Unica barriera il tempo

A meno che una donna non scelga di occuparsi in modo univoco dei figli – afferma Gilda D’Incerti, fondatrice e Ceo di CEO di PQE Group – non c’è nessun motivo per cui un uomo debba fare più carriera. Se una donna ha competenze e abilità, queste dovranno emergere

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Unica barriera il tempo: intervista a Gilda D'Incerti sulla disparità di genere nel settore healthcare

Sebbene un po’ meglio di altri settori, anche il Life Science mostra una preoccupante disparità di genere, soprattutto quando si raggiungono gli alti livelli gerarchici. Le motivazioni sono quasi esclusivamente culturali. Gilda D’Incerti è fondatrice e Ceo di PQE Group, società di consulenza nel settore del Life Science che conta 900 dipendenti in tutto il mondo (e altri 500 in arrivo nel 2021). Nella sua carriera ha lavorato nel settore dell’Information Technology per aziende nazionali e internazionali come Siemens Data (Milano) ed Edicon (Montreal) e ha ricoperto le posizioni di IT Manager per la consociata a Barcellona del Gruppo Menarini, Operations Manager per F&J Systems Italia, e consulente esecutivo di convalida per M.I.S.

Insieme a lei abbiamo analizzato il gap di genere nel mondo healthcare (e non solo).

Secondo lei, il fatto di essere donna ha influenzato in qualche modo il suo percorso professionale?

Il fatto di essere donna non è stato né un ostacolo né un vantaggio. Quello che ha fatto la differenza è stato l’essere una madre perché mi ha portato a dover fare delle scelte.

Pertanto ha portato anche dei sacrifici, dovendo seguire un marito e crescere dei figli all’estero. Questo però mi è servito come allenamento per sviluppare delle competenze che mi hanno permesso poi di saper gestire un’azienda. Ho migliorato le mie capacità organizzative al punto di sapermi districare in ogni situazione. Però posso dire con certezza che durante tutto il mio percorso sia di studio che di lavoro non ci sono state differenze per il fatto che io fossi una donna.

Nel settore healthcare la percentuale di donne si riduce all’aumentare del livello professionale. Cosa ostacola una maggior presenza femminile nei ruoli dirigenziali?

Credo che l’ostacolo principale riguardi le scelte che le donne fanno relativamente alla loro disponibilità di tempo nel mondo del lavoro, facendo riferimento sempre al tema della famiglia. A parità di capacità e di professionalità non vedo barriere per una donna. È chiaro, però, che nel momento in cui non c’è la stessa disponibilità di tempo i risultati sono diversi. La dimostrazione di quello che dico è data dal fatto che in questo momento storico ci siano molte donne in posizioni chiave e apicali che hanno scelto di giocare la stessa partita di un uomo. È giusto sottolineare che spesso l’ambiente è caratterizzato da un approccio maschilista, ma al tempo stesso laddove ci sono competenza e abilità, queste emergono, almeno nella nostra epoca.

Secondo uno studio del Parlamento europeo la disparità di genere nel mondo del lavoro ci costerà 28 trilioni di dollari in termini di mancato PIL nel 2025. Cosa possono fare le aziende per superare questo gap?

Credo che il vero valore aggiunto venga dato dalla legislazione legata alle pari opportunità nella gestione dei figli, come ad esempio l’aspettativa di paternità.

Il mio assioma è: dove il livello culturale è alto, è alto e paritario tra uomini e donne, non ci sono differenze.

A meno che la persona non scelga di essere madre in un certo modo, occupandosi per senso del dovere o per necessità in modo univoco dei figli. In questo caso il tempo offerto da una donna sarà sicuramente minore del tempo offerto da un uomo. Però nel momento in cui stiamo parlando di pari cultura e persone che comunque hanno una comune ambizione, in questo momento storico non c’è nessun motivo per cui faccia più carriera un uomo che una donna. Non vorrei che si confondesse il valore dell’individuo con il genere, perché non è così.

La partecipazione femminile nel settore STEM è straordinariamente bassa: secondo lei perché?

Si tratta di un problema culturale, anche se sinceramente vedo un cambio di rotta. Sicuramente il fatto che una donna possa essere più portata per ambiti umanistici piuttosto che scientifici è uno stereotipo che trova le sue radici in una società patriarcale.

Quali iniziative sta mettendo in atto in PQE per superare la disparità di genere?

Quello che facciamo è coinvolgere le donne su alcune riflessioni. Inizierà a breve una nuova iniziativa interna, proprio in questo senso, con l’obiettivo di raccontare storie vincenti che abbattano gli stereotipi e diano la possibilità alle persone di avere una maggiore coscienza di sé in modo tale che si possano sentire ispirate. Organizzeremo quindi dei dibattiti online sui nostri canali social ai quali parteciperò insieme a un’ospite con la quale affronteremo tematiche diverse inerenti sempre il ruolo della donna. Sono sicura che questo nuovo format, che rientrerà nell’ambito dei progetti di responsabilità sociale, possa essere molto utile a tutti. Anche perché il contributo che una maggiore presenza femminile può dare è di avere una visione più ampia, una “allness” che rappresenta un vantaggio enorme per l’ambiente stesso.

Quali consigli darebbe a una donna che vuole intraprendere una carriera in questo settore?

Consiglierei di scegliere un ambiente innovativo, dove possa imparare e che le permetta di evolversi. Mentre qualora fosse ostacolata direi che la scelta è facile: andarsene!

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