Terapie digitali: il futuro è nelle cure ibride

Le terapie digitali sono interventi terapeutici a tutti gli effetti che ancora non sono entrati nella pratica clinica: al Congresso SIHTA Eugenio Santoro (Mario Negri) ne presenta le caratteristiche peculiari e affronta gli aspetti che ne stanno limitando la diffusione

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terapie digitali

Le terapie digitali sono un sottoinsieme di quella che definiamo digital health, che consiste nell’impiego di strumenti di ICT a vantaggio della salute e della promozione del benessere.

La salute digitale comprende dispositivi che catturano i dati, li archiviano e forniscono servizi: piattaforme di telemedicina, social media, app di utilizzo diffuso, dispositivi indossabili (wearable), smartphone, tablet, sistemi di intelligenza artificiale e di gamification.

A questa categoria, in particolare a quella digital medicine (sottoinsieme della digital health), appartengono alcuni strumenti digitali in grado di aumentare l’aderenza al trattamento. Sono, di norma, pillole digitali che contengono sia il farmaco che un sensore che emette un segnale quando raggiunge lo stomaco. Il segnale viene intercettato da un cerotto posto sulla pelle del paziente, che comunica con uno smartphone.

La definizione di terapie digitali

All’interno del vasto mondo della digital health, esistono poi strumenti la cui introduzione in commercio è basata su parametri di efficacia provenienti da trial clinici randomizzati.

Si tratta delle terapie digitali, definite come veri e propri interventi terapeutici supportati da un software, basati sull’evidenza scientifica ottenuta attraverso una sperimentazione clinica rigorosa e confermatoria allo scopo di prevenire, gestire o trattare un ampio spettro di condizioni fisiche, mentali e comportamentali.

Le analogie con i farmaci

È proprio la sperimentazione clinica, la produzione di evidenze scientifiche di efficacia a fare la differenza.

I trial clinici per lo sviluppo delle digital therapeutics sono analoghi a quelli dei farmaci tradizionali, con l’unica differenza che la fase 1 è caratterizzata da una forte componente ingegneristica.

Le terapie digitali vengono sottoposte ad una valutazione HTA, prescritte da un medico e sono oggetto di rimborsabilità da parte dei sistemi sanitari.

Sono analoghe a tutti gli effetti al farmaco.

Il loro principio attivo non è una molecola ma un software e i loro eccipienti possono essere rappresentati da diverse tipologie di dispositivo finalizzate a massimizzarne l’uso e la biodisponibilità digitale.

Dagli assistenti virtuali in grado di dialogare con il paziente, ai reminders che inviano notifiche per l’assunzione della terapia digitale e delle altre terapie che il paziente assume, fino alle piattaforme di collegamento con il medico e con altri malati.

Lo stato dell’arte

Eugenio Santoro, Direttore del Dipartimento di Ricerca Salute Pubblica dell’Istituto Mario Negri di Milano, spiega nel suo intervento al Congresso SIHTA 2021 cosa siano le digital therapeutics negli aspetti pratici.

La prima digital therapeutics è stata approvata nel 2017 da FDA; ancora oggi gli Stati Uniti vantano il maggior numero di DTx approvate, mentre nel nostro Paese non ne è ancora stata approvata neppure una.

Le terapie digitali già in commercio hanno dimostrato di avere una efficacia pari o superiore rispetto al farmaco normalmente utilizzato, spesso con una migliore tollerabilità. Ma ad oggi non sono ancora entrate a tutti gli effetti nella pratica medica.

Fra i fattori limitanti per la loro piena applicazione, il ritardo digitale di alcuni Paesi e la scarsa conoscenza del prodotto da parte di tutti gli stakeholder del mondo della Sanità.

Alcuni esempio di terapie digitali approvate

Attualmente le malattie trattate, anche in associazione con farmaci tradizionali, con l’approccio digitale sono il diabete, la sindrome del colon irritabile, alcune dipendenze (da fumo, da stupefacenti), la lombalgia, l’insonnia, l’asma, la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), il disturbo da attacchi di panico e i sintomi di alcuni tipi di tumore.

Le DTx più usate sono in gran parte applicazioni coinvolte nella terapia dei disturbi mentali e delle cronicità.

L’aspetto singolare è che non si tratta di semplici app scaricabili dagli store online, ma di vere e proprie soluzioni terapeutiche sviluppate, come già precisato nei paragrafi precedenti, con gli stessi criteri e gli stessi standard dei farmaci.

Lo scorso anno è stato approvato da FDA EndeavorRx, il primo videogioco terapeutico, ideato per bambini affetti da ADHD di età compresa fra gli 8 e i 12 anni.

Ci sono anche esempi di approccio digitale al trattamento del diabete: WellDoc è una terapia digitale che, attraverso la modifica degli stili di vita con programmi personalizzati, dimostra di controllare meglio i livelli di emoglobina glicata rispetto alle sole vie tradizionali.

Il regolatorio delle terapie avanzate

Le terapie digitali sono inquadrate attualmente come dispositivo medico.

Ma il Regolamento UE 745/2017 (MDR) è stato scritto quando ancora queste trattamenti innovative non esistevano.
Santoro sottolinea come si tratti, in realtà, di soluzioni terapeutiche più vicine al farmaco che non al dispositivo medico, sia dal punto di vista dello sviluppo (che passa attraverso la sperimentazione clinica randomizzata) che del meccanismo d’azione.
Inevitabile, dunque, domandarsi se l’attuale framework regolatorio sia adeguato.

Il dibattito è ancora aperto.

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