Sorvegliare la fauna selvatica per anticipare la diffusione di nuovi virus. Ed evitarla. È questa la visione di Supaporn Wacharapluesadee, cinquantaduenne scienziata thailandese riconosciuta in tutto il mondo per il suo lavoro di ricerca e sensibilizzazione in materia di virus a rischio spillover e per il suo contributo nelle più recenti epidemie a carico dell’uomo. Compresa la pandemia da COVID-19.
Dalla Thailandia con passione
Supaporn Wacharapluesadee non è una scienziata il cui destino era già segnato. Nata in una famiglia di artigiani del metallo, da bambina immaginava un futuro nello stesso campo. Ma da adolescente cominciò a manifestare la sua passione per la scienza. Per questo seguì un percorso di studi che le permise di lavorare come tecnico in diversi laboratori di analisi.
Il lavoro le piaceva. Ma quando il laboratorio assunse una ditta esterna per affrontare un problema che lei stessa avrebbe saputo risolvere, capì che poteva e voleva fare qualcosa in più. Si iscrisse allora alla Chulalongkorn University di Bangkok. Qui cominciò a studiare prima e lavorare poi con Thiravat Hemachudha, professore di neurologia presso il Dipartimento di Medicina ed esperto di virus della rabbia.
Proprio per approfondire le conoscenze su questo virus, con lui nel 2002 Wacharapluesadee cominciò a campionare pipistrelli. Sempre i pipistrelli sono poi stati al centro del suo lavoro di ricerca sul virus Nipah, emerso nel 1998 uccidendo il 75% degli umani infetti. Lo studio è stato un successo, visto che il gruppo di lavoro è riuscito sia a ricavare gli anticorpi del virus dalla volpe volante (Pteropus spp.), sia a isolare il virus stesso.
Oltre che pipistrelli, per 20 anni Wacharapluesadee ha approfondito le conoscenze sul virus Nipah campionando anche maiali e esseri umani. E svolgendo un capillare lavoro di prevenzione. A contatto con le popolazioni locali in villaggi e zone rurali, infatti, la scienziata ha portato avanti una campagna di sensibilizzazione per evitare il consumo di frutta recante segni di morsi di pipistrello. Con i suoi collaboratori ha inoltre pubblicato un articolo scientifico volto a sradicare l’usanza di bere sangue di pipistrello come afrodisiaco.
Ricerca di nuovi virus e successo internazionale
Il lavoro che Wacharapluesadee stava facendo con il virus Nipah col tempo ha attirato l’attenzione internazionale. Nel 2009, infatti, la scienziata ha iniziato a collaborare con la EcoHealth Alliance, no-profit newyorkese che si occupa di conservazione, e con il progetto PREDICT, di cui la no-profit faceva parte, fino alla sua conclusione nel 2019.
Dall’inizio della collaborazione Wacharapluesadee ha moltiplicato i suoi sforzi, descrivendo 63 sequenze di coronavirus isolate in 13 diverse specie di pipistrello e dimostrando la potenzialità di spillover di svariati virus animali. La scienziata ha inoltre continuato il proprio lavoro di sensibilizzazione, dimostrando che il guano di pipistrello utilizzato dai contadini thailandesi per concimare i campi era spesso contaminato con un virus analogo a quello che causa la MERS.
Importanti sono poi stati i suoi contributi nello studio dei virus causa delle epidemie di MERS e SARS, entrambi individuati dalla scienziata sempre in pipistrelli. Come è evidente, il suo lavoro aveva dimostrato la propria importanza ben prima che la parola coronavirus irrompesse nella nostra vita quotidiana. Ma è sicuramente balzato alle cronache dopo il 2019. Proprio lei è stata infatti la prima scienziata a sequenziare SARS-CoV-2 fuori dalla Cina.
Wacharapluesadee e COVID-19
Quando infatti a inizio 2020 una donna in arrivo da Wuhan all’aeroporto internazionale di Bangkok presentò sintomi febbrili pur risultando negativa a tutti i test, il Ministero della Salute Pubblica Thailandese chiamò proprio lei, visto il precedente lavoro svolto dalla scienziata con i passeggeri aerei per individuare eventuali focolai di Ebola e Zika. Il giorno dopo Wacharapluesadee scoprì la sequenza di un nuovo virus, di cui il giorno seguente un gruppo di ricercatori cinesi pubblicò l’intero genoma con il nome di SARS-CoV-2.
Il lavoro più recente della scienziata riguarda proprio la ricerca in natura dei virus imparentati con SARS-CoV-2 per cercare di scoprire le origini dell’agente di COVID-19, obiettivo condiviso anche da altri scienziati in Cina, Laos, Vietnam, Cambogia e Giappone. L’oggetto delle ricerche sono i pipistrelli ferro di cavallo (Rhinolophus spp.), noti per essere i principali ospiti di questo tipo di coronavirus. Ma lo studio non si ferma qui. La ricerca di nuovi virus in questi animali abbraccia infatti anche i paramyxovirus, i filovirus e i virus dell’influenza.
La filosofia della scienziata
Tutto il lavoro di Wacharapluesadee si basa sulla convinzione che per studiare nuovi virus e prevenire future pandemie la sorveglianza della fauna selvatica sia tanto importante quanto il monitoraggio di animali allevati ed esseri umani. Una filosofia che ha portato i suoi frutti sia in termini di scoperte sia di riconoscimenti. Oltre alla partecipazione a prestigiosi progetti internazionali e alla stima di svariati colleghi, la scienziata è stata infatti nominata membro dello Scientific Advisory Group for the Origins of Novel Pathogens della WHO nel 2021.
Ma si tratta di una filosofia che ha portato anche a dubbi e scontri. Il lavoro sul campo e le spedizioni di ricerca in zone rurali e remote sono costose e pericolose e sono spesso state messe in discussione da alcuni scienziati. Compreso Hemachudha, l’ex capo di Wacharapluesadee, critico nei confronti del bilancio rischio-benefici delle spedizioni, tanto da aver recentemente interrotto la collaborazione con la scienziata.
Lo stesso progetto PREDICT, basato proprio sulle ricerche sul campo, ha d’altronde mostrato i propri limiti con l’esplosione della pandemia da COVID-19. Nonostante la scoperta negli anni di 959 nuovi virus, non è riuscito a prevenire la diffusione di SARS-CoV-2. D’altro canto l’opera di sensibilizzazione e ricerca del progetto e dei suoi partecipanti, come Wacharapluesadee, è ammirevole. L’aumento delle competenze dei ricercatori e delle conoscenze sulle cause del fenomeno dello spillover e su dove nel mondo è più probabile che avvenga sono infatti innegabili e preziose.
Per questo la USAID (Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale) ha già pensato a un nuovo progetto. Si chiama DEEP VZN (Discovery&Exploration of Emerging Pathogens-Viral Zoonoses) e l’obiettivo è scoprire e caratterizzare nuovi virus a rischio spillover dalla fauna selvatica a quella allevata e all’uomo. E naturalmente Wacharapluesadee spera di entrarne a far parte.
Articoli correlati
Il viaggio del vaiolo delle scimmie dall’Africa centrale al resto del mondo