Vaccini, il problema delle varianti Covid-19

L'efficacia vaccinale è messa alla prova dalle tre varianti del virus Sars-Cov 2?

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Le varianti del nuovo coronavirus si stanno diffondendo un po’ ovunque e rischiano di diventare dominanti rispetto al ceppo originario del nuovo coronavirus, quello segnalato per la prima volta a Wuhan, in Cina, nel mese di dicembre del 2019.

Le tre varianti

Sono tre le varianti di SarS-CoV-2 che stanno attualmente dando non pochi grattacapi alla comunità scientifica, anche per quanto riguarda la nomenclatura:

  • Cosiddetta variante inglese, ma chiamata anche VOC 202012/01, 20I/501Y.V1, o B.1.1.7. , identificata per la prima volta nel Regno Unito (UK) nel dicembre 2020. Attualmente è la variante dominante in Gran Bretagna. Secondo L’organizzazione Mondiale della Sanità sarebbe diffusa in almeno 70 nazioni in tutto il mondo. Caratterizzata da una contagiosità notevolmente aumentata, comporta il pericolo di importanti pressioni sui sistemi sanitari della nazione colpita. Gli studi finora condotti indicano che non provoca forme più gravi di COVID-19.

  • Cosiddetta variante Sudafricana o variante 501Y.V2. Identificata per la prima volta in Sud Africa nel dicembre 2020, è diventata la variante più diffusa in questo Paese. Anche in questo caso, i primi studi indicano una maggiore contagiosità del nuovo ceppo ma non una maggiore gravità della malattia che provoca. Il 19 gennaio 2021 questa variante è stata segnalata in 10 Paesi UE/SEE, e, per quanto riguarda Francia, Israele e Regno Unito, la sua diffusione non sarebbe legata a viaggi nella regione meridionale dell’Africa o altrove.

  • Cosiddetta variante brasiliana o variante P.1. Identificata in Brasile nel mese di dicembre del 2020 ed evidenziata nei paesi EU/EEA il 12 gennaio 2021, la variante è stata segnalata anche in Giappone e Corea del Sud. Il nuovo ceppo sta mettendo sotto forte pressione il sistema sanitario di Manaus, capitale dell’Amazzonia, Brasile.

Varianti ed efficacia vaccinale da capire

Le notizie su queste varianti e, soprattutto, sull’efficacia dei vaccini attualmente in uso contro i nuovi ceppi virali, sono ancora scarse.

È notizia recente (08.02.2021) che 14 anziani ospiti in una casa di cura della Bassa Sassonia, nei pressi di Osnabrueck, nella Haus St. in Germania, già immunizzati con due dosi del vaccino di Pfizer/BioNtech contro la versione originale del coronavirus (dunque vaccinazione completata), si sono riammalati, lievemente, dopo un nuovo contagio dovuto alla variante inglese.

Il Landkreis di Osnabrueck ha riferito che ci sono soltanto

asintomatici e persone con sintomi lievi dell’infezione, il che potrebbe anche essere un effetto positivo del vaccino.

Cosa questo implichi anche a livello di contagiosità è ancora da definire.

Ulteriore notizia recente, sempre dell’8 febbraio 2021, è che il vaccino di AstraZeneca si è rivelato efficace solo al 10% nelle forme lievi di Covid da variante sudafricana e non si sa cosa faccia per quanto riguarda quelle gravi. Il co-presidente del comitato tecnico-scientifico sudafricano, professor Salim Abdool Karim, ha infatti dichiarato:

Le vaccinazioni con AstraZeneca saranno per il momento sospese. Distribuiremo il vaccino Johnson & Johnson a un numero piuttosto alto di persone per capire come procedere.

È attesa in merito, a breve, una presa di posizione da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Infine, sussistono ancora forti dubbi sull’efficacia dei vaccini attuali contro la variante brasiliana e non ci sono neppure in questo caso dati scientifici certi. Chiara in questa direzione la dichiarazione dell’Istituto Superiore di Sanità, rilasciata qualche giorno fa:

Al momento i vaccini sembrano essere pienamente efficaci sulla variante inglese, mentre per quella sudafricana e quella brasiliana potrebbe esserci una diminuzione nell’efficacia.

A parziale consolazione, diverse case produttrici, tra le quali Pfizer e Moderna, hanno rassicurato la popolazione mondiale garantendo di poter rapidamente ed efficacemente modificare gli attuali vaccini in 6-8 settimane, qualora fosse necessario. È chiaro però che tutto questo ritarderebbe ulteriormente la già difficile campagna di vaccinazione di massa su scala mondiale a tutto vantaggio di nuove mutazioni virali significative che potrebbero comparire.

Vaccino J&J testato anche nei paesi con le varianti

All’orizzonte si intravede un quarto candidato vaccino che potrebbe far presto parte delle opzioni preventive a disposizione: il vaccino della Jhonson&Jhonson. Secondo un’intervista rilasciata dall’AD di Janessen Massimo Scaccabarozzi, questo candidato vaccino

è stato studiato su una fascia ampia della popolazione, sopra i 18 anni tutte le fasce d’età sono state coinvolte così come tutte le aree geografiche. Non è stato testato solo negli Stati Uniti ma anche in Brasile e Sudafrica dove ci sono delle varianti del virus. Peraltro essendo stato studiato in una fase successiva a quella iniziale alcuni malati, affetti da queste varianti, sono stati incluse nel protocollo.

La sfida attuale è quindi quella di poter avere a disposizione più strade da poter percorrere per fronteggiare, in tempo reale, il virus e le sue varianti.