Calo del 94% delle infezioni da SARS-CoV-2 in Israele dopo le vaccinazioni

Le vaccinazioni in Israele sono state somministrate al circa 30% della popolazione, e l'evidenza è quella di un notevole calo dei contagi

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vaccinazioni Israele

Il centro di ricerca Clalit, la più importante compagnia di assicurazione medica in Istraele, ha pubblicato di recente un documento contenente i dati iniziali relativi all’efficacia delle vaccinazioni contro COVID-19 somministrate finora nello stato ebraico. Questi dati sono emersi da uno studio molto vasto, svolto in collaborazione con l’Università di Harvard, che ha visto il coinvolgimento di ben 1 milione e 200.000 persone suddivise in due gruppi uguali per numero: 600.000 soggetti vaccinati, 600.000 no.

Lo stato di salute dei soggetti arruolati nel trial era sostanzialmente sovrapponibile in modo da rendere omogeneo il campione utilizzato per il trial.

Calo drastico delle infezioni nei soggetti vaccinati

La ricerca scientifica così condotta ha messo in evidenza un dato di notevole importanza: le infezioni da SARS-CoV-2 si sono infatti ridotte in modo importante con una percentuale pari al 94% nel gruppo dei soggetti vaccinati.

Per quanto riguarda invece la probabilità di contrarre forme gravi dell’infezione sostenuta dal coronavirus, la riduzione verificata è stata pari al 92%, un dato altresì di notevole entità.

Ran Balicer, presidente del Centro di Ricerca di Clalit, ha così commentato i risultati ottenuti:

“È stato dimostrato in modo inequivocabile che la vaccinazione contro il Covid-19 effettuata con il vaccino Pfizer è più efficace a partire dal settimo giorno successivo alla somministrazione della seconda dose, esattamente come dimostrato nei test clinici”.

Lo studio, inoltre, non è ancora terminato, e, a quanto sembra, l’efficacia del vaccino risulterebbe ancora maggiore nel prevenire le forme più gravi di COVID-19 una volta trascorsi 14 giorni dalla somministrazione della seconda e ultima dose del prodotto.

I numeri della vaccinazione in Israele: vaccinato quasi il 30% della popolazione

I numeri relativi alla campagna vaccinale condotta finora in Israele sono importanti: 2,53 milioni di persone, pari al 29,29% dell’intera popolazione della nazione, hanno infatti ricevuto entrambe le dosi del prodotto. Lo stato ebraico si colloca così al vertice della classifica mondiale tra le Nazioni di tutto il pianeta in relazione al numero di vaccinazioni effettuate in rapporto al numero totale di abitanti.

In particolare, la percentuale di ultrasessantenni ai quali è stato somministrato il vaccino in modo completo è superiore di quattro volte a quella delle fasce di popolazione di età inferiori.

l motivo risiede nel fatto che il governo di Israele ha dato la precedenza a quella che è giustamente ritenuta la categoria più fragile e quindi da proteggere in via prioritaria.

In effetti, la popolazione dei ricoverati in ospedale per forme più severe di COVID-19, secondo il quotidiano The Jerusalem Post, è risultata la seguente nella settimana dal 7 al 14 febbraio:

  • 40% da 0 a 59 anni
  • 7% dai 60 anni in su

Nel primo gruppo la parte del leone la fanno le persone sotto i 40 anni che rappresentano il 75% del totale delle diagnosi.

Il problema della variante inglese

Anche Israele, come altri Paesi nel mondo, deve però fare i conti con la variante inglese che è diventata ormai dominante sia rispetto alle altre e sia in confronto al ceppo originale di SARS-CoV-2. Non è certo una buona notizia anche perché, secondo alcuni studi svolti in Gran Bretagna, questa nuova linea virale non è solo più contagiosa del virus originale ma è anche più letale del 30-70%.