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Biosimilari, un risparmio da 1,6 miliardi

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Biosimilari, un risparmio da 1,6 miliardi

Nel 2022 il risparmio garantito grazie all’utilizzo dei biosimilari ammonterebbe a circa 1,6 miliardi di euro con effetti in termini di contenimento dei costi e contemporanea estensione del numero di pazienti trattati che emergono con chiarezza dall’analisi dei trend nel periodo 2016-2023: i pazienti assistiti sono infatti aumentati del 138%, a fronte di una crescita della spesa complessiva limitata al 43% e di un calo del 40% del costo medio per singolo trattamento.

Lo rilevano i dati presentati da Iqvia durante il webinar organizzato in collaborazione con Egualia, che sottolineano come i biosimilari abbiano permesso da un lato un notevole risparmio economico, dall’altro un maggior accesso alle terapie da parte dell’utenza.

Nel nostro Paese i biosimilari rappresentano una storia di successo soprattutto perché hanno mantenuto la loro promessa d’esordio: liberare risorse e ampliare la platea dei pazienti per l’accesso alla terapia

Michele Uda, Direttore Generale Egualia

Il report presentato da Iqvia evidenzia come il mercato dei farmaci biologici e biosimilari continui a registrare una crescita sostenuta. Nello specifico, il mercato dei biosimilari negli ultimi cinque anni è aumentato mediamente del 29% in termini di valore. In Italia, in particolare, la quota di mercato detenuta dai biosimilari sul totale dei biologici è cresciuta dal 20% del 2018 al 53% del 2022, a testimonianza del successo di questi farmaci anche nel nostro Paese.

Italia leader nella diffusione

Sebbene Germania e Regno Unito registrino i mercati biosimilari più estesi a valori (1,8 miliardi in entrambi nel 2022) contro 1,6 miliardi in Italia, 1,4 in Francia e 1,1 miliardi in Spagna, l’Italia si attesta come il mercato più ampio in Europa, sia a volumi che a valori, con un tasso di penetrazione dei prodotti rispettivamente del 55% e del 73%.

L’elevata diffusione dei biosimilari nel nostro Paese è stata probabilmente favorita dalla distribuzione principalmente ospedaliera e in DPC (62%), mentre nelle altre big europee la distribuzione è prevalentemente retail.

Questi risultati sono principalmente dovuti alle politiche nazionali a sostegno dei biosimilari. Tuttavia, un ruolo chiave è stato svolto dalla maggiore competizione dovuta all’entrata in commercio dei farmaci “biologici generici”, a brevetto scaduto, che ha determinato un netto calo dei prezzi medi. Gli effetti del risparmio si notano soprattutto esaminando le aree terapeutiche dove i biosimilari stanno ottenendo i maggiori successi, come quelle delle malattie autoimmuni e dell’oncologia. Nel caso delle prime, dalla data di lancio del primo biosimilare il costo dei trattamenti è crollato addirittura del 78%, consentendo di curare più pazienti con la stessa spesa. Un successo che mostra come questi nuovi farmaci siano una risorsa preziosa per le casse dello Stato e per l’accesso universale alle cure.

Come risultato, tra il 2018 e il 2022 il mercato degli originator è passato da un valore di 1.952 miliardi di euro nel 2018 a 823 milioni nel 2023, un Cagr negativo (-29%,) proprio a causa della diminuzione dei prezzi reali.

L’effetto rimbalzo della concorrenza

Comunque, molto lavoro resta da fare per garantire un accesso alle cure universalistico. «I dati di Iqvia testimoniano che le risorse sono state e si stanno liberando – ha commentato Michele Uda, direttore generale di Egualia – ma non sempre l’accesso alle cure è davvero aumentato. L’Italia resta un Paese con basso accesso alle terapie da parte dei pazienti candidabili al trattamento con farmaci biologici.

La legge sull’Accordo quadro per l’acquisto i gara dei biosimilari si basa su due principi guida: mantenere il decisore clinico al centro di qualsiasi scelta e garantire l’accesso alle cure. La dove è stato interpretato correttamente ha funzionato.

Non ha funzionato nelle realtà regionali dove invece di garantire la presenza di una pluralità di soggetti fornitori si è privilegiato il primo in graduatoria, anche quando non vi sono apprezzabili differenze tra i diversi soggetti. A oltre 10 anni dal varo della relativa normativa è il momento di verificare la sostenibilità di lungo periodo del sistema in pista. Ci sono aree terapeutiche di prossima scadenza brevettuale dove non ci sono biosimilari in sviluppo così come iniziano a emergere qualche tema di carenze. La concorrenza all’estremo ha avuto un effetto rebound, e le imprese cominciano ad avere delle difficoltà nel continuare a garantire le performance descritte dai dati Iqvia. Senza biosimilari disponibili è impossibile avviare il percorso virtuoso della concorrenza».