Vaccino Covid-19 e rischio reputazionale per le aziende farmaceutiche

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Vaccino Covid-19 e rischio reputazionale pharma

Data l’impossibilità di rendere il vaccino contro Covid-19 immediatamente disponibile per tutta la popolazione mondiale, i metodi con cui le dosi prodotte verranno distribuite devono essere attentamente definiti onde evitare sperequazioni e ingiustizie sociali. Le aziende farmaceutiche coinvolte, peraltro, non possono assolutamente sottrarsi alla loro responsabilità demandano le decisioni agli enti regolatori, perché rischiano di affidare a decisioni esterne anche la propria reputazione.

Lo sostiene Markus Scholz, direttore dell’Istituto di etica aziendale e strategia sostenibile (IBES) di Vienna, in un articolo appena pubblicato. Data la carenza iniziale di vaccini efficaci – afferma lo studio – il prezzo e la distribuzione del vaccino non possono essere affidati esclusivamente ai tradizionali meccanismi del mercato, altrimenti i Paesi – ma anche i membri delle classi sociali – con maggiore disponibilità economica verrebbero necessariamente favoriti.

«Se le aziende farmaceutiche possono dimostrare di agire in modo responsabile durante la crisi, è probabile che ciò venga premiato dai decisori politici e da altri stakeholder e che aumenti la loro legittimità sociale. Se, invece, il settore basa le sue decisioni principalmente su motivazioni finanziarie, ciò avrà un notevole impatto negativo sulla sua reputazione e legittimità e, nel prossimo futuro, sulle decisioni politiche».

Markus Scholz – fondatore dell’IBES di Vienna

Il rischio di una iniqua distribuzione

Il calcolo è semplice: 8 miliardi di persone devono affrontare una capacità produttiva di 1-2 miliardi di dosi di vaccino in tutto il mondo. Per vaccinare ogni persona almeno una volta ci vorrebbero 4-8 anni. Anche Pfizer dichiarato che che nel 2021 potrebbero essere 1,2 miliardi di dosi.

In tale contesto – spiega Scholz – le aziende farmaceutiche potrebbero teoricamente chiedere “prezzi esorbitanti” determinati dal meccanismo di asta tra stati, fondazioni, società e perfino individui singoli. La conseguenza sarebbe che l’accesso al vaccino sarebbe in funzione della ricchezza dell’acquirente: prima le nazioni industrializzate, poi i Paesi emergenti e infine i Paesi in via di sviluppo. Ma Scholz si spinge oltre ipotizzando che anche all’interno dei singoli Paesi l’assegnazione del vaccino avvenga in base alle leggi del mercato.

La disuguaglianza globale e sociale si radicherebbe, perché le nazioni ricche sarebbero in grado di riattivare più rapidamente le loro economie, ristabilendo i diritti di libertà della popolazione e riaprendo più rapidamente le istituzioni culturali ed educative. All’interno di una nazione, i ricchi potrebbero tornare a lavorare prima dei poveri e i loro figli potrebbero essere rimandati a scuola prima.

Un gap di governance

La preoccupazione di Scholz è legata soprattutto alla carenza di istituzioni efficienti in grado di coordinare l’acquisto e la distribuzione di un vaccino Covid-19 a livello globale. Esiste un cosiddetto “gap di governance” dovute anche al fatto che le poche organizzazioni esistenti hanno dovuto subire pesanti attacchi da parte di alcuni potenti governi (ad esempio wuello USA) o non sono sostenuti da alcuni importanti Paesi (oltre agli USA, anche Regno Unito e Giappone).

Scholz invita anche le aziende a non sfilarsi dal processo decisionale demandandolo in toto agli Stati o alle organizzazioni sovranazionali.

«In questo contesto – afferma – non è moralmente legittimo che le aziende farmaceutiche si affidino esclusivamente a leggi e regolamenti e deleghino la loro responsabilità a Stati e organizzazioni sovranazionali».

Le soluzioni

Lo studio propone tre misure per ovviare alla situazione.

  • In primo luogo, le capacità produttive delle aziende farmaceutiche concorrenti dovrebbero essere messe in comune, massimizzando così l’offerta potenziale. Per raggiungere questo obiettivo, però, è necessario che la legge antitrust venga adattata, soprattutto nell’Unione Europea.
  • In secondo luogo, si dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di non brevettare il vaccino, per permettere a tutte le aziende di produrre il vaccino in modo rapido ed economico ampliandone la disponibilità.
  • Terzo – già durante la fase di sviluppo – le aziende farmaceutiche dovrebbero rafforzare attivamente le istituzioni globali in modo che siano in grado di contribuire con le loro competenze tecniche e la loro legittimità politica a coordinare i prezzi e l’assegnazione secondo criteri equilibrati e tenendo nel dovuto conto gli aspetti etici.

Riferimenti

Lehren aus Corona: Impulse aus der Wirtschafts- und Unternehmensethik
http://doi.org/10.5771/9783748909460