Il sistema dei farmaci generici in Italia. Pubblicato il report 2022

L’Osservatorio permanente sul sistema dei farmaci generici, frutto della collaborazione fra Nomisma ed Egualia – Industrie Farmaci Accessibili – ha pubblicato la quarta edizione del rapporto sul sistema dei farmaci generici in Italia

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L’edizione 2022 dell’Osservatorio Nomisma sul “Sistema dei farmaci generici in Italia” riporta, oltre ai consueti capitoli “Il settore della farmaceutica”, “Le imprese di farmaci generici” e “Il mercato”, il focus quest’anno incentrato su “Impatto del rialzo dei prezzi sui
costi di produzione delle imprese”.

Il focus misura l’impatto incrementale dei prezzi dell’energia e dei fattori produttivi sui costi delle imprese di farmaci equivalenti nel triennio 2019-2021. Inoltre, fornisce una stima dei costi per il 2022.

I dati di analisi mostrano un rialzo dei prezzi continuo e trasversale di tutte le componenti durante il triennio. Il rincaro complessivo nei tre anni per tutte le voci è compreso tra il 31% e il 51%.

La voce per l’utilizzo di fonti energetiche iniziava a impostarsi al rialzo già nel 2021.

La pressione logistica a livello mondiale ha iniziato a decollare addirittura alla fine del 2020. La sua crescita è stata rapida e ininterrotta fino al primo trimestre 2022 quando l’indice di pressione logistica ha superato i livelli registrati in piena pandemia.

Inoltre, nel 2021 si è confermata la correlazione inversa tra tasso di partecipazione delle imprese alle gare ospedaliere e anni intercorsi dalla scadenza brevettuale e quindi dall’ingresso in commercio del primo generico. La progressiva erosione dei prezzi e la riduzione del livello di remuneratività limitano infatti drasticamente la partecipazione. È così messo a rischio l’accesso a farmaci di vecchia generazione ma ancora largamente e convenientemente utilizzati nella pratica clinica.

Dettaglio dell’incremento dei costi per la produzione di medicinali generici nel rapporto “Il sistema dei farmaci generici in Italia 2022”

Dopo un triennio 2019-2021 nel corso del quale le aziende hanno dovuto assorbire importanti pressioni di prezzo lungo la catena di approvvigionamento, a parità di merce prodotta e a parità di materiali e risorse utilizzate per la produzione, nel 2022 i costi totali di produzione dei medicinali generici in Italia sono cresciuti rispetto al 2021 del 21%, cioè di circa 937 milioni di euro.

In particolare, l’incremento dei costi è stato del:

  • 300% per l’energia,
  • 100% per i trasporti. Il prezzo di noleggio di un container ha subito un incremento del 131% tra il I semestre 2020 e il I semestre 2022),
  • 26,5% per principi attivi (API) ed eccipienti.

A fronte della relativamente bassa incidenza che hanno i principi attivi e gli eccipienti (rispettivamente circa il 14% e il 10%) sul costo totale di produzione, i materiali di confezionamento pesano attorno al 20%.

Considerando che nel I semestre 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021

  • l’alluminio è arrivato a costare il 37% in più (+60% rispetto al I semestre 2019),
  • polietilene e vetro sono cresciuti del 9%,

risultano evidenti le difficoltà delle imprese che fanno uso estensivo di questi materiali di confezionamento.

Indicazioni che si possono trarre dal rapporto “Il sistema dei farmaci generici in Italia 2022”

Lucio Poma, chief economist di Nomisma e coordinatore scientifico dello studio dell’Osservatorio permanente sul sistema dei farmaci generici, traccia il quadro e le prospettive che questo scenario impone alle aziende.

Dalla gestione del rischio alla gestione dell’incertezza

«La pressione che sta subendo a livello mondiale la supply chain del farmaco è spesso insostenibile» – commenta Lucio Poma. La situazione di incertezza costringe «a passare da un’organizzazione basata sulla gestione del rischio a un sistema basato sulla gestione dell’incertezza. Per questo sono indispensabili politiche che aiutino le imprese a intraprendere nuove traiettorie organizzative».

I criteri di calcolo dei prezzi devono essere aggiornati

Poma sottolinea che è il momento di «ragionare su criteri più allargati nella definizione dei prezzi dei farmaci commercializzati». Tali criteri, infatti, non dovrebbero essere focalizzati sul costo dei principi attivi (API) perché questo rappresenta solo una piccola porzione.

Inoltre, «la tempistica di 4 anni attualmente individuata per la revisione del prezzo dei prodotti non è compatibile rispetto alla repentina evoluzione dei mercati internazionali».

La regolamentazione autorizzativa deve essere semplificata

Poma indica che «per garantire una strategia difensiva alle imprese sarebbe necessario rendere meno rigido il flusso produttivo semplificando alcune regolamentazioni autorizzative in ambito produttivo».

Va infatti fornito un sostegno alla capacità finanziaria delle imprese la cui capacità di resistere su un mercato dominato dalla discontinuità delle forniture e dalla volatilità dei prezzi di materie prime, energia e logistica è anche in funzione alla loro liquidità e patrimonializzazione.

È richiesto un intervento “politico” dello Stato per tutelare le catena di approvvigionamento

Come ricorda Poma, uno dei pilastri della Strategia farmaceutica per l’Europa che la Commissione ha comunicato al Parlamento europeo il 25 novembre del 2020 è il rafforzamento della filiera produttiva e l’impegno a rendere più stabile e sicura la catena di approvvigionamento limitandone le interruzioni. «Ma la questione delle catene di approvvigionamento è tale da esigere livelli di azione innanzitutto a livello nazionale. Gli incentivi messi a disposizione nell’ultimo anno per le imprese manifatturiere in Italia risultano però di difficile accesso per alcuni vincoli relativi agli Aiuti di Stato. In Italia infatti, a differenza di altri Stati membri UE, taluni incentivi vengono destinati esclusivamente all’innovazione, tralasciando la produzione su larga scala».

Il suggerimento di Poma, allora, è trarre ispirazione dal Chips Ac varato dalla Commissione UE a febbraio 2022. Questo infatti reca un importante aggiornamento sul fronte Antitrust. La Commissione infatti lascia intendere che la politica per la concorrenza può risultare “compatibile” con gli aiuti di Stato oltre che nel caso di intensa innovazione tecnologica anche nel caso la necessità del bene prodotto ricada “nell’interesse pubblico”.