, che consentono l’ottenimento di una immunità specifica.

Oltre a questi, esistono vaccini a virus inattivato (che comprendono quelli dell’influenza stagionale), e a virus attenuato (categoria a cui appartiene il vaccino antipolio), che possono fruire del grande vantaggio dell’assunzione orale.

Fra i vaccini proteici già in uso, quello dell’epatite B., che si basa sull’impiego di frammenti proteici inseriti in nanoparticelle e somministrati con adiuvanti o booster.

Perché gli anticorpi monoclonali

Nell’ambito della narrazione sulla produzione biotech e, in particolare, di anticorpi monoclonali, acquisisce particolare rilievo la presentazione di Davide Corti, Humabs BioMed.

Corti ricorda come siano ormai un centinaio gli anticorpi monoclonali approvati, il primo dei quali fu autorizzato nel 1986, ma di come solo negli ultimi anni se ne sia verificato un aumento significativo in termini di sviluppo.

In realtà, gli anticorpi monoclonali sono strumenti ideali per combattere un agente infettivo poco conosciuto in breve tempo. Con un importante vantaggio aggiuntivo: quello di avere a disposizione un supporto di base utile anche per combattere altri patogeni della stessa famiglia.

E una caratteristica determinante: agiscono in maniera complementare ai vaccini.

L’uso degli anticorpi monoclonali potrebbe essere strategico anche per l’influenza stagionale, per bypassare l’efficacia limitata del vaccino in determinate annate nelle quali il matching fra i virus circolanti e il mix usato per la produzione del vaccino non è ottimale.

Il ruolo della nanotecnologia nello sviluppo di vaccini anti COVID

Alla base della rapidità di azione dei vaccini a piattaforma mRNA, anche la modalità di delivery basata sulle nanoparticelle. Per approfondire questi aspetti produttivi peculiari AFI ha invitato al webinar Luigi Cattel, docente alla Facoltà di Farmacia dell’Università di Torino.

Cattel spiega come questa caratteristica sia legata al fatto che l’mRNA veicolato dal vaccino penetra nella cellula andando direttamente nei ribosomi senza passare prima attraverso il nucleo.

I requisiti fondamentali di queste molecole sono garantiti dal rivestimento rappresentato dalle nanoparticelle lipidiche. Queste assicurano al prodotto spiccata capacità di attraversamento delle membrane, stabilità e la possibilità di autodistruzione nel momento opportuno.

In sostanza, le nanoparticelle lipidiche imitano il comportamento dei virus. In questo senso sono state anche studiate per identificare alternative ai classici vettori virali usati in terapia genica, ma scartate per il basso rendimento nella trascrizione.

Le nanoparticelle hanno anche la caratteristica di sfuggire ai controlli del sistema immunitario (per questo vengono definite particelle stealth) e raggiungere efficacemente i tessuti bersaglio.

La loro preparazione si basa sul metodo classico per evaporazione del solvente, in analogia alla produzione dei liposomi.

Il ruolo del regolatorio nell’accesso agli anticorpi monoclonali

La presenza al Simposio AFI 2021 di Adriana Ammassari, dirigente dell’ufficio autorizzazioni centralizzate di AIFA, permette di operare un resoconto significativo del regolatorio italiano ed europeo su questi prodotti.

L’autorizzazione temporanea straordinaria all’uso degli anticorpi monoclonali è stata concessa in base al DL 219 del 2006. Si tratta di una procedura autorizzativa molto simile alla Emergency Use Authorization di FDA.

Perché si possa accedere a questa procedura è necessario che siano soddisfatte 4 condizioni:

  • che si tratti di una terapia per una malattia grave o life-threatening
  • che ci sia un’evidenza scientifica di efficacia del prodotto
  • che il prodotto abbia un rapporto beneficio/rischio favorevole
  • che non siano disponibili alternative valide già approvate.

EMA ha sviluppato una procedura che si rifa al Regolamento Europeo 726/2004 per la produzione di un’opinione scientifica armonizzata a supporto di tutti gli Stati membri per quanto riguarda la gestione della fase pre-autorizzazione all’immissione in commercio. Questa procedura ha quindi un ruolo solamente transitorio, che sfocia nella full application oppure nell’autorizzazione subordinata a condizioni specifiche.

L’uso domiciliare e nel setting ospedaliero

Nel percorso autorizzativo, AIFA ha messo a disposizione un ricco capitale umano, che ha attivato e mantenuto un dialogo pronto con le aziende. Questo è stato reso possibile anche dall’istituzione di una task force per la gestione della pandemia e per l’attuazione della risposta alle diverse esigenze.

Per i 5 anticorpi monoclonali autorizzati a livello europeo, AIFA ha elaborato le indicazioni per l’uso domiciliare di quelli autorizzati per COVID lieve o moderato ma ad alto rischio di evoluzione verso un quadro severo. Un intervento farmacologico che può essere decisivo soprattutto nei pazienti fragili.

Inoltre, l’Agenzia del Farmaco ha pubblicato indicazioni per il trattamento nel setting ospedaliero con la combinazione casirivimab-imdevimab.